Il pentito Fiume: "Quel patto tra la massoneria e i De Stefano"

massoneriadi Claudio Cordova - "Riservati", "Reggio Bene". Quando a deporre è il pentito Nino Fiume, le espressioni nuove, talvolta improprie, non mancano mai. Tuttavia, l'ex killer della cosca De Stefano riesce a fornire sempre un quadro d'insieme che può in parte a spiegare la rete di rapporti, amicizie, connivenze, su cui Reggio Calabria si è poggiata (e probabilmente si poggia). Fiume depone nel procedimento "Archi-Astrea", che vede alla sbarra soggetti ritenuti affiliati o comunque vicini alla cosca Tegano, che negli anni avrebbe messo le mani sulla società mista Multiservizi, sciolta, ancor prima del Comune, per infiltrazioni mafiose, anche a causa dell'arresto del direttore operativo, Pino Rechichi, ritenuto organico ai Tegano.

Un patrimonio conoscitivo grandissimo, quello di Fiume, che avrebbe vissuto per anni gomito a gomito con Peppe De Stefano, ritenuto dalla Dda il vero e indiscusso capo della città: "Aveva delle persone riservate come Fabio Cutrupi, Nino Richichi ed Ernesto Spadaro, erano persone che lavoravano nell'ombra, di tanto in tanto si riferiva ad alcuni soggetti dicendo "a questo lo dobbiamo tenere mucciato" (nascosto, ndi)".

Un patrimonio che forse, negli anni, non è stato valorizzato a dovere.

Lo spunto per le lunghe digressioni di Fiume arriva ora dalle domande del pubblico ministero Giuseppe Lombardo, che da anni (anche grazie alle rivelazioni dei pentiti) indaga sui nuovi assetti criminali cittadini. La figura su cui il rappresentante dell'accusa spinge di più è quel Giovanni Zumbo, attualmente accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver fornito "soffiate" alle cosche Pelle e Ficara. Zumbo, però, è già stato condannato in abbreviato a cinque anni di galera, proprio per le triangolazioni societarie che avrebbero permesso ai Tegano di impadronirsi di Multiservizi: "Lo conosco da quando eravamo piccoli – dice Nino Fiume – lui frequentava sia Peppe che Carmine De Stefano, ma a me non piaceva, lo tenevo alla larga perchè era invadente, aveva comportamenti che non mi piacevano, gli interessavano i meccanismi riguardanti l'associazione, ma non si capiva se era carne o pesce". Insomma, a detta di Fiume, sarebbe stato uno di quei soggetti che avrebbero vantato le proprie amicizie, tanto nella 'ndrangheta, tanto nelle Istituzioni: "A lui andava bene che si sapesse che aveva determinati contatti". Allo stesso modo, però, Zumbo sarebbe stato una persona "a disposizione" della cosca, anche con riferimento a situazioni molto delicate: "Tra il '98 e il '99 – afferma il collaboratore – Zumbo si interessò di una causa di confisca per la famiglia De Stefano. Lui poteva avere carte, si vantava di essere amico del giudice Foti, poteva accedere nel suo ufficio, poteva accedere ovunque, la causa finì bene per i De Stefano". E nella vicenda un ruolo lo avrebbe avuto anche la famiglia Giglio, assurta alle cronache con l'arresto (e la condanna di primo grado) dei due cugini Vincenzo Giglio, magistrato e medico, in contatti con la famiglia calabro-milanese dei Lampada. Nella causa di confisca, però, il ruolo principale l'avrebbe avuto Mario Giglio, di professione avvocato: "Era una famiglia importante, in un certo periodo lo vedevo con i De Angelis (imprenditori della Piana di Gioia Tauro, ndi), con Pasquale Utano (ritenuto organico alla cosca Tegano, ndi), avevano degli affari con i superati in cui c'era anche Dominique Suraci". Fatti acquisiti da tempo (Fiume è pentito dal 2002) che solo pochi mesi fa, però, hanno portato alle ordinanze d'arresto per Dominique Suraci e alcuni esponenti del suo entourage. Fatti di cui Fiume, a distanza di molti anni, conserva un ricordo molto limpido: "Mario Giglio ci chiese appoggio elettorale, offrendo venti posti di lavoro in giornale Postalmarket, che era gestito da un politico di sinistra che poi è diventato ministro".

Sarebbero state tante le amicizie di Giovanni Zumbo, anche negli anni antecedenti al periodo in cui tutta la città inizierà a conoscerlo come "talpa" della 'ndrangheta: "Aveva amicizie nelle forze dell'ordine, ma Giuseppe De Stefano si teneva lontano da queste cose, era più interessato Carmine". Forze dell'ordine, ma anche Servizi Segreti. Quei Servizi Segreti con cui Zumbo avrebbe avuto un rapporto assai stretto, prima ufficialmente, poi con azioni sporche. E nel calderone finisce anche il politico Alberto Sarra, che per un periodo di tempo offrirà lavoro nella propria segreteria politica allo stesso Zumbo: "Ci dicevano di cambiare strada quando vedevamo Alberto Sarra, perché è in rapporti con i Servizi, ma queste non sono cose nuove, io ne avevo già parlato tempo fa con il dottore Boemi".

Grazie ai vari Zumbo, dunque, la cosca De Stefano avrebbe ripreso la leadership cittadina, dopo i fasti di Paolo De Stefano, assassinato agli albori della seconda guerra di mafia: "Si sentivano intoccabili – dice Fiume – avevano una rete di protezione e temevano solo il procuratore Vigna che ce l'aveva con loro per l'omicidio Ferlaino (Avvocato Generale dello Stato assassinato nel 1975 a Lamezia Terme, ndi)". I De Stefano, dunque, sarebbero stati di un livello superiore rispetto alle altre famiglie di 'ndrangheta, soprattutto grazie alla "barriera", fatta di collusioni istituzionali, che sarebbero riusciti a innalzare, diventando sostanzialmente invulnerabili: "C'era un patto, un accordo, con le persone della massoneria che rispettavano i figli di Paolo De Stefano, era l'avvocato Giorgio De Stefano che gestiva questo tipo di rapporti con la massoneria, anche se la signora Rosa Errigo (madre di Giuseppe e Carmine De Stefano, ndi) gli contestava di aver fatto perdere molti beni alla famiglia".

Servizi Segreti, massoneria, imprenditoria, 'ndrangheta. I De Stefano sarebbero la famiglia che più di ogni altra sarebbe riuscita a integrarsi con la "Reggio Bene" (per usare le parole di Fiume): "Si faceva a gara per essere amici dei De Stefano" dice il pentito. Ecco la "Reggio Bene", la società reggina che ha aperto le proprie porte alla 'ndrangheta: "Tanti fanno i paladini dell'antimafia, ma poi vanno a cena con i figli dei boss".