di Claudio Cordova - "Tutti i collaboratori di giustizia ci dicono che Carmelo Murina è un capo e quindi va trattato come tale". E' possibile sintetizzare così le motivazioni per le quali il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha richiesto la condanna a diciotto anni di carcere per il presunto reggente del rione Santa Caterina, l'uomo che, per conto dei Tegano, avrebbe amministrato quella parte di città da sempre strategica negli equilibri criminali reggini. E se la richiesta nei confronti di Murina è molto dura (anche in base al passato criminale dell'uomo), sono altrettanto pesanti le pene invocate dal rappresentante dell'accusa nell'ambito dello stralcio del procedimento "Agathos": ventidue anni di carcere per Francesco Trimboli, detto "Ciccio Mercatone" e sette anni di galera per Giuseppe Morabito.
Il primo, infatti, è considerato un personaggio chiave per la gestione dei Tegano dei lavori di pulizia dei treni all'interno della stazione ferroviaria di Reggio Calabria. Passaggi, quelli che hanno per protagonista la cooperativa "New Labor", cristallizzati nel procedimento celebrato con rito abbreviato, che, appena poche settimane fa, ha visto una pioggia di condanne sugli elementi più importanti della cosca Tegano. Francesco Trimboli, indicato nelle conversazioni con l'appellativo "il principale" sarebbe stato un soggetto pienamente consapevole delle attività dei Tegano, che, anzi, avrebbe favorito in maniera decisiva. La cosca, infatti, avrebbe controllato le maestranze della cooperativa "New Labor", vincitrice di un appalto pubblico, ma non per questo denunciante contro la 'ndrangheta. La Procura della Repubblica di Reggio Calabria, sarà peraltro il primo ufficio ad applicare il pacchetto sicurezza che priverà i fratelli Dimo (proprietari della cooperativa) della possibilità di partecipare ai pubblici appalti a causa della mancata denuncia. Una legge che, successivamente, verrà modificata rendendo quello contro i Dimo un unicum nelle misure contro la criminalità organizzata: "Ma di cosa stiamo parlando?" si chiede tra l'amaro e l'ironico Lombardo. Trimboli, dunque, sarebbe stato pienamente consapevole del proprio ruolo: da qui, dunque, la pesantissima richiesta. Così come sarebbe stato più che consapevole Giuseppe Morabito, presunto responsabile mafioso della zona di Terreti, che ha ospitato la latitanza del superboss Giovanni Tegano. Gli agenti della Squadra Mobile di Reggio Calabria, infatti, scoveranno Tegano, nell'aprile 2010, proprio all'interno dell'abitazione di Morabito: "Per lui il capo d'imputazione si è scritto da solo" dice Lombardo in aula.
Ma il protagonista è proprio Carmelo Murina, che il pm, alla luce delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nino Lo Giudice, Consolato Villani, Umberto Munaò, Giacomo Toscano e Roberto Moio, definisce un vero e proprio capo: "Così come per Giovanni Tegano – dice Lombardo – i collaboratori non hanno bisogno di specificare altro, quando parlano di Murina. Si limitano a dire Carmelo Murina è Carmelo Murina". A Santa Caterina, infatti, avrebbe fatto il bello e il cattivo tempo e la concordanza dei pentiti, da Roberto Moio "il nipote dei Tegano", a Nino Lo Giudice, l'ex capo di Santa Caterina ne sarebbe la prova più schiacciante. Moio, infatti, parla da soggetto pienamente inserito nelle dinamiche della famiglia (sarebbe stato il responsabile delle "mazzette" negli appalti della stazione ferroviaria), mentre Nino Lo Giudice, che pure avrebbe potuto avere il dente avvelenato contro Murina, non sminuisce affatto il ruolo che l'uomo avrebbe avuto a Santa Caterina.
Dopo la requisitoria del pm Lombardo, la parola è passata alla difesa, con le arringhe dell'avvocato Francesco Calabrese. Domani, invece, toccherà agli avvocati Umberto Abate ed Ettore Aversano. Per ultimo, il 20 febbraio, dovrebbe parlare l'avvocato Antonio Managò. Poi il Collegio dovrebbe entrare in camera di consiglio per la sentenza.