Oltre quaranta condanne e una ventina di assoluzioni, per un totale di circa 500 anni di carcere inflitti. Questo il verdetto con cui i giudici del Tribunale di Palmi sono usciti da una camera di consiglio durata diciassette giorni nel processo "All Inside", celebrato contro vertici e affiliati della potentissima cosca di 'ndrangheta dei Pesce di Rosarno. Le condanne disposte dal Tribunale vanno da 6 mesi a 28 anni di reclusione. Oltre alle venti assoluzioni ci sono anche due prescrizioni. Le condanne più pesanti ai presunti boss Antonio Pesce ''Testuni'' (28 anni) e Salvatore Pesce (27 anni e 7 mesi), padre della pentita Giuseppina (4 anni e 10 mesi). Proprio le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia hanno costituito l'humus fondamentale dell'indagine portata avanti dal pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti.
Un'indagine molto vasta che fu spezzata in due tronconi che portarono a due maxiretate eseguite dall'Arma dei Carabinieri nell'aprile e nel novembre 2010. Quaranta fermi furono operati ad aprile, allorquando gli investigatori sequestrarono anche un'emittente radiofonica, Radio Olimpia, che sarebbe servita alla comunicazione tra i boss, detenuti in carcere, e i familiari e gli affiliati: attraverso la programmazione di una o dell'altra canzone, infatti, venivano, di fatto, recapitati ai capibastone in galera messaggi relativi alle attività della famiglia o agli introiti economici. Un vero e proprio sistema cifrato. La radio, infatti, interveniva quando le donne, protagoniste nell'inchiesta, non riuscivano a svolgere il loro consueto ruolo di "postine" tra la realtà carceraria e il mondo esterno. In manette finì anche Domenico Varrà, presidente della Rosarnese, la squadra di calcio del paese, che sarebbe stata sotto il diretto controllo della cosca Pesce, tanto che il presidente onorario era lo stesso Francesco Pesce, ritenuto personaggio ai vertici dell'organizzazione.
Alcuni mesi dopo, invece, nell'elenco dei ventiquattro arrestati finirono anche alcuni membri delle forze dell'ordine. Un'indagine al femminile, sia perché condotta dal pm Cerreti, sia perché farà emergere un ruolo strategico per le donne: nell'elenco delle persone coinvolte, infatti, figuranno anche Carmelina Capria, moglie di Antonio Pesce, classe 1953, detto "u Testuni". La donna avrebbe avuto il compito di trasmettere all'esterno del carcere le disposizioni impartite dal marito agli altri affiliati: oltre al ruolo di "portavoce", rivestito anche da Mariagrazia Pesce, la Capria avrebbe avuto anche il ruolo di cassiera del clan. Un'altra indagine di natura patrimoniale, denominata "All Clean", condotta dalla Guardia di Finanza, portò invece a un maxisequestro di beni per centinaia di milioni di euro, con il coinvolgimento di alcune squadre di calcio, come il Sapri Calcio, la Rosarnese e l'Interpiana. L'indagine "All Inside" ha messo, dunque, nel proprio focus, una delle cosche più importanti della 'ndrangheta, quella dei Pesce. Proprio in tale contesto è emersa la figura di Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore Pesce: la donna è stata protagonista, negli scorsi mesi di un lungo tira e molla sulla sua decisione di collaborare con gli inquirenti. Proprio nel dibattimento a Palmi, la giovane donna è stata protagonista, alcuni mesi fa, di lunghissime deposizioni, in cui ha raccontato i segreti della propria famiglia. Condannati anche la madre di Giuseppina, Angela Ferraro (13 anni, 5 mesi e 10 giorni), la sorella Marina (12 anni e 10 mesi), gli zii Giuseppe e Mario Ferraro (26 e 17 anni), il marito Rocco Palaia (21 anni e 2 mesi) e la cugina Maria Grazia Pesce (7 anni).
Oltre alle condanne per Antonio e Salvatore Pesce, spiccano le pene inflitte ad altri imputati: i 25 anni e 8 mesi del figlio di Salvatore, Francesco, classe '84. Altre condanne significative riguardano Giuseppe Pesce (figlio di Antonino), allo stato ancora latitante, a 16 anni; 12 anni a Francesco Pesce, classe '79 e Francesco Pesce, classe '87. Le altre donne della cosca, Maria Grazia Pesce e Maria Stanganelli, sono state condannate a 7 anni. Stangata anche per Giuseppe Ferraro, condannato a 26 anni; Claudio Lucia, 17 anni e 10 mesi; Yuri Odierna, 12 anni. Tra i condannati figurano anche due ex carabinieri, Carmelo Luciano e Giuseppe Gaglioti (rispettivamente 12 anni e 6 mesi e 13 anni), accusati di concorso esterno per associazione mafiosa. Assolto l'altro presunto boss Rocco Pesce.