di Claudio Cordova - "Ti devi muovere" è solo l'inizio. Si prosegue: "Muoviti, che quando veniamo noi devi prepararci da bere e stare zitto". Ma l'escalation è continua: "Secondo me sei pazzo a chiedermi lo scontrino". Tutto proferito con tono minaccioso, sporgendosi con il busto e avvicinandosi viso a viso e battendo i pugni sul tavolo. Tra la fine del 2017 e l'inizio del 2019 hanno dato il tormento a Gianfranco Laganà, proprietario del Vesper, uno dei più famosi cocktail bar di Reggio Calabria e ai suoi dipendenti. Ora per gli autori dei raid il pm antimafia Sara Amerio ipotizza il reato di estorsione aggravata dalle modalità mafiose.
I protagonisti, neanche a dirlo, sono alcuni tra i rampolli della cosca Tegano, già noti in città per aver terrorizzato diversi locali della movida, soprattutto nella stagione estiva. Gli indagati sono: Antonio Cangemi (classe 1988), Antonio Domenico Costante Drommi (classe 1988), Domenico Monorchio (classe1995), Manuel Monorchio (classe 1996), Davide Vizzari (classe 1993), ma, soprattutto, Angelo Tegano (classe 1994) e Domenico Tegano (classe 1992).
Per loro il pm Amerio aveva anche chiesto la misura cautelare. Rigettata solo perché dal momento dei fatti è trascorso troppo tempo. Ma il quadro è chiaro e a delinearlo è la ferma denuncia del titolare del noto locale, centralissimo e tra i più frequentati dai giovani, ma non solo.
E' la notte del 14 aprile 2018 quando il titolare del "Vesper" avvisa la Questura, sentendosi minacciato da alcuni giovani che lo stavano aspettando alla chiusura del locale. Ai poliziotti che giungono in tempi abbastanza rapidi, Laganà racconta che episodi simili erano già avvenuti nelle settimane e nei mesi antecedenti. In un'occasione, alla richiesta di munirsi di scontrino per poter avere e consumare il proprio cocktail, due giovani avrebbero iniziato a dare in escandescenze. Sono i cugini Domenico e Manuel Monorchio, legati da vincoli di amicizia e frequentazione con altri giovani esponenti della 'ndrangheta di Archi, tra cui il giovane Alfonso Molinetti. Nella rete relazionale del gruppo c'è di tutto, compreso il giovane Giuseppe De Stefano, classe 1994 e figlio del noto boss Orazio De Stefano.
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Ma ben presto si palesano anche Giovanni e Domenico Tegano. E' in particolare quest'ultimo a essere più attivo: "Non sai chi sono io? Sono Domenico Tegano" dice al proprietario. Facendo valere, evidentemente, la propria appartenenza allo storico casato di Archi. Il giovane Mico (già noto alle cronache giudiziarie) è infatti figlio del boss Pasquale Tegano, a sua volta fratello dell'ancora più noto Giovanni Tegano, "l'uomo di pace". Ma costoro, di pace sembrano proprio non volerne sapere. Nei suoi interventi più o meno minacciosi nei confronti di Laganà, il baby Tegano avrebbe parlato sempre con la presenza di altri due giovani alle sue spalle, lì, a supporto dello stesso. Ma questi "signori" in un'occasione, con la banale scusa di fumare una sigaretta all'aperto, avrebbero anche tentato di andar via senza pagare. Ma in quel caso, essendo il locale semivuoto, Laganà desiste dal pretendere il giusto pagamento, temendo una reazione violenta degli stessi. La presenza assidua dei "Teganini" nel locale avrebbe generato nel suo titolare una certa preoccupazione. Laganà avrebbe anche detto ai suoi dipendenti di servire le consumazioni, qualora gli stessi si fossero recati al "Vesper", volendo evitare azioni ritorsive. Ma non solo. Come dallo stesso affermato in fase d'indagine, riferendosi ai suoi dipendenti, Laganà avrebbe cercato "di non coinvolgerli troppo, per evitare di spaventarli".
E questo lo confermano un po' tutti i testimoni e vittime delle scorribande dei "Teganini". Laganà con più chiarezza e convinzione, i dipendenti con qualche comprensibile paura in più. Uno di questi avrebbe anche consigliato al proprio datore di lavoro di lasciar perdere perché conosceva i "Teganini" e sapeva che sarebbero potuti diventare violenti, anche perché, nel 2015, aveva subito un'aggressione da parte loro verificatasi nel lido "Mahè". Ma non aveva mai denunciato. Interrogato dagli inquirenti scoppia pure in lacrime, temendo per la propria incolumità e per quella della sua famiglia. E nemmeno il titolare del locale, il noto imprenditore Carmelo Crucitti lo aveva fatto. La vicenda, peraltro, costa adesso a Crucitti un'iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonianza.
Laganà, invece, denuncia. Nonostante le conversazioni captate all'interno della Questura di Reggio Calabria, dove tutti i possibili testimoni erano stati convocati, dimostrino che sostanzialmente tutti i suoi dipendenti fossero contrari al fatto di mettersi contro i "Teganini". Dalle intercettazioni captate prima e dopo gli interrogatori delle vittime, emerge chiaramente la paura nei confronti del gruppo dei "Teganini". Alcuni dei dipendenti manifestano l'intenzione di non raccontare tutto ciò che sanno. Di omettere dettagli sulla tracotanza del gruppo. E non vedono invece di buon occhio la fermezza del proprio titolare.
Quello avvenuto al Vesper sarebbe stato solo uno degli episodi di cui sarebbe stato protagonista, a vario titolo, il gruppo riferibile ai "Teganini". Ben lontani dagli atteggiamenti sotto traccia mantenuti per anni dalla 'ndrangheta, ma molto più visibili e pericolosi con i loro comportamenti da parvenue (rinisciuti, per il dialetto del rione Archi) e guappi. Agli atti dell'inchiesta condotta dal pm Amerio, infatti, vi sono anche altri episodi, che fanno riferimento alle inchieste "Eracle", "Galassia" e "Gambling", ma anche ad aggressioni e danneggiamenti avvenuti in altri noti locali cittadini, dal "Cafè Noir" al "Calajunco", passando per "Sottozero". Tutti episodi passati in rassegna dal pm Amerio per inquadrare il contesto e l'aria che si respirava in quel periodo.
E i due Tegano, nonché gli altri, rispondono anche di resistenza a pubblico ufficiale. Nella notte dell'1 settembre 2018, infatti, una Volante della Polizia si muove verso l'Arena "Ciccio Franco", dove è segnalata una rissa. Giunti sul posto, gli agenti notano dei giovani discutere animatamente. Uno dei poliziotti, nota, sempre in Via Marina, un giovane, il quale, ponendo le mani davanti alla cerniera dei pantaloni gli riferiva di volere urinare, mimando il gesto. Ai consigli degli agenti sul comportamento consono da tenere, la risposta: "Vi pisciamo addosso... voi non sapete cu su i cristiani... ma chi cazzo siete".