Bombardieri in Antimafia: “Totò Riina considerava il giudice Scopelliti un ostacolo”

bombardieri antimafiadi Pasquale Cotroneo – Una lunga audizione, oggi, all'interno della Commissione parlamentare Antimafia, guidata dal senatore calabrese Nicola Morra, quella del procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, incentrata sulle indagini per l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti, e trovatasi ad affrontare, stimolata dalle domande dei parlamentari presenti, molte questioni, alcune di strettissima attualità, quali le infiltrazioni della 'ndrangheta nel settore sanitario e i rapporti tra mafie, politica e massoneria occulta.
Prima dell'inizio, inoltre, la richiesta del grillino Mario Michele Giarrusso di poter accedere agli atti del procedimento "Gotha", il processo sulla masso-'ndrangheta che si sta celebrando a Reggio Calabria.

Oltre due ore di dichiarazioni, molte delle quali secretate per motivi di sicurezza, in cui sono state analizzate diverse sfaccettature relative alle indagini per la morte del giudice per volontà e per mano di un gruppo di fuoco siciliano, giunto in Calabria per fermare quello che, a tutti gli effetti, veniva considerato "un ostacolo" dalla cupola provinciale di Cosa Nostra guidata da Totò Riina.

"Le indagini sull'omicidio del Giudice – esordisce Bombardieri - partirono già il 9 agosto del '91, sin da quando la macchina del giudice venne affiancata da alcuni sicari ed il magistrato fu ucciso. Le indagini furono avviate sin da subito a 360 gradi, ed anche a quel tempo fu battuta la pista palermitana per individuare quali fossero i mandanti dell'agguato".

In questo senso, spiega il procuratore "fondamentali furono le dichiarazioni dei pentiti Lauro e Barreca che parlarono per primi di accordi tra mafia e 'ndrangheta calabrese, e questo perché Scopelliti stesso veniva considerato un uomo vicino al giudice Giovanni Falcone, che in quegli anni stava imbastendo il maxi-processo contro i clan siciliani".

Una pista siciliana che fu anche oggetto di alcuni processi, come quello aperto nel 1993 nei confronti di Salvatore Riina ed altri 13 soggetti, che condusse ad una condanna in primo grado nel 1996, e successivamente all'assoluzione della copula provinciale del mandamento guidato da Riina nel 1998.

Nello stesso periodo venne aperta una nuova inchiesta nei confronti della cupola regionale di Casa Nostra (Provenzano ed altri) che condusse ad una condanna in primo grado, ed anche in questo all'assoluzione da parte della Corte d'Assise d'Appello nel 2000.

"A quei tempi – racconta ancora Bombardieri ai parlamentari della Commissione – venne analizzata solo la parte organizzativa del delitto, mentre si ipotizzava che fosse stata la 'ndrangheta ad agire. Che era calabrese il braccio armato della vicenda".

Per anni non si sono avute altre notizie. Questo fino ad oggi, fino a poco tempo fa, fino a quando il pentito Maurizio Avola, killer del clan catanese dei Santa Paola, ha raccontato ai magistrati che lui stesso, insieme ad un gruppo di uomini provenienti dalla Sicilia, partecipò all'esecuzione di Scopelliti a Campo Calabro. (Avola è l'uomo che fece ritrovare il fucile dei killer)

"Questo, in seguito ad un'altra rivelazione – sottolinea Bombardieri – fatta da un altro collaboratore di giustizia campano che aveva frequentato Avola in carcere, che gli aveva riferito i fatti. A quel punto – dice prima di una lunga fase inaccessibile al pubblico - ci siamo mossi in maniera cauta, cercando di raccogliere tutte le dichiarazioni e cercando di capire i motivi della sua collaborazione".

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Secretate risulteranno anche le risposte del Procuratore reggino alle domande degli onorevoli Santelli (Jole, vicepresidente della Commissione e calabrese) e Verini che avevano chiesto al giudice se l'omicidio potesse essere stato eseguito con il lasciapassare delle 'ndrine più importanti dell'epoca, quali i De Stefano o i Piromalli, se si potesse parlare di omicidio eseguito esclusivamente da un gruppo siciliano, come questo possa essere inquadrato all'interno del disegno diversivo unitario venutosi a creare durante la stagione delle stragi, e dei possibili collegamenti con sistemi di potere dell'epoca e di oggi.

"I pentiti – afferma ancora Bombardieri alla ripresa dello streaming sulla web tv del Parlamento - ci dicono che Scopelliti non era avvicinabile, e per questo era considerato ostacolo e monito; Riina era disposto a tutto per fermare Giovanni Falcone, possiamo considerare che l'uccisione di Scopelliti rappresentasse l'ultima carta da giocare per fare pressione su Falcone".

Ma, esistevano nel concreto rapporti personali tra i due giudici?

"Stiamo cercando di accertare se i due si conoscessero personalmente, in un video di cui siamo in possesso non sembra ci sia tra i due molta familiarità. Non sappiamo se Scopelliti nei giorni prima della sua morte si sia recato a Palermo. Riina viveva il maxi-processo come un incubo e non pensava che l'uccisione del giudice potesse essere un boomerang.".

L'ex Ministro della Giustizia Orlando ha chiesto poi al Pm se vi è ora una maggiore pervasività della 'ndrangheta anche in Sicilia,

"La 'ndrangheta è sicuramente l'organizzazione criminale più potente al mondo. Cosa Nostra non ha più la forza criminale di un tempo, è stata ridimensionata. Altrettanto non si può dire per la 'ndrangheta. Ha legami e collegamenti ovunque. Detto ciò non si può parlare di un processo di sostituzione in Sicilia, quanto di sostegno e appoggio. Soprattutto nel campo del traffico di stupefacenti, perché può garantire a Cosa Nostra di riaffermarsi in mercati in cui questa è padrona assoluta. Già dal '90 la mafia si rivolgeva a broker come Pannunzi, Morabito".

Collaboratori di giustizia e dichiarazioni a rate. "A chi conviene? C'è convenienza per i magistrati che così possono usufruirne più a lungo possibile? Viene fatto per non uscire dal programma di protezione?" viene chiesto ancora al magistrato.

"Sicuramente non conviene ai magistrati, il problema però è molto serio. Ci sono sicuramente accertamenti maggiori nel momento in cui le dichiarazioni avvengono diluite nel tempo. Se poi come in questo caso un pentito ci fa trovare un fucile usato per l'omicidio è chiaro che aumenta l'attenzione ... Il problema della fuoriuscita dal programma di protezione è reale. Così come è un problema reale la mancanza di risorse. Non solo magistrati, perché le forze a disposizione dei tribunali sono poche. A Reggio la squadra mobile è la metà di quella di Palermo".

Tra gli ultimi argomenti oggetto di attenzione da parte della Commissione vi sono i rapporti tra 'ndrangheta e massoneria di frontiera, tra massoneria legale e massoneria deviata, e le infiltrazioni della criminalità organizzata in settori delicati come quello della sanità.

Sono le parlamentari calabresi Corrado (M5S) e Ferro (FdI) a chiedere spiegazioni, anche relativamente alle vicende dell'Asl di Locri all'epoca dell'omicidio di Franco Fortugno, anni in cui alcune relazioni mettevano alla luce uno spaccato inquietante in termini di interessi delle 'ndrine nel settore sanitario. Gridi d'allarme rimasti, poi, per lungo tempo, inascoltati.

"E' vero, in quelle relazioni – dice il Pm – si analizzano situazioni di cui parliamo anche oggi, semplicemente perché il cambiamento non è avvenuto. Ma questo non è solo un problema della magistratura, anzi, molto più spesso è un problema della politica, che non ha favorito questo tipo di comportamenti".

In questo meccanismo la 'ndrangheta trova terreno fertile.

"Il problema è cambiare. Non è vero che non vengono fatte indagini per accertare le responsabilità, le indagini ci sono, ma sono difficili e soprattutto ci sono poche risorse per poter intervenire in settori delicati come quello della pubblica amministrazione. Serve una polizia giudiziaria particolarmente preparata a vicende amministrative".

'Ndrangheta e mafia, simili ma molto diverse.

"La 'ndrangheta è diversa perché ha una struttura particolare, di base familiare. Anche se oggi c'è più presa di coscienza, sono sempre più frequenti i casi di mamme, ad esempio, che vogliono strappare i loro figli a destini di illegalità e che, per questo, ci chiedono di intervenire. Ma il nostro lavoro non basta se non c'è collaborazione. Serve gente che denunci, che ci aiuti a combattere la criminalità. Spesso, invece, siamo ai limiti del paradossale. In Calabria succede che ci sono testimoni di giustizia che il giorno dopo che denunciano si ritrovano con il loro esercizio commerciale vuoto. Non lo frequenta più nessuno, non solo i mafiosi. Bisogna abbattere questa cultura".

L'ultimo passaggio dell'audizione è dedicato al gioco d'azzardo: "A Reggio abbiamo condotto due grandi inchieste sul gioco d'azzardo, anche grazie alle rivelazioni di altri collaboratori di giustizia che erano precedentemente parte dell'organizzazione criminale, come accaduto ad esempio in "Gambling 2", dove fondamentale è stato l'aiuto dei pentiti del primo procedimento per ricostruire un sistema che si riproduceva in diverse regioni d'Italia, e che si ripeteva allo stesso modo per favorire il gioco d'azzardo, permettendo di guadagnare da una parte e riciclare denaro dall'altra. Bisogna intervenire e stare attenti perché è un settore in grande espansione sul fronte criminale".