Processo "Meta": i veri rapporti tra Cosimo Alvaro e la politica reggina nascosti dagli "omissis"?

alvarocosimodi Alessia Candito - "Non è stato mai acclarato se Cosimo Alvaro sia mai stato al Comune dopo la manifestazione di disponibilità fatta da Michele Marcianò, ma devo dire che in questa parte dell'informativa ci sono degli omissis su cui non posso riferire". Torna a tenere banco la figura di Cosimo Alvaro all'odierna udienza del processo Meta. Ma soprattutto  tornano a tenere banco i rapporti del boss di Sinopoli con la politica e con i politici della città e della provincia di Reggio Calabria. A parlare è sempre il colonnello Valerio Giardina, che controinterrogato dalle difese puntualizza, specifica e tara la caratura dei personaggi, protagonisti delle quasi mille pagine dell'informativa che dà conto delle indagini da cui è scaturita prima la maxioperazione e oggi il processo.

Indagini sulle quali, ormai dall'autunno, Giardina riferisce di fronte ai magistrati. Non è la prima volta che il colonnello riferisce delle relazioni pericolose dell'ex consigliere comunale, oggi passato alla Provincia di Reggio Calabria, Michele Marcianò. All'epoca delle indagini, Marcianò - già in passato indagato per aver ottenuto il sostegno della cosca Alvaro alle amministrative del '97 - era stato pizzicato a chiedere il sostegno di Cosimo Alvaro per il tesseramento del maggior numero possibile di persone ai neo-nati Circoli delle Libertà, nuove strutture del partito Forza Italia di cui l'allora consigliere comunale era esponente di primo piano.  Tessere che lo stesso Marcianò– si ascolta chiaramente in un'intercettazione dell'epoca – avrebbe provveduto a pagare. In cambio, al boss di Sinopoli il consigliere comunale avrebbe spalancato le porte di Palazzo S. Giorgio. "io ora ti faccio l'esempio: al comune, eh... quando venite al Comune, quando volete venire al Comune salite sopra a Palazzo San Giorgio... avete un computer, avete due segretarie, avete, li mandate dove volete, fate quello che... io dove... autorizzo io per quanto riguarda voi si devono mettersi a disposizione ah!!... e incominciamo il lavoro... ragazzi dobbiamo iniziare il lavoro, io più di quello che vi posso dire... allora che dobbiamo fare?", esortava  all'epoca Marcianò alla presenza di Cosimo Alavro.  Circostanze confermate oggi in udienza dal colonnello Giardina, che ha affermato di non aver verificato se effettivamente Alvaro si sia in seguito presentato in Comune per usufruire dei servigi che Marcianò aveva messo a disposizione, o se abbia mai ricevuto dei benefici dall'ex consigliere comunale. Ma più di tanto il colonnello non può approfondire. Perché quella parte di informativa è tuttora omissata. Dunque – forse – dietro quegli omissis ci sono approfondimenti di indagine che potrebbero – prima o poi – dare nuovi esiti.

Ma Michele Marcianò non è l'unico politico sul carnet del boss Alavaro. L'ex sindaco di Sinopoli, Rocco Palermo, anche lui finito in manette con l'operazione Meta, era stato addirittura scelto da Alvaro come futuro amministratore e la sua corsa – hanno dimostrato le indagini – curata fin nel minimo dettaglio, inclusa la costruzione di una lista avversaria che desse legittimità a un'elezione già scritta in partenza. Ma del resto – ha spiegato oggi Giardina- Cosimo Alvaro non è mai stato uno che tralasciasse i dettagli.  Anche nel suo periodo da sorvegliato speciale a Reggio Calabria non ha mai reso la vita semplice agli investigatori, arrivando a mettere in atto vere e proprie strategie di contropedinamento e di bonifica dell'area in cui si trovava prima di incontrare i suoi interlocutori. "Mi permetta di dire – ha detto il colonnello rivolgendosi oggi al Tribunale – che Cosimo Alvaro non era un fesso ". Al contrario si tratta di un boss dal carisma riconosciuto, al quale non serve molto tempo per recapitare un messaggio preciso, con la sicurezza che l'ordine sarà eseguito. "Quando si incontrano personaggi di alto profilo - ha spiegato Giardina – bastano pochi minuti o anche un'occhiata". E le prove del carisma che il boss esercitava a Reggio e provincia nel racconto del colonnello, incalzato dal legale Giuseppe Putortì, non mancano. "Cosimo Alvaro è uno che proprio in virtù del suo carisma può imporsi come mediatore di interessi contrastanti", ha affermato oggi Giardina, ricordando l'intervento di Alvaro a tutela di Antonio Crisalli – anche lui in seguito  finito in manette -  le cui proprietà erano state messe all'asta dopo il fallimento. Ad aspirare a quelle proprietà, quando l'asta venne bandita, c'erano non solo pezzi da novanta della ndrangheta reggina, come il cosiddetto "re dei Videopoker" Gioacchino Campolo,  ma anche della jonica. "Qua non siamo in Sicilia dove c'è un capo unico e assoluto – ha detto Giardina per chiarire quale sia stato l'intervento che investigatori e inquirenti attribuiscono a Alvaro – Qui la situazione è molto più complessa e complicata. Alvaro si relaziona con Campolo in modo da risolvere la problematica Crisalli senza creare fratture o frizioni, il suo ruolo è quello del mediatore. La sua opera è quella della mediazione mafiosa". Del resto, se il boss di Sinopoli fosse riuscito ad imporre al re dei videopoker di non partecipare all'asta, per il colonnello "saremmo di fronte a uno scenario molto diverso da quello che quest'indagine sta cercando di dimostrare, ovvero il nuovo assetto di equanime spartizione fra cosche venuto fuori dalla seconda guerra di mafia. Se Alvaro fosse stato in grado di imporsi, avrebbe voluto dire che oggi a capo della ndrangheta c'è una persona sola". Invece, la struttura criminale della città  è molto, molto più articolata e deve tenere conto anche dei desiderata delle cosche della provincia, tanto della jonica come della tirrenica, quando avanzano pretese in città. Ma in questo scenario, quello di Alvaro era comunque un nome da spendere a garanzia di tutela e protezione. Come nel caso degli imprenditori Cotroneo del pub Le Palme, che in cambio della protezione di Alvaro – ha ricordato oggi Giardina – accettano addirittura di fare da prestanome al boss per l'attività di cui in precedenza erano titolari. "La società è una srl dalla ragione sociale molto strana: compravendita di mobili antichi, somministrazione di alimenti e bevande, erogazione prestiti e mutui.– ha affermato Giardina, rispondendo alle domande del legale – L'attività rimane intestata a Gianluca e Mariaelena Cotroneo, ma dietro  abbiamo registrato l'interesse di Alvaro almeno dal 2007, su istanza dello stesso Cotroneo Gianluca, per proteggere l'attività da altre ingerenze mafiose". Altre ingerenze che stando a una conversazione intercettata all'epoca potrebbero portare la firma di Giorgio De Stefano. "Avere Cosimo Alvaro alle spalle – ha detto secco Giardina – significa per queste persone non vedersi saltare in aria il locale". E i locali, soprattutto quelli che si affacciano sulla via Marina, sembrano un pallino del boss di Sinopoli, che secondo inquirenti e magistrati avrebbe allungato le mani anche sul Lido Calajunco, formalmente di proprietà di Salvatore Mazzitelli, ma in realtà in mano ad Alvaro. Tanto da preoccuparsi anche – ha ricordato oggi Giardina, ripercorrendo una conversazione fra il boss e il suo autista – tuttofare Bueti, intercettata dalle microspie del Ros – di posate e fazzoletti mancanti.