Reggio, processo "Archi-Astrea". Il pentito Moio: "I De Stefano hanno aperto gli occhi agli arcoti"

moioroberto arrestodi Claudio Cordova - Dalla famiglia Lavilla ai vertici del clan Tegano, tra cui Giovanni Tegano e Paolo Schimizzi, fino ad arrivare ai presunti affiliati alla potentissima famiglia del rione Archi di Reggio Calabria. Un lungo, lunghissimo, controesame, quello affrontato, a 360 gradi, dal collaboratore di giustizia Roberto Moio, intervenuto nell'ambito del processo "Archi-Astrea", che vede al centro delle indagini del pubblico ministero Giuseppe Lombardo le infiltrazioni del clan nella società mista del Comune, Multiservizi, una delle vicende che più peseranno sulla decisione di scioglimento del Consiglio Comunale di Reggio Calabria.

Un'infiltrazione che sarebbe avvenuta tramite una serie di passaggi societari in cui un ruolo di primo piano sarebbe stato rivestito dalla famiglia Lavilla, un nucleo di persone che Moio associa da sempre ai Tegano, in un periodo già antecedente alla prima guerra di mafia che insanguinerà Reggio Calabria dal 1985 al 1991: "Giuseppe Lavilla faceva traffici di droga a Milano per conto dei Tegano" dirà il collaboratore. Proprio il narcotraffico sarebbe stato, negli anni '80, uno strumento per l'arricchimento dei clan. Secondo Moio, peraltro, Lavilla sarebbe stato in contatto con un personaggio che adesso sarebbe collaboratore di giustizia a Bologna. Le cosche, dunque, avrebbero investito molto sul traffico di stupefacenti, per ottenere la liquidità necessaria per diventare una delle organizzazioni criminali più potenti e ricche del mondo. In tal senso, a detta del collaboratore si inquadrerebbero gli ottimi rapporti tra Pasquale Tegano e il celebre narcotrafficante Pasquale Marando.

In questi e in altri affari sarebbero entrati i Lavilla: "C'era rapporto stretto tra Antonio Lavilla e Giovanni Tegano, Antonio Lavilla era bravo a fare affari e sapevo degli interessi dei Tegano nella Multiservizi" dirà in aula Moio. A detta del collaboratore, i fratelli Lavilla avrebbero operato non solo nel settore dell'edilizia, attività principale, ma anche nella fornitura di macchinette contenenti bevande. Un ruolo, quello dei Lavilla, che li avrebbe inseriti, a detta di Moio, a pieno titolo nelle dinamiche interne della famiglia, tanto da partecipare ad alcune riunioni dopo la scomparsa del boss Paolo Schimizzi, di cui si perderanno le tracce, per un presunto caso di "lupara bianca", nel settembre 2008.

Lunghissimo il controesame del pentito, che risponderà alle domande, tra gli altri, degli avvocati Lorenzo Gatto, Carlo Morace e Francesco Calabrese. Il pentito ripercorrerà le fasi che porteranno alla collaborazione, abbozzata molti anni prima del 2010, quando, nel 2004, cercherà di fare arrestare Giovanni Tegano. Tra episodi di 'ndrangheta, cariche e gerarchie, la lunghissima udienza al cospetto del Tribunale presieduto da Giuseppe Campagna, scivola verso la fine, con le domande conclusive del pm Lombardo, che punterà la propria attenzione sul ruolo delle grandi famiglie: "I De Stefano hanno aperto gli occhi agli arcoti" dirà Moio che, però, sarà meno preciso (suscitando il nervosismo del pm Lombardo) su altri passaggi "di contesto", peraltro già riferiti in numerosi altri procedimenti.

Il processo "Archi-Astrea" è stato aggiornato al prossimo 2 maggio.