di Claudio Cordova - Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, ha chiuso le indagini nei confronti di 49 persone a vario titolo coinvolte nell'inchiesta "Vello d'oro-Martingala", che ha messo sotto la lente di ingrandimento gli affari di alcuni imprenditori legati alla 'ndrangheta a attivi non solo in Calabria, ma anche in altre zone d'Italia. Tra le 49 persone raggiunte dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari, anche gli elementi di vertice dell'organizzazione: Antonio Scimone, principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e vero ''regista'' delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali, nonché Antonio Barbaro (cosca Barbaro ''I Nigri''), Bruno Nirta (cosca Nirta ''Scalzone'') ed il figlio di quest'ultimo Giuseppe Nirta.
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L'organizzazione poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente definite ''cartiere'', che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all'esito delle indagini, anch'esse fittizie. Le società avevano sede in vari paesi dell'Unione Europea (Croazia, Slovenia, Austria, Romania) e dopo non più di un paio di anni di ''attività'', venivano sistematicamente trasferite nel Regno Unito e cessate. Tutto ciò era ovviamente funzionale ad evitare accertamenti, anche ex post, sulla loro contabilità. Le fittizie operazioni hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l'estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte illecite, quali ''in primis'' il riciclaggio ed il reimpiego dei relativi proventi. Questo meccanismo fraudolento, mediante la predisposizione di false transazioni commerciali, ha costituito il volano per l'instaurazione di articolati flussi finanziari tra le aziende degli indagati e le società di numerosi ''clienti'' che di volta in volta si rivolgevano agli stessi per il soddisfacimento di varie illecite finalità, tra cui la frode fiscale. Gran parte di questi clienti erano imprenditori espressione, direttamente o indirettamente, delle cosche di 'ndrangheta operanti sul territorio dei ''tre mandamenti''.
Le approfondite indagini finanziarie portate a termine dagli uomini della Dia hanno consentito di accertare che, attraverso questo collaudato meccanismo fondato sulle operazioni fittizie, Scimone ed i suoi sodali riuscivano a far transitare dai conti delle società cartiere flussi finanziari per diverse centinaia di migliaia di Euro al mese. Questo vorticoso giro di denaro aveva termine direttamente in Italia mediante bonifici a società di comodo, oppure sui conti di società estere. Da questi conti il denaro veniva successivamente prelevato e riportato in contanti in Italia. L'organizzazione ha dimostrato anche una notevole capacità di infiltrarsi nella gestione ed esecuzione di appalti pubblici. Ciò è avvenuto con varie modalità, ad esempio con la predisposizione di contratti di Joint Venture, o anche tramite i contratti di ''nolo a freddo'': tali strumenti contrattuali venivano sviati dalle loro cause tipiche; nelle mani di Scimone diventavano flessibili strumenti funzionali all'esigenza di drenare, in modo apparentemente lecito, denaro da società che si erano aggiudicate appalti pubblici. L'attività posta in essere dalla Dia, sviluppatasi anche grazie all'approfondimento investigativo di oltre un centinaio di Segnalazioni di Operazioni Finanziarie Sospette, pervenute anche da Fiu (Unità di Informazione Finanziaria) estere, ha interessato, tra l'altro, dinamiche criminali estrinsecatesi nella città di Reggio Calabria, svelando l'esistenza di una folta schiera di imprenditori che hanno fruito dei servigi offerti dall'associazione promossa e capeggiata dallo Scimone.
Fra questi, si evidenzia la posizione di Pietro Canale, (socio di maggioranza ed amministratore della Canale Srl, società molto attiva nel settore della costruzione e gestione di condutture di gas), ritenuto responsabile dei reati di riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro, beni, utilità di provenienza illecita; nonché quella dell'imprenditore Antonino Mordà, già interessato in passato da procedimenti in materia di criminalità organizzata. Con riferimento a Mordà, sarebbe stata documentata la straordinaria liquidità di cui disponeva. Le indagini hanno dimostrato che tali risorse, di illecita provenienza, sono state reimpiegate nell'usura e nell'esercizio abusivo del credito, soprattutto ai danni di imprenditori locali in difficoltà. In tale illecita attività, Mordà è stato attivamente aiutato dai suoi più stretti sodali, soprattutto Pierfrancesco Arconte, figlio del più noto Consolato, già condannato nel Processo Olimpia quale elemento di vertice della cosca Araniti. Nella rete della Dia è finito anche, con la contestazione del reato di riciclaggio, un impiegato di banca, il quale si è dimostrato sempre solerte nel soddisfare le illecite esigenze di Mordà. Un ulteriore filone dell'attività investigativa, approfondito dal Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, ha riguardato le ''prestazioni'' che l'associazione guidata da Scimone, avvalendosi del complesso reticolo di imprese allo stesso riconducibili allocate sul territorio nazionale ed europeo (tra cui la società croata ''Nobilis Metallis Doo'' e quella slovena ''B-Milijon, Trgovina In Storitve Doo''), ha fornito alla famiglia Bagalà di Gioia Tauro ed a Giorgio Morabito, collegati alla cosca Piromalli.
Da alcuni conti esteri, sono stati disposti bonifici in favore di vari imprenditori coinvolti nel sistema (tra cui Mordà ed Canale) nonché prelevate somme in contanti da Scimone che sono state poi consegnate a Morabito. Gli inquirenti parlano di "Sistema Scimone": ricorrendo ad un articolato schema di imprese nazionali ed estere nonché ai correlati rapporti economici e finanziari, ha di fatto garantito ad intere filiere criminali riconducibili alle principali cosche di 'ndrangheta locali, adeguato, sicuro e protetto canale per riciclare i proventi illeciti derivanti, tra gli altri, dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso e turbata libertà degli incanti. Le indagini, pertanto, hanno evidenziato la caratura criminale di Antonio Scimone, soggetto che spicca come riciclatore professionista al servizio non della singola cosca, ma della criminalità organizzata della provincia reggina unitariamente intesa, per conto della quale si è prestato sistematicamente a favorirne gli interessi economici attraverso il suo collaudato sistema di società di comodo italiane e straniere.
I nomi dei 49 indagati:
1. Pierfrancesco Arconte, classe 1968
2. Roberto Simone Argirò, classe 1964
3. Antonio Barbaro, classe 1973
4. Tindaro Giulio Barbitta, classe 1983
5. Pasquale Barrillà, classe 1968
6. Paolo Bilardi, classe 1954
7. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO]
8. Mario Bruzzaniti, classe 1952
9. Pietro Canale, classe 1979
10. Domenico Cangemi, classe 1981
11. Carmelo Caridi, classe 1973
12. Francesca Ceravolo, classe 1976
13. Serafina Ceravolo, classe 1972
14. Antonino Carlo Chirico, classe 1969
15. Teresa Chirico, classe 1943
16. Aldo Crapanzano, classe 1963
17. Pierangelo Crocè, classe 1975
18. Giuseppe Cuzzilla, classe 1970
19. Domenico D'Agostino, classe 1985
20. Francesco D'Agostino, classe 1946
21. Domenico Gallo, classe 1956
22. Andrea Francesco Giordano, classe 1951
23. Olga Stefania Iacopino, classe 1970
24. Antonella Ierinò, classe 1967
25. Antonio Lizzi, classe 1956
26. Francesco Saverio Marando, classe 1978
27. Paolo Mesiti, classe 1968
28. Maria Mollica, classe 1978
29. Rocco Mollica, classe 1996
30. Giorgio Morabito, classe 1974
31. Antonino Mordà, classe 1969
32. Domenico Mordà, classe 1942
33. Domenico "Junior" Mordà, classe 1996
34. Maria Mordà, classe 1964
35. Patrizia Mordà, classe 1964
36. Antonio Nicita, classe 1964
37. Bruno Nirta, classe 1948
38. Giuseppe Nirta, classe 1976
39. Michele Panetta, classe 1964
40. Daniele Pisano, classe 1988
41. Caterina Palmina Polimeni, classe 1980
42. Giuseppe Pulitanò, classe 1973
43. Giuseppe Pulitanò, classe 1988
44. Ferdinando Rondò, classe 1974
45. Antonio Scimone, classe 1975
46. Francescoattilio Scimone, classe 1983
47. Michele Surace, classe 1957
48. Demetrio Turiano, classe 1963
49. Maria Luisa Zangari, classe 1983
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COMMERCIALISTI: SOTTO I RIFLETTORI LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE UE DI ESENTARE DALL'IVA BENI E SERVIZI ESSENZIALI IN TEMPI DI CRISI
Nell'ambito dello strumento SURE è partita la terza tranche di prestiti per il 2021 che ha portato all'erogazione di ulteriori 13 miliardi di euro a beneficio di sei Stati membri tra cui l'Italia con 1,87 miliardi di euro.
Roma 15 aprile 2021
Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato l'informativa periodica "Attività Internazionale", una analisi approfondita sulle misure economiche adottate in ambito europeo ed internazionale per contrastare la pandemia.
La Commissione europea ha presentato nei giorni scorsi i primi inviti a far pervenire proposte nell'ambito dell'Acceleratore del CEI, il Consiglio europeo per l'innovazione, che con un finanziamento di oltre 1 miliardo di euro contribuirà all'espansione di start-up e piccole e medie imprese con le potenzialità per conseguire risultati importanti.
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L'informativa analizza poi la proposta avanzata dalla Commissione europea di esentare dall'IVA i beni e i servizi che la Commissione, insieme ad organi e agenzie UE, mette a disposizione di Stati membri e cittadini in tempi di crisi. Una soluzione che consentirebbe l'importazione e l'acquisto in esenzione dall'IVA di beni e servizi in risposta a un'emergenza nell'Unione, di cui potranno beneficiarne oltre agli Stati membri anche autorità o istituzioni nazionali, quali ospedali, autorità sanitarie o altre autorità di protezione civile.
Riunito sotto la presidenza italiana, il G20 dei ministri economici ha ribadito l'impegno ad evitare qualsiasi ritiro prematuro delle misure di sostegno e la volontà di avvalersi di tutti gli strumenti a disposizione e per tutto il tempo necessario per salvaguardare posti di lavoro e redditi, confermando anche l'intenzione di continuare a lavorare insieme per l'attuazione di una riforma fiscale globale.
Infine, il Fiscal monitor presentato nei giorni scorsi dal Fondo monetario internazionale ha evidenziato come le disparità economiche e fiscali siano state ulteriormente aggravate dalla pandemia, per poter garantire a tutti i cittadini l'accesso ai servizi di base e una redistribuzione fiscale più equa è quindi più che mai necessario aumentare la progressività dei sistemi fiscali e improntare un'azione comune contro la corsa al ribasso nelle tasse e il profit shifting.