Rosarno (RC), lettera di minacce al sindaco: assolto in appello il "Pirata" Rocco Pesce

pesceroccodi Claudio Cordova - La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha assolto Rocco Pesce nel processo di secondo grado che vedeva l'uomo, detto "il Pirata" e ritenuto un elemento di spicco dell'omonimo clan di Rosarno, imputato per il reato di minaccia nei confronti di un corpo politico e amministrativo. Pesce, infatti, nell'agosto 2011, indirizzò una lettera con minacce, più o meno velate (secondo l'accusa), al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, colpevole, a dire del "Pirata", di aver caldeggiato la costituzione come parte civile dell'Amministrazione Comunale nel procedimento "All inside", uno dei tanti con cui la Dda di Reggio Calabria ha colpito, negli ultimi mesi, la cosca Pesce: "... sono con la presente per esprimere tutto il mio rammarico e disappunto in relazione al fatto che il Comune di Rosarno si sia costituito parte civile nel procedimento n. 4302/06 – 3565/07 a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato" scrisse Pesce il 20 agosto. Circa due settimane dopo all'uomo fu notificata l'ordinanza di custodia cautelare per le intimidazioni firmate: "Una summa di minacce" scrisse il Gip Domenico Santoro, commentando la lettera di Pesce, soggetto nato l'1 gennaio del 1957 e condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Palmi per gli omicidi di Consolato Cappone e Vincenzo Lemma.

Tipiche delle modalità mafiose sarebbero state, secondo la Dda, le allusioni che Pesce farà sui presunti rapporti che la cosca avrebbe intrattenuto con la famiglia Tripodi in tempi passati: "...io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti familiari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni, dove si argomentava questioni interessanti della nostra città... mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell'armadio, e converrà con me l'estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze". Tante le allusioni di Pesce, ritenuto elemento di spicco della famiglia che da decenni si divide il centro della Piana di Gioia Tauro con la famiglia Bellocco, sia al modo in cui il Comune avrebbe affrontato la questione degli extracomunitari presenti a Rosarno, sia al sequestro e all'ordinato sgombero di un'abitazione disposti nei confronti di Giuseppina Bonarrigo e Savino Pesce (madre e fratello di Rocco Pesce). Un comportamento, quello del sindaco Tripodi, che "il Pirata" stigmatizza severamente, con minacce più o meno nascoste da un'aura di educazione e gentilezza. La famiglia Pesce avrebbe fatto solo del bene a Rosarno o, quanto meno, non avrebbe cagionato alcun danno al territorio e alla cittadinanza: "Ritengo di non aver recato alcun disturbo al quotidiano cittadino e tanto meno inquinato l'aria che respirate".