Spadaro Tracuzzi: “Cortese e Russo volevano "cose" sui magistrati”

spadarotracuzzi saveriodi Claudio Cordova - "Volevano sapere dei rapporti di Luciano con i magistrati, con i funzionari e con i Servizi. Volevano sapere cose su Cisterna, Mollace, Neri. Ma io quello che sapevo l'ho detto. Poi a un certo punto ho sentito come il rumore di un nastro, volevano prendermi in giro, volevano registrarmi". Anche il Capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi, attualmente imputato per corruzione e connivenza con la famiglia Lo Giudice, si accoda alle critiche, anzi, alle accuse, sulla gestione della giustizia negli scorsi anni, da parte di magistratura e forze dell'ordine. In questi termini, infatti, il militare alla sbarra, che ha deciso di rispondere alle domande di accusa e difesa, ha descritto il colloquio investigativo avuto con l'allora capo della Squadra Mobile, Renato Cortese, e con l'allora comandante del Ros, il Tenente Colonnello Stefano Russo. Una vicenda balzata alle cronache nell'estate 2011, che porterà a una indagine formale sui due investigatori, uomini di punta negli anni in cui Giuseppe Pignatone sarà procuratore a Reggio Calabria. Un'indagine che non arriverà a nulla, venendo archiviata. Nel processo alla famiglia Lo Giudice, Spadaro Tracuzzi riprende però l'episodio: "Vennero da me Cortese e Russo, mandati da Pignatone, mi dissero 'noi sappiamo che non hai fatto nulla, collabora'. Gli dissi, cosa volete sapere? Ma non si voleva la verità, si voleva solo incastrare qualcuno".

L'affermazione di Spadaro Tracuzzi si incastra nel bel mezzo del lungo esame e controesame che l'uomo ha reso agli avvocati difensori e al pubblico ministero Beatrice Ronchi. Dichiarazioni che arrivano da un soggetto imputato e che quindi - per legge - è autorizzato a mentire sui fatti che lo riguardano. Dichiarazioni che arrivano (come sono arrivate altre negli scorsi giorni) in un momento assai delicato per tutte le vicende che ruotano attorno alla giustizia cittadina, dopo il polverone alzato dal memoriale di Nino Lo Giudice, il pentito di cui da diversi giorni sono perse le tracce. Un memoriale, quello del "Nano", su cui, adetta del pm Ronchi, la Procura di Reggio Calabria sta effettuando degli accertamenti che potrebbero dare in futuro delle risposte.

Prima ancora dell'inizio dell'interrogatorio, il Tribunale presieduto da Silvia Capone – pur con alcuni distinguo su autenticità e attendibilità dello scritto - aveva acquisito l'ormai celebre memoriale di Nino Lo Giudice, su richiesta dell'avvocato Giuseppe Nardo.

Poi la scena va a Spadaro Tracuzzi che ripercorre i propri rapporti con Luciano Lo Giudice, considerato l'anima imprenditoriale della cosca, e con Antonino Spanò, l'imprenditore che con la sua rimessa navale sarebbe stato un prestanome di Luciano, ma anche un trait d'union con le Istituzioni: "Spanò mi disse che tramite Luciano Lo Giudice avrei potuto fare diverse operazioni di servizio". La difesa di Spadaro Tracuzzi è la medesima da tempo: Luciano Lo Giudice sarebbe stato un suo confidente, che gli avrebbe fornito una serie di indicazioni sia con riferimento a fatti "minori", quali i combattimenti tra cani, sia per l'arresto di importanti latitanti, su tutti Pasquale Condello, il "Supremo". A Luciano, l'ufficiale avrebbe chiesto spessissimo informazioni e le avrebbe poi girate sia alla Polizia (nella fattispecie il funzionario Renato Panvino), sia al Ros dei Carabinieri (il Capitano Gerardo Lardieri e il maresciallo Agostino Risorto): "Lo Giudice mi disse di seguire Vazzana, che credo fosse il nipote di Condello". A suo dire, però, Luciano Lo Giudice non sarebbe stata l'unica "gola profonda". Tra queste anche il cognato del pentito Paolo Iannò, Francesco Rodà, proprio ieri scarcerato all'esito della sentenza d'appello del processo "Meta".

A detta della Dda, però, il rapporto tra Luciano e l'ufficiale sarebbe stato di altra natura, fatto di favori, di scambi di auto di lusso (Porsche e Ferrari) e di benefit come i viaggi aerei pagati da Luciano al Carabiniere: "Mi sono interessato tramite la dottoressa Rosanna Alfieri, che avevo conosciuto in un master a Roma – ricorda l'imputato – alla situazione del figlio di Luciano Lo Giudice, affetto da una forma di autismo. So che del caso si è occupato anche un magistrato. Quindi Luciano Lo Giudice mi pagava i viaggi per sdebitarsi. Come si può parlare di corruzione?". Spadaro Tracuzzi, dunque, nega il rapporto di scambio, così come nega di aver fornito a Lo Giudice materiale investigativo riservato: "Dei miei rapporti con lui sapevano tutti". Rapporti leciti, a suo dire, rapporti come tanti tra quelli intessuti da Luciano: "Mi disse che conosceva un Colonnello dei Servizi Segreti, probabilmente per la cattura di Condello. Mi parlava spesso del vicequestore Militello, so che aveva incontrato Renato Panvino, aveva diverse conoscenze".

E Nino Lo Giudice? Del pentito scomparso da circa una settimana Spadaro Tracuzzi non dice molto: "L'ho visto un paio di volte, non ha mai saputo di cosa parlassimo io e Luciano". Sia di Luciano – conosciuto nel 2002 – che di Nino, Spadaro Tracuzzi avrebbe comunque saputo dell'appartenenza alla famiglia Lo Giudice: "Sappiamo tutti a che ambiente appartengono i Lo Giudice" dice. Forse non ha letto il memoriale del "Nano", che afferma l'inesistenza della cosca Lo Giudice...