Pene pesanti quelle che il gup del Tribunale di Reggio Calabria Maria Rosaria Savaglio ha inflitto agli imputati del processo abbreviato scaturito dall'inchiesta 'Trash', secondo la quale l'ex società di gestione e smaltimento dei rifiuti cittadina, la "Fata Morgana" era in mano al clan De Stefano. Sono 20 anni gli anni di carcere inflitti a Paolo Rosario De Stefano. Tra gli assolti Orazio De Stefano , elemento di primo piano dell'omonima cosca di Archi. Per il gup non ha commesso il fatto. Orazio De Stefano è stato latitante per sedici anni e venne catturato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria nel 2004. Per la Dda era ritenuto il vertice della linea gerarchica, interna alla cosca De Stefano, a cui era stata delegata l'infiltrazione del settore della raccolta dei rifiuti e la stipula di patti spartitori con altre cosche della 'ndrangheta coinvolte nello stesso settore. Era lui che, secondo l'accusa, avrebbe impartito le direttive strategiche ai sodali dell'organizzazione per il controllo del comparto rifiuti. Diciotto anni di reclusione più 3600 di pena pecuniaria sono andati invece a Paolo Caponera e a Giuseppe Pratticò, mentre è di 14 anni e 3mila euro di multa la pena inflitta ad Andrea Saraceno e Andrea Giungo, 6 anni sono andati a Vincenzo Torino. Assolti perché il fatto non sussiste Francesco Ferrara e Andrea Maviglia.
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Per come era emerso dall'inchiesta, dal 2002 al 2005 i De Stefano pretendevano "soldi a palate" per le commesse effettuate dalla società di gestione di smaltimento dei rifiuti attiva non solo a Reggio Calabria ma anche in altri 18 comuni della provincia. Così come raccontato dal responsabile tecnico della società, Salvatore Aiello, oggi collaboratore di giustizia, la cosca- avrebbe preteso la consegna "a partire dall'anno 2002 una somma pari a mille-duemila euro circa per ciascuna commessa, ed a partire dall'anno 2005 una somma pari a 15mila euro mensili agli esponenti della cosca De Stefano referenti per la gestione della specifica attività estorsiva o comunque delegati alla materiale riscossione". Nell'indagine è "emerso che, praticato il metodo intimidatorio che generava l'assoggettamento dei principali imprenditori e manager del settore, gli esponenti della cosca De Stefano ne blandissero le aspettative economiche e di sviluppo, proponendosi quali garanti della capacità di crescita delle imprese, grazie alla loro capacità d'influenzare le dinamiche complessive di quel settore economico, in ragione del controllo sostanziale che dichiaravano e palesavano di avere sulle principali imprese che vi erano coinvolte. Ma, una volta conseguita l'infiltrazione all'interno delle azienda e la fiducia degli imprenditori e manager, ne frustravano le aspettative di crescita economica, utilizzando le imprese per le loro finalità criminali, eminentemente funzionali all'accaparramento di illeciti profitti, sicchè, le aziende erano inesorabilmente destinate al fallimento che gli imprenditori e manager delle stesse erano costretti a subire, piegando i loro interessi economici a quelli della cosca. In sostanza, tolta la maschera insieme intimidatoria e suadente che aveva persuaso le vittime di potere ricavare un beneficio dalla relazione con la più potente cosca cittadina, gli esponenti della cosca De Stefano rivelavano a tutto tondo la natura puramente ed esclusivamente criminale degli interessi che dovevano tutelare, utilizzando il metodo mafioso per assoggettare definitivamente le vittime, imponendo loro scelte imprenditoriali funzionali agli interessi della cosca che conducevano le aziende al fallimento".
Paolo Rosario De Stefano 20 anni e 4000 euro di multa
Orazio De Stefano assolto
Paolo Caponera 18 anni e 3600 euro di multa
Giuseppe Praticò 18 anni e 3600 euro di multa
Andrea Saraceno 14 anni e 3000 euro di multa
Andrea Giungo 14 anni e 3000 euro di multa
Vincenzo Torino 6 anni
Andrea Maviglia assolto
Francesco Ferrara assolto