Cassazione annulla assoluzione nei confronti dell'imprenditore Pasquale Rappoccio

rappocciopasquale600Clamoroso in Cassazione. La Suprema Corte ha infatti annullato l'assoluzione disposta nei confronti del noto imprenditore reggino Pasquale Rappoccio, coinvolto nell'inchiesta antimafia denominata "Reggio Nord". I giudici del Palazzaccio sono intervenuti in netta riforma rispetto alla sentenza emessa nel 2016 dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria che aveva – come spesso accade – deciso diversi sconti di pena nei confronti dei presunti affiliati alla 'ndrangheta.

In quell'occasione, era stato condannato a 19 anni e 4 mesi il boss Domenico Condello, detto "Micu u pacciu".

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Le risultanze investigative snocciolate nel corso dell'articolato dibattimento hanno infatti, ricostruito gli interessi economici del clan Condello, la rete di professionisti e imprenditori che per anni avrebbero consentito alla cosca di continuare a macinare profitti, ma anche e la presunta rete di protezione che ha permesso a Domenico Condello, di sfuggire per decenni all'arresto fino a quando i Carabinieri reggini non l'hanno scovato nei pressi di Catona il 10 ottobre del 2012.

In Appello, però, erano stati assolti Robertino Morgante ( 4 anni in primo grado), Fabio Pasqualino Scopelliti ( 4 anni e 6 mesi), ma su tutte spiccava quella rimediata dall'imprenditore Pasquale Rappoccio: in primo grado era stato condannato a 5 anni di carcere. La Corte di Cassazione, però, ha ora annullato l'assoluzione, rinviando nuovamente il caso in Corte d'Appello.

La posizione di Rappoccio, dunque, torna in bilico.

Prima di finire in manette, Rappoccio era un imprenditore piuttosto famoso e affermato, non solo era il rappresentante dell'impresa di fornitura di medicinali Medinex, ma anche il proprietario della squadra di pallavolo della città. Egli, secondo la Dda, avrebbe prestato, però, il proprio ruolo di imprenditore al servizio delle cosche. In questo contesto avrebbe acquisito in nome e per conto di Mico Condello e del cognato Bruno Tegano la discoteca "Limoneto", ubicata a Gallico a due passi dal mare nonché per anni centro della movida reggina.

In Appello erano stati puniti Gaetano Francesco Belfiore e Francesco Genoese che passarono da una condanna a 10 anni a 8 anni, mentre Pasquale Bertuca, Giuseppe Caronfolo e Renato Marra vennero condannati a 10 anni. Bertuca in primo grado si era visto infliggere 15 anni e 8 mesi, mentre Caronfolo 16 anni e Marra 12 anni di carcere. Per i tre, accusati di associazione mafiosa, la Suprema Corte ha disposto l'annullamento con rinvio, accogliendo quindi i ricorsi degli avvocati Pasquale Foti (per Bertuca), Antonio Managò e Giuseppe Alvaro (per Caronfolo) e Giuseppe Nardo (per Marra).

Gianluca Favara passò da 10 anni a 7 anni di detenzione, mentre Bruno Tegano, cognato e braccio destro del boss Condello, rispetto ai 16 anni del primo grado passò a una condanna a 14 anni e 9 mesi. Furono confermate infine le condanne per Giovanni Barillà, 8 anni di carcere, e Giuseppa Santa Cotroneo punita con 6 anni di detenzione.

Per numerosi imputati, la Cassazione ha disposto il rinvio in Cassazione, dopo l'annullamento, ma per singoli capi di imputazione che non dovrebbero alterare di molto la pena finale. Unico annullamento senza rinvio – e quindi assoluzione piena per non aver commesso il fatto – quella nei confronti di Cosimo Morabito, difeso dall'avvocato Michele Albanese. Morabito, accusato di procurata inosservanza della pena proprio a vantaggio di "Micu u pacciu", vede così finire la propria odissea dopo diversi anni di iter giudiziario.