Il sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo, continua la propria battaglia nel tentativo di affermare la correttezza del proprio comportamento, con riferimento alle elezioni del 2011, che lo vedranno eletto alla carica di primo cittadino, dopo il periodo di commissariamento antimafia del Comune. Negli scorsi giorni, infatti, è (ri)esplosa la polemica per le elezioni che videro la vittoria di Lamberti, contro una "lista civetta", composta anche da persone conosciute dall'attuale sindaco. Un meccanismo che – a detta del parroco del paese, don Carmelo Surace – sarebbe sempre avvenuto proprio per permettere l'avvento di una guida politica nei Comuni sotto i 5mila abitanti. Una prassi che, però, non è piaciuta al pubblico ministero Giuseppe Lombardo, che alcuni giorni fa ha chiesto la trasmissione degli atti in Procura, ravvisando, evidentemente, gli estremi per un'indagine più approfondita.
In tal senso, quindi, si inquadra la reazione di Lamberti, che ieri ha effettuato un intervento pubblico rimarcando la propria correttezza e che oggi mette e disposizione della stampa la sentenza 298/11 del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia. La sentenza si riferisce alle "liste civetta" con riferimento alla città siciliana di Ribera mettendo in luce come " non esiste alcuna norma dell'ordinamento, nazionale o isolano, che vieti la presentazione di liste civetta (...) La presentazione di una lista è un atto giuridico la cui validità non poggia sulla meritevolezza delle relative motivazioni. Non a caso (...), gli organi preposti alla verifica dell'ammissibilità di una lista compiono un controllo formale ed estrinseco sulla documentazione di corredo (rispetto dei termini, completezza degli atti e delle modalità previste), ma non sono tenuti a valutare le ragioni che sorreggono la presentazione di una lista e un sindacato psicologico di questo tipo è precluso anche al giudice amministrativo".
Un passaggio che, nell'ottica di Lamberti, sarebbe quindi decisivo per dimostrare, carte alla mano, la correttezza del proprio operato. Se si operasse diversamente, proseguono i giudici "si introdurrebbe, nella materia, un controllo giuridico del tutto arbitrario, poiché, per la sua intrinseca ed elevata discrezionalità, esso si porrebbe sicuramente in contrasto sia con il diritto di elettorato passivo, costituzionalmente garantito a ogni cittadino, sia con il principio della libertà di scelta dell'elettore sia, più in generale, con l'espressione della sovranità in cui si concreta ogni manifestazione di voto del corpo elettorale".
Secondo la sentenza segnalata da Eduardo Lamberti Castronuovo, "la presentazione di una lista civetta, ossia di una lista creata al fine di conseguire alcuni esiti della votazione in virtù del concreto atteggiarsi del metodo elettorale seguito". Secondo i giudici siciliani, "appartiene, insomma, all'area dell'irrilevante giuridico, giacché l'eventuale sanzione del tentativo di piegare i meccanismi elettorali allo scopo del raggiungimento di determinati esiti può manifestarsi soltanto sul piano politico e si concreta, in sostanza, nella "punizione" che, in termini di voti, può infliggere lo stesso corpo elettorale alla singola lista civetta o alla coalizione di partiti che se ne sia avvalsa". Pertanto "Non vi è quindi spazio alcuno per configurare un'elusione delle norme del diritto laddove l'ordinamento non preveda alcun divieto suscettibile di essere aggirato o di essere reso coercibile attraverso l'intervento, postumo, dell'autorità giudiziaria".