“Monopoli” e l’ascesa irresistibile del costruttore Ficara: “Prima grazie ai Caridi-Borghetto-Zindato, poi grazie ai De Stefano”

Ficara Carmelo cl.56di Mario Meliadò - Tra gli arrestati, per singolarità e ambiguità nei comportamenti descritta dagli inquirenti spicca la vicenda del 61enne Carmelo Ficara, imprenditore edile titolare di varie aziende del settore (Carmelo Ficara, Ficara Carmelo, Ficara, Reghion Immobiliare, Buy House, Copacabana Village Calabria, Serena, Gif, Progettidea e Immobiliare Gesufi le sue società) accusato per il periodo intercorrente tra il 2007 e il 2017 d'associazione mafiosa e d'estorsione aggravata nei confronti della Cobar.

L'ASCESA PREPOTENTE DI FICARA. Residente in viale Monza, zona Nord-Est di Milano, in realtà l'imprenditore è domiciliato a Reggio Calabria, nel cuore del quartiere Ciccarello, in via Calveri. Sul sito web del suo gruppo edile Carmelo Ficara, che aveva cominciato come semplice manovale, si dipinge come un self made man. E proprio Modena e Ciccarello sono i quartieri che contribuisce largamente a costruire, negli anni Duemila, grazie al legame forte con i Caridi-Borghetto-Zindato. Ma in seguito si spostò gradualmente verso la zona Nord: prima Santa Caterina, poi direttamente Archi, il "regno" della cosca De Stefano.

Secondo gli inquirenti, Ficara è una sorta di prototipo dell'imprenditore colluso, caratterizzato dal «suo ambiguo relazionarsi con la 'ndrangheta», operando «alla stregua di una società di servizi, al fine d'intersecare gli interessi criminali e quelli imprenditoriali, secondo la logica della reciprocità di vantaggi»: il clan otteneva «risorse, servizi o utilità», lui veniva agevolato in tutto «nell'affermarsi nel settore di competenza», col solito sistema 'ndranghetistico di creare un "monopolio di fatto" per imprese edili o fornitori "amici" nelle zone di propria egemonia criminale.

Resta un dato oggettivo: il suo clamoroso "boom" edilizio, con la realizzazione di decine di fabbricati. Tra Modena e Ciccarello: abitazioni private in via Calveri (tra le quali quella della figlia Katia e del consiglier comunale Tonino Matalone), i condomìni "Narciso" e "Orchidea" in via Vico Cieco; i condomini "Serena", "Silvia", "Sandra" e poi "Samantha" di viale Laboccetta; i condomìni "Millennium" e "Concordia" in via Vico Ferruccio; un altro condominio in via Vico Ferruccio; un immobile in via Ciccarello, alle spalle del multisala "Lumiere". A Santa Caterina e ad Archi, invece: condominio "Aurora" in via Santa Caterina; fabbricato in via Montevergine («formalmente» di proprietà dell'altra figlia Silvia Ficara, che in realtà gli inquirenti apprendono «dimori stabilmente nel Comune di Milano, ove risulta essere una studentessa universitaria e lavoratrice a tempo determinato» della ditta di ristorazione Myami) che ospita peraltro la sede legale della società "Carmelo Ficara srl" ; condominio "Sole" e "Luna" lungo via Nazionale-Archi (realizzata dall'immobiliare Gesufi, per il 34% della moglie di Carmelo Ficara, Eleonora Faccì); residence "Diamante" in via Vico De Nava di Archi (composto da 51 appartamenti distribuiti in 3 fabbricati e con un quarto fabbricato articolato in 5 villette a schiera); condominio "Paradiso", sempre in via Vico De Nava di Archi. Nel quartiere della periferia Nord di Reggio Calabria, in particolare, Ficara realizza 7 fabbricati su circa 30mila metri quadri di terreno ai piedi della "Fornace" di zona Mercatello.

Dire che siamo davanti a "un impero" edile parrebbe persino riduttivo.

--banner--

IL CASO DI ARCHI. Ad Archi, poi, Concetto Ficara – figlio di Carmelo a sua volta attivo nel segmento edilizia – aveva l'idea di realizzare un investimento enorme per un mega-villaggio turistico su un'area molto estesa (che risulterebbe di 30mila metri quadri, evidenziano gli inquirenti) compresa tra la "Fornace" e il Cep, come spiegato dal giovane a Giuseppe Surace (figlio di Michele Surace) in una conversazione in auto captata il 7 luglio del 2017: «L'intervento che voglio fare io là è un intervento che se si concretizza, veramente io campo di rendita. Voglio fare su centomila metri, quasi centomila metri, voglio fare un intervento unico, un villaggio» dotato di attività ristorative, campi sportivi e persino di una grande "Città dei bambini". Nel frattempo, però, su parte di quel terreno dei Ficara il clan Condello aveva realizzato un ricovero per animali: evidentemente, con l'acquiescenza di Carmelo Ficara.

Tra le altre realizzazioni, l'Eurospin in via Vecchia Pentimele, su quasi 7mila metri quadri di terreno che il costruttore acquistò nel 2009 a un'asta bandita dall'Agenzia del Demanio, pagandola 950mila euro; in sèguito, per il terreno ebbe da Eurospin Sicilia 2.200.000 euro oltre Iva, per la costruzione del supermercato "chiavi in mano" altri 2.400.000 euro oltre Iva.

L'EDICOLA A SANTA CATERINA. Altro "caso" clamoroso ricostruito meticolosamente, la vicenda della nuova edicola-tabacchino allestita da Carmelo Ficara in via Santa Caterina, nel condominio "Aurora" (peraltro da lui edificato). L'attività venne gestita dalla figlia Serena Ficara e dal suo fidanzato Filippo Crea, pur risultando ancòra formalmente in capo a Benedetto Di Lollo. Che nel tabacchino lì originariamente presente due anni fa subì un gravissimo incendio, per poi trasferire la propria attività (e il 18 maggio 2017 proprio Crea fu assunto part-time da Di Lollo come addetto alle vendite).

Il fatto è che esisteva un antico contenzioso con l'Aams e Di Lollo, che non risultava in regola coi pagamenti. Senza un formale passaggio di proprietà, la documentazione a supporto risultava precaria; e quando scatta un controllo dei Carabinieri, Serena Ficara lo vive come un dramma, con concitate conversazioni telefoniche tra lei e la sorella Katia. Mentre il 29 marzo 2017 quando c'è da dare gli estremi a Lottomatica, la stessa Serena si spaccia per Orsola Di Lollo (nel frattempo diventata titolare della concessione Lottomatica in vece del fratello) e fornisce un nuovo numero telefonico per i contatti: il proprio. Poi intervenne un temporaneo blocco del servizio per l'antico contenzioso tra l'Aams e lo stesso Di Lollo.

In seguito, Serena e Orsola Di Lollo (peraltro moglie di Donatello Canzonieri, considerato personaggio di primo piano della cosca De Stefano-Tegano) andranno insieme fino a Cosenza per mettere tutto in regola, sempre coi soldi di Carmelo Ficara, il reale deus ex machina dell'attività: ma alla fine, malgrado i 70mila euro della cessione dell'esercizio e i 30mila di debiti dei Di Lollo pagati dai Ficara, la concessione per il gioco del Lotto verrà revocata.

IMPRENDITORE "LIQUIDO". Secondo De Rosa, Carmelo Ficara aveva disponibilità di liquidità immense: di sole locazioni, ha riferito il "pentito", incassava qualcosa come 50mila euro al mese. Una volta, dovendo acquistare un appartamento in via del Salvatore, «mi ha detto "quanti soldi servono?" "60.000 euro" apre la cassaforte, prende una mazzetta di soldi, ci saranno stati 150- 200.000 euro..."metti sti 60.000 euro qua... chiama a questo qua... digli che se vuole ora 60 se li piglia..." perché la casa era tipo 75..."se li vuole 60 sono qua sul tavolo... viene, se li piglia e se li porta, ci vediamo dal notaio"», è il racconto di un incredulo Enrico De Rosa.

LE INTIMIDAZIONI SUBITE. Eppure, Ficara subì una «posizione di sofferenza passiva» perché sistematicamente vittima di taglieggiamenti. E persino d'intimidazioni, come tra il 2005 e il 2007 nei cantieri di via Laboccetta. Gli atti estorsivi sarebbero stati messi in campo da Pino Modafferi, cioè uno degli imprenditori "protetti" dai Caridi-Borghetto-Zindato (nel caso specifico, per i lavori di carpenteria). Dirà il "pentito" Enrico De Rosa degli attentati a Ficara e del suo rapporto con Giovanni Maria De Stefano: «Benissimo, e gliel'ha aggiustata Giovanni , Giovanni gliel'ha aggiustata con Checco Zindato (...) non pagava a nessuno Carmelo! (...) Carmelo a Modena non gli ha dato confidenza a nessuno. Poi si sono accordati con le facciate. Perché Checco prendeva una parte delle facciate di Tommaso Paris». Specificherà comunque De Rosa: «Io queste cose le ho sapute da Sonsogno».

In un'altra occasione, il costruttore invece fu costretto a intestare indebitamente un appartamento di un vasto complesso residenziale in via Laboccetta a Eugenio "Gino" Borghetto: in precedenza, contro la sua abitazione di via Calveri erano stati esplosi diversi colpi di pistola, in seguito aveva ricevuto una lettera anonima con cui gli si chiedeva un "pizzo" da 400mila euro. Ficara spiegherà che nel 2003, praticamente "al posto" del denaro diede un appartamento a Borghetto, «cessione per la quale quest'ultimo non aveva versato un solo euro e per la quale il medesimo aveva mostrato di non avere intenzione di versare alcunché anche in futuro».

In ogni caso, è vero anche che durante il processo "Alta Tensione 1" Carmelo Ficara e la figlia Caterina affermarono «di non aver mai ricevuto richieste estorsive, in contrasto, fra l'altro, con quanto affermato nel corso delle indagini preliminari».

La situazione risultava comunque molto "seccante" per il costruttore. Al punto che, sentito sempre nel contesto del processo "Alta Tensione 1", Ficara dirà tra l'altro che il suo vero proposito non era "migrare" professionalmente dalla zona Sud al quartiere di Archi, ma «allontanarsi da Reggio Calabria in quanto stanco di dover pagare per ogni sua realizzazione tangenti con percentuali variabili tra il 5%, 10% e 12%».

Su queste rogne, tuttavia – si spiega nel provvedimento – prevalgono gli enormi vantaggi prodotti da una "protezione" che lo porta presto a essere un autentico dominus del settore edile a Reggio Calabria, grazie a un «legame sostanzialmente societario» con la 'ndrina di turno.

Del resto, come esposto a più riprese dai collaboratori di Giustizia Mariolino Gennaro, Enrico De Rosa e Giovanni Battista Fracapane, indicando espressamente il nome di Carmelo Ficara tra gli imprenditori beneficiari del "sistema", «la quasi totalità dei circuità economici subiscono "iniezioni" di capitali provenienti da attività illegali di vario genere, le quali vanno inevitabilmente ad alterare le regole della concorrenza e del mercato». Ma soprattutto, le società beneficiate dalle 'ndrine si sarebbero imposte in chiave imprenditoriale «inquinando il mercato ed impedendo agli imprenditori onesti (sprovvisti di sponsor mafiosi e della connessa liquidità) di competere in condizioni di parità», si legge nel decreto, che al riguardo classifica come Ficara tra gli imprenditori «collusi c.d. strumentali, ovverosia capaci di creare con la 'ndrangheta accordi limitati nel tempo e definiti nei contenuti, negoziando caso per caso l'eventuale reiterazione del patto, secondo le esigenze contingenti».

L'ESTORSIONE ALLA COBAR. L'azienda Cobar (amministratore unico, Vito Barozzi) s'era aggiudicata un lavoro molto importante: la riqualificazione del Museo nazionale della Magna Grecia, per un importo da 20 milioni di euro.

I lavori partirono il 10 novembre del 2008. Quello stesso giorno, nelle prime ore del mattino, due persone intimarono a un operaio d'interrompere il carico e scarico di materiali, chiedendo con veemenza di parlare col direttore dei lavori Michele Santoro: intorno alle 13 in quattro, armati di pistola, a bordo di due auto bloccarono l'autocarro condotto dallo stesso operaio. Successivamente, Demetrio "Tattoo" Sonsogno (braccio armato dei De Stefano che Francesco "Checco" Zindato scelse come successore per la reggenza nella cosca Caridi-Borghetto-Zindato) e Vincenzino Zappia pretesero somme per oltre 150mila euro e imposero l'assunzione di quattro persone "gradite" («decidemmo di assumere alcuni operai indicati dagli intimidatori e Santoro mi riferì che quattro di loro furono assunti per tacitarli, scegliendo loro tra le molteplici richieste che giungevano in cantiere; tra questi, sin dall'inizio, fu assunto Sonsogno Carmelo, quindi successivamente furono assunti: Pensabene Salvatore, Assumma Arturo e Mandalari Rocco», rammenterà Barozzi, escusso come teste, dopo un primo esame in cui, intimorito, aveva "preferito" non raccontare tutti i particolari) e una serie di forniture da parte d'imprese direttamente o indirettamente controllate dai De Stefano, tra le quali c'era anche Ficara: per lo stoccaggio temporaneo dei reperti museali venne infatti individuato un deposito in via Laboccetta, dietro corresponsione al costruttore di circa mille euro al mese.

Addirittura, il clan De Stefano avrebbe imposto alla Cobar persino l'albergo (l'Hotel Lido) presso il quale alloggiare.

IL RAPPORTO CON LA POLITICA. Nel decreto di fermo appaiono i rapporti intrattenuti da Ficara con due consiglieri comunali reggini in carica. Uno è Tonino Matalone, consigliere comunale d'opposizione che risulta suo genero, avendone sposato la figlia Caterina "Katia" Ficara (con la quale il consigliere vive peraltro, insieme ai figli, in un immobile costruito dallo stesso imprenditore nella zona Sud della città). Matalone, però, è anche uno dei soci della Play Emotion, società a responsabilità limitata costituita 5 anni fa i cui soci oltre al consigliere comunale erano Giuseppe Surace (figlio di Michele) e Giorgio Giordano (figlio di Andrea), «ma che di fatto – si legge nel provvedimento – era riconducibile (oltre che agli odierni indagati) anche ai fratelli Martino, esponenti di spicco della 'ndrina milanese».

Con la Play Emotion venne aperta una sala Bingo a Cernusco sul Naviglio, nel Milanese. E sempre con la Play Emotion venne "disegnata" l'apertura di un'altra Sala Bingo a Reggio, a Gebbione (zona Sud), e precisamente nell'immobile che ospitò il centro commerciale "Il Girasole", oggi "quartier generale" designato della Hermes, società in house del Comune risultante dalla fusione di Reges e Recasi. Obiettivo da perseguire acquisendo una sala già operativa a Polistena («Non fa niente, è pronto per chiudere, apposta m'interessa!» dirà Michele Surace in una conversazione captata), per poi trasferirla di sede: obiettivo talmente concreto che sempre in conversazioni intercettate lo stesso Surace già si poneva il problema dell'estrema vicinanza dell'Istituto "Boccioni" – anche se in realtà l'apertura della Sala Bingo sarebbe stata esclusivamente serale – e ancor prima dell'effettiva trasferibilità della sede della sala polistenese, posta in discussione in quanto «scaduta» (come peraltro il 95% delle concessioni in essere nelle 210 sale Bingo del Paese).

Peraltro, la moglie di Matalone sul fronte delle compravendite edili non è una comparsa: nella ricostruzione investigativa è proprio Katia Ficara ad agire in prima persona per conto del padre, che il 19 giugno del 2009 le conferisce procura generale «affinché, in suo nome e vece ed in nome ed in vece dell'impresa individuale, amministri tutti i beni di proprietà del mandante, dovunque posti, e che potrà in avvenire possedere...».

E poi di riflesso c'è anche Nicola Paris. Non è direttamente citato, il consigliere comunale di centrosinistra (in passato, era sempre in maggioranza ma per il centrodestra) delegato ai Grandi eventi e da poco anche all'Edilizia scolastica, ma è "presente in spirito" nel provvedimento in quanto fratello di Tommaso Paris, soggetto con cui Carmelo Ficara ha spesso avuto a che fare.

Arrestato il 29 ottobre del 2010 (e scarcerato l'anno dopo) nel contesto dell'operazione "Alta Tensione" per varie ipotesi di reato tra cui, inizialmente, l'associazione mafiosa, due anni fa in appello Tommaso Paris venne assolto (la Procura generale aveva invece chiesto 16 anni di reclusione: in primo grado di giudizio, peraltro, l'imprenditore era stato condannato a 11 anni). Secondo la ricostruzione investigativa, Ficara assegnava sistematicamente all'impresa di Paris la pitturazione delle facciate degli stabili che costruiva nei quartieri di Modena e Ciccarello perché parte dei proventi andava direttamente a "Checco" Zindato.