di Claudio Cordova - "L'inquietante situazione della massoneria in Calabria negli anni '90 è stato il motivo principale che ha portato alle dimissioni l'allora Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia Giuliano Di Bernardo". Ad affermarlo nell'ambito del maxi-processo "Gotha" è stato lo stesso Di Bernardo, rispondendo alle domande del Pm Giuseppe Lombardo.
Di Bernardo è stato ascoltato nell'ambito del processo che vede alla sbarra la masso-'ndrangheta reggina ed ha ricostruito i passaggi che, dalla sua elezione avvenuta nel marzo 1990 fino alle sue dimissioni avvenute il 15 aprile del 1993, hanno caratterizzato il rapporto tra 'ndrangheta e massoneria: "dopo 15 giorni rispetto alla mia elezioni ho iniziato ad avere i primi sospetti sulle logge coperte costituite dal mio predecessore Armando Corona. Sospetti confermati pochi giorni dopo da un massone calabrese, appartenente alla loggia coperta di Corona, che al mio insediamento mi chiese di iscriversi presso la mia, dando per scontato che ne avessi una".
Ma Di Bernardo non aveva alcuna loggia coperta, anzi ha tentato negli anni di Grande Maestranza di riportare alla normalità la situazione della massoneria in Italia e, specialmente, al Sud.
In questi anni si incastra la celebre inchiesta dell'allora Procuratore di Palmi, Agostino Cordova: inchiesta poi arrivata all'archiviazione definitiva dopo lo spostamento del fascicolo d'indagine a Roma.
Stando a quanto riferito da Di Bernardo il suo predecessore Corona avrebbe "salvato" tramite la sua loggia coperta membri della P2, in particolare del mondo dell'imprenditoria, iscrivendoli all'interno della stessa: "la loggia coperta di Corona serviva a fare affari. Ma cosa ci sto a fare qui? Mi chiesi in quel periodo".
Qui, dunque, Di Bernardo inizia ad apprendere la drammatica situazione della massoneria in Calabria: "Venni a conoscenza che ben 28 logge su 32 erano governate dalla 'ndrangheta. In quel momento decisi, quindi, di lasciare il GOI".
Di Bernardo consegnò questo particolare all'allora Procuratore Cordova: "Quando iniziò l'inchiesta si sparse la voce che non fossi in grado di difendere il GOI e si cercò di riportare Corona al vertice. Mai avrei pensato quando mi iscrissi nel lontano 1961 a connessioni tra il Grande Oriente d'Italia e le mafie".
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Stando al racconto di Di Bernardo questo tipo di connessioni rappresentano un unicum nel mondo, dato che le altre massonerie mondiali non hanno le complicità cui siamo abituati in Italia: "Si sono ignorate le cose che ho segnalato perché con la Calabria si diventa Grandi Maestri".
A questo proposito lo stesso chiarisce la centralità della Calabria nel mondo massonico, non solo per il gran numero di iscritti e di logge, ma anche per la presenza di calabresi in altre parti d'Italia: "I massoni calabresi portano nelle logge degli altri luoghi la calabresità, non si tratta di un fatto solo numerico, creano all'interno delle stesse un gruppo che influenza tutto il resto. Così i massoni calabresi controllano tante altre logge".
Infine Di Bernardo ricorda la sua fuoriuscita dal GOI dopo il colloquio avvenuto direttamente in Inghilterra con la massoneria inglese che, fino a quel momento, riconosceva quella italiana: dopo le sue dimissioni dall'Inghilterra arrivò la revoca del riconoscimento al GOI, successivamente dato alla Gran Loggia Regolare d'Italia fondata proprio d Di Bernardo.
Questi, comunque, lascerà la sua creatura dopo circa un decennio di Gran Maestranza: "Gli italiani non sono fatti per la massoneria inglese". Una affermazione forte che l'ormai ex Gran Maestro fornisce quando apre l'ampio discorso relativo a Licio Gelli e alla sua loggia Propaganda 2 sciolta negli anni '80 dopo uno scandalo di livello nazionale: "La legge Anselmi scioglie solo la sigla, ma, di fatto, il sistema di potere resiste".
Proprio a questo proposito, Di Bernardo rivela: "Gelli mi offrì in un primo momento soldi per rientrare nel GOI, e poi il vero elenco di tutti gli iscritti alla P2, mai trovato dagli inquirenti".