Uccise la madre e fece sparire il corpo per "lavare" l'onta della relazione extraconiugale: ergastolo in Appello per Barone

BelloccoFrancaefiglioLa Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria ha confermato l'ergastolo nei confronti di Francesco Barone, il giovane di Rosarno accusato di aver ucciso la madre Francesca Bellocco. I giudici di secondo grado hanno confermato quanto stabilito nel 2017 in primo grado dalla Corte d'assise di Palmi e quanto richiesto dal pg Adriana Sciglio, pm della Dda di Reggio Calabria, applicata al processo di secondo grado.

Barone avrebbe assassinato la propria madre poiché avrebbe scoperto che la donna aveva intrattenuto una relazione con il presunto boss di Rosarno, Domenico Cacciola. Il corpo della Barone non è mai stato trovato e per il pm Adriana Sciglio, che ha condotto le indagini, il giovane rosarnese l'avrebbe occultato. I fatti risalgono al 2013 quando scomparve, contestualmente, anche lo stesso Cacciola, attualmente irreperibile, forse assassinato in seguito ad un caso di "lupara bianca".

--banner--

Da quanto ricostruito dagli inquirenti, il delitto sarebbe stata la "punizione" per la donna imposta dalle regole arcaiche della 'ndrangheta. E a Rosarno l'onta si paga con la vita. Secondo l'indagine i due amanti clandestini intrattenevano una relazione da diverso tempo. Scoperti una prima volta, le famiglie si sarebbero messe di mezzo per evitare il peggio e il rischio di una vera e propria guerra di mafia. Dopo un breve periodo tuttavia, la Bellocco e Cacciola, avrebbero continuato ad incontrarsi. Nell'estate del 2013 sarebbero stati sorpresi dal figlio della donna che avrebbe fatto scoppiare nuovamente il caso. A quel punto occorreva agire. Ad agosto dello stesso anno la donna sparisce da Rosarno. L'allarme viene formalmente lanciato dal marito della donna, Salvatore Barone, che vive da anni in Lombardia. È qui che l'uomo presenta una denuncia di scomparsa ai Carabinieri.

A distanza di due anni gli inquirenti hanno ricostruito la storia e, secondo le indagini, a dare un imput importante è stata la testimonianza di Giuseppina Multari, nuora di Domenico Cacciola, adesso testimone di giustizia. Anche lei sarebbe stata vittima del clan, ma è riuscita -affidandosi alla legge- a liberarsi.

Poi la svolta. C'è un testimone oculare. È un vigile urbano, vicino di casa della donna. Per mesi ha taciuto. Non è facile mettersi contro i Bellocco. Poi però ha vuotato il sacco e agli inquirenti ha raccontato che quella sera ha sentito delle urla e soprattutto ha udito una donna dire "perdunami". Era la Bellocco che implorava al figlio clemenza? Per la Dda, sì è lei. E il vigile urbano ha detto la verità. All'alba del 18 agosto ha riferito di aver visto un commando di tre uomini incappucciati che arrivò a bordo di un'auto scura ed entrare nell'abitazione dei Bellocco. Poi le urla della donna. Ed infine il figlio che esce dal garage a bordo di una Panda, sulla quale, probabilmente, era occultato il corpo esanime della madre.