Massoneria deviata: nel racconto di Seby Vecchio spunta il nome del magistrato Francesco Mollace

Mollace Francesco 500 bisdi Claudio Cordova - Soggetti che danzano sul filo. 'Ndranghetisti, ma anche massoni e confidenti delle forze dell'ordine e dei servizi segreti. La criminalità organizzata calabrese è questa, ormai da tempo. Ne è sicuro il collaboratore di giustizia, Seby Vecchio, che, nella sua precedente vita, ha avuto a che fare con questi mondi, facendone pienamente parte. Da affiliato di livello alla cosca Serraino, assai vicino al giovane capomafia Maurizio Cortese, Vecchio fa l'esempio di Mimmo Morabito, uomo in vista del clan, legato all'ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, ma anche compare di Sandro Nicolò, ex consigliere regionale attualmente in carcere per connivenza con le cosche. Morabito – stando al racconto di Vecchio – è massone e intimo di diversi appartenenti alle forze dell'ordine, carabinieri soprattutto.

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E' quel "mondo di mezzo", che, già da tempo, avrebbe permesso alla 'ndrangheta di fare il salto di qualità, entrando in stanze apparentemente inaccessibili, avendo peraltro contezza di informazioni riservate, soprattutto in ambito giudiziario. Rispondendo alle domande dei pm antimafia, Stefano Musolino e Giuseppe Lombardo, il collaboratore di giustizia ha ammesso come all'interno della 'ndrangheta spesso si fosse a conoscenza di indagini in corso o dei blitz che sarebbero scattati di lì a poco: "Il Gran Maestro della Loggia di cui fa parte Mimmo Morabito lavora negli uffici della Procura Generale di Reggio Calabria" dice Vecchio.

Che, però, non ricorda il nome del soggetto.

Ognuno, tra i politici in vista frequentati da Vecchio, avrebbe avuto le sue fonti: "Sarra era informato da Paolo Pollichieni". Il riferimento è al giornalista, deceduto alcuni anni fa, già direttore di Calabria Ora e del Corriere della Calabria.

Entrato nell'Obbedienza massonica all'interno del Grande Oriente d'Italia, Vecchio avrebbe appreso anche dell'esistenza delle logge deviate, grazie alle confidenze del commercialista-spione, Giovanni Zumbo. Questi, infatti, era massone deviato in una loggia messinese, assai potente a suo dire, e formata da soggetti molto in vista: "Mi fece il nome di 'zio Ciccio', il magistrato Francesco Mollace" afferma Vecchio. Mollace, attualmente in servizio a Roma, negli scorsi anni fu sfiorato (senza mai essere indagato) dalle vicende relative alla cosca Lo Giudice, essendo ritenuto nelle indagini del pm dell'epoca, Beatrice Ronchi, uno dei referenti istituzionali della famiglia e, in particolare, di Luciano Lo Giudice, considerato l'anima imprenditoriale della cosca, di cui era capo l'attuale collaboratore di giustizia, Nino Lo Giudice.