Piana di Gioia Tauro, Antonino Calogero (CGIL): “Senza di noi qui paura e terrore “

calogerodi Francesca Gabriele - L'intervista con Antonino Maria Calogero si sviluppa nella casualità degli eventi e da una conversazione privata, una delle tante, sui fatti che riguardano la nostra regione. Modi da uomo d' altri tempi, Antonino Calogero da segretario generale della Cgil della Piana di Gioia Tauro, ruolo non facile, ha dimostrato la sua tempra, la sua etica, la morale e l'attaccamento agli ideali del sindacato. Incorruttibile e preparato si emoziona quando parla del porto di Gioia Tauro per lui unico volano della Calabria e diventa intransigente quando parliamo della scarsa attenzione di chi dovrebbe per questo territorio. Sul lavoro nero ci dice: "Mi creda, qui, se con ci fosse la Cgil, il sindacato di strada, la paura e il terrore la farebbero da padrone".

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Sono state tante le interviste con lei negli anni in l'abbiamo vista in prima fila a combattere per la valorizzazione del porto di Gioia Tauro, che lei amava definire il porto del Mediterraneo. Sono passati dieci anni, lei non si occupa più del porto, ma continua a seguirne le vicende. A che punto è la situazione?

Grazie all'impegno dei lavoratori e dei sindacati oggi in controtendenza con la crisi il porto rivive una forte stagione di ripresa, in parte favorita anche da importanti scelte di mercato da parte degli operatori del settore. Deboli però continuano ad essere le spinte di sviluppo nel retroporto e nell'area industriale. Siamo ancora lontani del reale miracolo che il Porto di Gioia Tauro ha nelle sue potenzialità. La solita politica miope con una debolissima rappresentanza; pesa soprattutto l'assenza di eletti del territorio. La società cambia velocemente, noi stessi siamo cambiati.

La ricordo sempre tra i lavoratori...

Oggi capisci che non vale nulla avere ruoli °pesanti° se non sai seguire l'evoluzione. Vale molto una cosa scritta su un social che mille dichiarazioni. La gente oggi ascolta solo chi parla alla gente. Ecco cosa manca: la politica dal basso. Manca stare tra il popolo e ascoltare i bisogni e farli diventare destinatari di scelte. Ecco perché paradossalmente oggi siamo isolati più di ieri e da qui il mio stare tra i lavoratori.

Al di là della situazione del porto dieci anni non sono pochi. Che cosa è cambiato nella Piana sul piano del rilancio economico di questa zona così importante per la Calabria?

Se il porto oggi è zona felice tutto il resto è soprattutto decadenza e miseria. Questi anni sono stati drammatici dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale. Se si guardano i numeri la realtà e ancora più drammatica sotto il profilo della distribuzione del reddito. La cosa peggiore però e la disgregazione sociale. Chi oggi, espressione della Piana, occupa scranni regionali o nazionali, dimostra incapacità, ma attenzione al più spicciolo interesse clientelare

La lotta al lavoro nero attraverso la sensibilizzazione è stata un'altra delle sue battaglie. Ricordo i suoi occhi lucidi di commozione, il senso d'impotenza quando mi parlava di giovani sfruttati, d'immigrati trattati come bestie, d'incidenti sul lavoro fatti passare per infortuni domestici. Oggi di lavoro nero si parla poco rispetto al passato. Perché?

Oggi è venuto meno il lavoro sul territorio in tutte le sue forme. Paradossalmente anche le occasioni di lavoro nero sono calate. È rimasto in vita il peggiore sfruttamento tanto è il bisogno che ha fatto crescere l'omertà dei lavoratori.

Per la Cgil anche di questo si occupa e lo fa non solo con competenza riconosciuta a tutti i livelli, ma anche con la sensibilità e soprattutto l'educazione che la contraddistinguono. Quanto è difficile in una terra difficile come la Calabria sapere che le speranze di lavoro sono troppo poche per le persone che si rivolgono al sindacato?

Mi creda, qui, se con ci fosse la Cgil, con il sindacato di strada, la paura e il terrore la farebbero da padrone.

Che momento attraversa la Cgil?

Io vivo oggi in Cgil un importante esperienza nel patronato e nella tutela individuale che cresce sempre di più nei bisogni. il sindacato è sempre forte anche se la crisi ha ridotto la capacità di rappresentanza e si cimenta con non poche difficoltà con nuove forme di rappresentanza. Molte volte accade che la crisi metta in ginocchio chi lavora ma anche chi dava lavoro con il rispetto delle regole e dei contratti, allora, si capisce quanto a volte tutto possa essere complicato.

In molti vi rimproverano di esservi allontanati dalle piazze a parte l'emergenza Covid. Che rapporto avete con gli iscritti?

I rapporti sociali oggi sono difficili perché la società è disgregata, la gente è costretta anche a vivere con distanza i rapporti interpersonali. Penso però che si stiamo tutelando bene i bisogni cercando anche di gestire al meglio le occasioni di assistenza pubblica messe in campo dal Governo. ci saranno speriamo tempi migliori. Dobbiamo aspettarci una ripresa che rimetta in campo tutte le energie che sono congelate in questa difficile pandemia. Servirà ripartire dagli investimenti nel sapere e nella conoscenza e sarà indispensabile ripatire dalla scelta in ogni ruolo delle competenze. il territorio custodisce le migliori ricchezze basta cercarle e impegnarle.

La Calabria si avvia al voto per il rinnovo del Consiglio regionale. Quale posizione manterrà rispetto ai candidati e soprattutto che cosa si aspetta dai calabresi che stanno per recarsi alle urne?

Penso che ogni cittadino debba andare avanti nel solco dell'autonomia rispetto alla politica e guardando però sempre più gli interessi della democrazia, del mondo del lavoro e di chi ha più bisogno. Oggi più di ieri l'impegno civile deve essere concrete per il popolo. Auspico che ci sia un nuovo vigore unitario di tutto il fronte progressista, abbiamo bisogno di uscire da questo Medioevo. Sarà premiato chi saprà ascoltare i bisogni veri della gente e si impegnerà rappresentarli con volti presentabili. I calabresi dovranno scegliere il meglio sperando che non ci siano in gioco solo i soliti gruppi di potere o le solite minestre riscaldate.