Reggio, processo "Pietrastorta": cinque anni e quattro mesi in appello a Santo Crucitti

crucittisantodi Claudio Cordova - Cinque anni e quattro mesi di reclusione in appello al boss Santo Crucitti nell'ambito del processo "Pietrastorta". La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha confermato la responsabilità penale del presunto capolocale dei rioni Condera e Pietrastorta per il reato di estorsione. Insieme a Crucitti sono stati condannati anche Giuseppe Romeo (a quattro anni di reclusione) e Mario Salvatore Chilà, presunto braccio destro del boss, anch'egli condannato a cinque anni e quattro mesi di galera.

Il procedimento si incrocia con i successivi accertamenti sul conto di Crucitti, un soggetto che gli inquirenti inquadrano nell'area "destefaniana" della 'ndrangheta reggina: nelle successive indagini, e in particolare con l'indagine "Sistema", la Dda di Reggio Calabria stringerà il cerchio sugli interessi economici dell'uomo. Proprio a partire dall'indagine "Pietrastorta", fino ad arrivare alle inchieste "Raccordo" e "Sistema" verrà dipanandosi via via la figura di Crucitti e di tutto l'universo che sarebbe ruotato attorno a lui: dall'imprenditore-politico Dominique Suraci al parroco di Condera, don Nuccio Cannizzaro, attualmente alla sbarra per false dichiarazioni al difensore, proprio nell'ambito del procedimento "Pietrastorta". Secondo gli inquirenti avrebbe mentito in sede di indagini difensive proprio per "mandarla buona" a Crucitti e ai suoi. Vittima del presunto "sistema", sarebbe stato l'imprenditore Tiberio Bentivoglio, attivo proprio nei rioni di Condera e Pietrastorta: Bentivoglio subirà diversi attentati alla propria Sanitaria Sant'Elia, fino a un agguato dal quale si salverà miracolosamente. Secondo le risultanze investigative, inoltre, il gruppo di Crucitti si sarebbe opposto (trovando fertile sponda in don Nuccio Cannizzaro) all'attività portata avanti da Bentivoglio con l'associazione culturale Harmos.

Quanto a Crucitti, già a metà anni '90, i collaboratori di giustizia lo indicavano come il boss dei rioni Condera e Pietrastorta. Poi, con le indagini "Sistema" e "Raccordo", i collaboratori Moio e Lo Giudice hanno inquadrato ulteriormente la figura di Crucitti: "...lo conosco, lo conosco, gli hanno ucciso il fratello, gli hanno ucciso..." dice Moio in uno dei verbali firmati davanti ai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Lo stesso nipote dei Tegano indicherà Crucitti come "una persona vicina a Giuseppe De Stefano" il capo indiscusso dell'omonima cosca di 'ndrangheta.

La Procura Generale aveva chiesto per Crucitti la conferma della sentenza di primo grado emessa dal Giudice per l'udienza preliminare, Santo Melidona, in sede di giudizio abbreviato: in quell'occasione, Crucitti fu condannato a sei anni e otto mesi di reclusione. Il sostituto procuratore generale, inoltre, aveva chiesto la conferma dei cinque anni e quattro mesi inflitti in primo grado a Giuseppe Romeo. L'assoluzione era stata invece richiesta per Mario Salvatore Chilà: per lui, comunque, la Corte d'Appello ha disposto la condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione.