di Claudio Cordova - Un anno e otto mesi al Colonnello Valerio Giardina, ex comandante del Raggruppamento Operativo Speciale di Reggio Calabria. Il Gup Mariarosaria Savaglio lo ha punito per la falsa testimonianza commessa alcuni anni fa nei processi "Meta" e "Lo Giudice". Il Gup ha quindi accolto l'impianto accusatorio portato avanti dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Stefano Musolino: Giardina viene condannato per falsa testimonianza, senza le aggravanti di aver agevolato la 'ndrangheta ed erano stati gli stessi pm a chiedere l'esclusione dell'aggravante. Così come era stata la stessa accusa a chiedere l'assoluzione per l'ufficiale più fidato di Giardina, il maggiore Gerardo Lardieri, assolto oggi.
Alla lettura del dispositivo hanno assistito numerosi sottoufficiali tuttora in servizio al Ros di Reggio Calabria.
Per Giardina, il Gup ha disposto comunque la sospensione della pena. L'ufficiale avrebbe mentito prima nel corso delle sue lunghe deposizioni nel processo "Meta", istruito dal pm Giuseppe Lombardo. Poi avrebbe reiterato le menzogne nel processo alla cosca Lo Giudice, curato dal pm Beatrice Ronchi.
Il 18 febbraio del 2008 il Ros dei Carabinieri arresterà, dopo anni di latitanza, Pasquale Condello, il "Supremo" della 'ndrangheta. Una cattura (e, ancor prima, una ricerca) che, secondo quanto riferiranno gli ufficiali del tempo, arriverà solo ed esclusivamente sulla base di una complessa attività tecnica. Nel corso della sua deposizione nel procedimento contro il clan Lo Giudice e nel procedimento "Meta", Giardina riferirà infatti l'assenza di fonti confidenziali da parte della famiglia Lo Giudice. Ancora, Giardina negherà inoltre di essersi mai imbattuto, nel proprio periodo reggino, in soggetti vicini alla cosca Lo Giudice: di più, Giardina negherà di aver mai sentito nominare personaggi a nome "Lo Giudice" nel contesto criminale cittadino. Un dato che il pm Ronchi contesterà sulla base degli atti d'indagine e del procedimento: già a partire dall'indagine "Vertice", curata proprio dal Ros, i contatti sarebbero evidenti i presunti contatti tra le famiglie Condello e Lo Giudice. E molti atti sarebbero stati proprio a firma di Giardina: da qui la richiesta di trasmissione degli atti. Fu il sostituto procuratore della Dda, Beatrice Ronchi, oltre a chiedere (e a ottenere) la trasmissione degli atti per falsa testimonianza da parte dell'alto ufficiale dell'Arma, a riservare parole tutt'altro che tenere all'ex capo del Raggruppamento Operativo Speciale e al suo vice, il Capitano Gerardo Lardieri: "Ci hanno lasciato senza parole, facendo emergere un contesto anomalo non totalmente chiarito". Pochi giorni dopo, nel processo "Meta", il pm Giuseppe Lombardo – sconfessando pubblicamente la collega, commentando la cattura del superlatitante, Pasquale Condello - dirà: "La dobbiamo a due Carabinieri, Valerio Giardina e Gerardo Lardieri, cui questa città dovrà sempre dire grazie".
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Uno stesso comportamento (la presunta falsa testimonianza) per due reazioni antitetiche: la richiesta di indagini, da parte del pm Ronchi, l'elogio pubblico, in sede di requisitoria, del pm Lombardo.
Il Colonnello Giardina, infatti, nel corso della propria deposizione, negherà la partecipazione all'attività investigativa nell'ambito dell'inchiesta "Vertice", ma negherà anche di essersi mai imbattuto nella cosca Lo Giudice. Dati che, gli ulteriori accertamenti (effettuati peraltro proprio dal Ros all'interno della banca dati) negheranno categoricamente. Ma il dato più importante – e che va a cozzare duramente anche con quanto emerso nel procedimento "Meta" – è quanto dichiarato dall'alto ufficiale dell'Arma nella parte in cui il teste ha affermato che giammai per la ricerca del latitante Condello sono state utilizzate in Meta notizie provenienti da fonti confidenziali: "Sul punto è sufficiente richiamare la testimonianza del Maisano il quale in relazione al sopralluogo di Pellaro, eseguito congiuntamente al maresciallo Cosentino nei pressi della Toyota, ha dichiarato di aver ottenuto il preventivo consenso del colonnello Giardina in ordine a tale attività posta in essere a seguito dell'acquisizione della notizia dalla fonte confidenziale, e di aver riferito allo stesso ufficiale, dopo il sopralluogo, i relativi risultati. E non possono, infine, ignorarsi le emergenze dibattimentali in ordine all'intensificarsi dell'attività tecnica nei confronti di Barillà Giovanni tra il dicembre 2007 ed il febbraio 2008, nonché in ordine alla richiesta ed ottenimento dell'autorizzazione all'installazione della videocamera, e ciò in piena corrispondenza alle indicazioni fornite dai fratelli Antonino e Luciano Lo Giudice al brigadiere Maisano tra esse e le dichiarazioni del Giardina, che ha categoricamente escluso l'impiego di alcuna notizia di fonte confidenziale nel procedimento Meta, si ritiene esistere un profilo di contrasto, certamente meritevole di ulteriore approfondimento" scrive il presidente Silvia Capone, che ha giudicato la cosca Lo Giudice in primo grado.
Una falsa testimonianza che si sarebbe concretizzata, ancor prima del processo ai Lo Giudice, proprio nel processo "Meta", davanti, cioè, al pm Giuseppe Lombardo, legato da un indissolubile vincolo fiduciario con l'ufficiale dell'Arma. Falsità che il Tribunale aveva riscontrato anche in altri soggetti in servizio al Ros di Giardina: il Capitano Gerardo Lardieri e il brigadiere Francesco Maisano, detto "Falcao". Lardieri, braccio destro di Giardina, mentirà (a detta del Tribunale) quando riferirà di non conoscere la fonte confidenziale del brigadiere Maisano, che porterà l'Arma a un'imponente operazione (infruttuosa) alla ricerca del latitante Pasquale Condello in via Manfroce a Reggio Calabria. "Non si comprende allora come abbia potuto dimenticare il Lardieri di chiedere al Maisano di predisporre l'annotazione di servizio relativa al contatto con la fonte ed all'acquisizione della notizia in vista della organizzazione della perquisizione di via Manfroce, che pure un altro Ufficio dell'Arma coinvolgeva e mobilitava mezzi ed una trentina di uomini" scrive il Tribunale. Una perquisizione, peraltro, che sarebbe stata condotta in spregio alle più elementari norme, come stigmatizza il Tribunale: "Inquietanti poi le modalità di svolgimento della perquisizione d'iniziativa: nessun atto notificato alla parte, nessuna garanzia difensiva assicurata alla parte – cui peraltro veniva fornita una notizia pretestuosa in ordine alle effettive ragioni dell'accesso - , nessuna comunicazione alla Procura della Repubblica".
Il maggiore Lardieri, tuttavia, è stato oggi assolto su stessa richiesta della Procura.
Ancor più intricata è la situazione riguardante Maisano, legato a Luciano Lo Giudice da un rapporto di natura confidenziale. Proprio dopo la cattura di Pasquale Condello, "Il Supremo", gli inquirenti registreranno alcune comunicazioni tra "Falcao" e Luciano, che rivendicherà i propri meriti per la cattura di uno dei capi più importanti della 'ndrangheta: Maisano, comunque, ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario e affronterà il dibattimento.
Dell'esistenza della cosca Lo Giudice, peraltro, parlano gli atti giudiziari, le informative delle forze dell'ordine, i collaboratori di giustizia. Solo Giardina (il suo ultimo incarico è stato quello di comandante provinciale a Bologna) ne negherà l'esistenza, o, almeno la conoscenza. Anzi, prima e dopo di lui lo farà anche l'ex numero due della Dna, Albero Cisterna, indagato (e archiviato) proprio per i suoi presunti rapporti con Luciano Lo Giudice: sia nel proprio interrogatorio in sede di indagine, sia in aula, al cospetto del Tribunale, sosterrà di conoscere Luciano Lo Giudice come un soggetto assolutamente estraneo alla 'ndrangheta, sollevando dubbi sulla stessa esistenza della cosca Lo Giudice.
Perché minimizzare la portata di una famiglia di 'ndrangheta (e dei suoi appartenenti, su tutti il controverso pentito Nino) già considerata tale da sentenze passate in giudicato? Secondo i pm Paci e Musolino, in quegli anni si sarebbe mosso un "sistema" proprio per dissimulare i rapporti tra pezzi dello Stato e Luciano Lo Giudice, anima imprenditoriale del clan che scatenerà un delirio di bombe e intimidazioni dopo essere stato arrestato, per via della convinzione di essere stato abbandonato dai propri referenti istituzionali.