di Claudio Cordova - Fratelli coltelli. Alla fine Luciano Lo Giudice sbotta e dopo l'ennesimo interrogatorio del fratello-collaboratore Antonino, rilascia – come suo costume – delle vulcaniche dichiarazioni spontanee: "Questo qui è un pappagallo, che ripete cose che non sa" affermerà Luciano Lo Giudice, chiedendo la parola in videoconferenza. Il fratello, Nino Lo Giudice, collaboratore dall'ottobre 2010, è stato nuovamente citato per riferire su alcuni singoli episodi relativi alle attività prodromiche alla cattura di Pasquale Condello, il "Supremo" della 'ndrangheta, catturato dal Ros dei Carabinieri il 18 febbraio 2008.
Solo attraverso attività tecniche e investigative, secondo quanto dichiarato nel processo "Meta" dal Colonnello Valerio Giardina (che comandava il Ros in quel periodo), con l'ausilio delle "soffiate" del clan Lo Giudice ai militari, secondo quanto riferito, più volte, da "Nino il Nano". E il contatto – secondo quanto raccontato anche oggi dal collaboratore – sarebbe stato il brigadiere del Ros dei Carabinieri, Francesco Maisano, che con Luciano Lo Giudice si sentirà telefonicamente anche nelle ore successive alla cattura di Condello, per festeggiare e rallegrarsi dell'importante risultato investigativo.
Una ventina di giorni prima dell'arresto del "Supremo" – secondo quanto dichiarato da Lo Giudice – Maisano avrebbe avuto la "soffiata" su alcuni luoghi di interesse investigativo, in cui sarebbe stato utile installare delle telecamere: una macelleria e una rivendita di mangimi riconducibile ai Condello nella zona di Piazza Carmine. Più volte (e in svariati processi) Nino Lo Giudice ha infatti raccontato dei propri tentativi di far catturare Condello, dopo averne curato la latitanza e dopo aver ricevuto – a suo dire – la proposta di diventarne l'ambasciatore.
La "scintilla", la goccia finale che avrebbe fatto traboccare il vaso, sarebbe stata la lettura dell'ordinanza "Bless" (indagine in cui Lo Giudice verrà coinvolto) che avrebbe svelato una "tragedia" di Condello ai danni proprio della famiglia Lo Giudice. Al termine delle dichiarazioni del fratello, quindi, Luciano Lo Giudice ha preso la parola, attaccando duramente il collaboratore e non escludendo la possibilità di adire le vie legali (le "carte bollate", ndi) circa le presunte calunnie riversate nei suoi confronti.
Dichiarazioni tutto sommato brevi, sia quelle di Nino Lo Giudice, sia quelle del fratello Luciano. Il grosso dell'udienza verrà occupato dalla deposizione del Capitano Parrillo, del Ros dei Carabinieri. Una deposizione riguardante i rapporti nel tempo (già a partire dagli anni '80) tra i Condello e i Lo Giudice, anche alla luce dell'indagine "Vertice", che però si rivelerà un boomerang, dato che si concluderà con l'assoluzione di quasi tutti gli imputati. Una lunga testimonianza, svolta all'interno dell'aula bunker inspiegabilmente a porte chiuse, senza cioè la possibilità al pubblico e ai giornalisti di assistere al corso dell'udienza.