Molteplici le ragioni che hanno indotto l'Università per Stranieri "Dante Alighieri" e la sezione reggina dell'Associazione Pedagogica Italiana ad organizzare un convegno su don Lorenzo Milani.
Ricorre quest'anno il cinquantenario della morte di don Milani, circostanza che non può essere ignorata trattandosi di un personaggio che negli anni 50 e 60 del secolo scorso ha costituito, nel bene e nel male, un punto di riferimento del dibattito culturale e della evoluzione del costume civico del nostro Paese.
Il Magnifico Rettore prof. Salvatore Berlingò, addivenendo alla proposta del Presidente della sezione As.Pe.I. di Reggio Calabria, ha convenevolmente ritenuto di inserire la commemorazione di don Milani tra le iniziative approntate per ricordare il decennale del riconoscimento da parte del MIUR dell'Università "Dante Alighieri".
Il convegno, a cui ha preso parte una ragguardevole rappresentanza della comunità reggina e delle Autorità cittadine, tra cui Sua Eccellenza il Prefetto Michele di Bari, ha costituito uno dei momenti di maggiore intensità culturale che ha profondamente coinvolto la sensibilità e le emozioni dei presenti.
Difatti, la tematica oggetto del Convegno ha riguardato uno degli aspetti più fortemente caratterizzanti il pensiero e l'opera del Priore di Barbiana: "Il coraggio della parrhesia", ossia il coraggio di usare, con responsabilità e avvedutezza critica, la facoltà di parlare liberamente, di far valere le ragioni del proprio pensiero nel contesto di un apparato normativo che può risultare, talora, comprimente la personalità o la coscienza dei cittadini.
Il Prof. Angelo Vecchio Ruggeri, Presidente della sezione reggina dell' A.S.Pe.I., introducendo i lavori del Convegno, ne ha illustrato le finalità mettendo in risalto la figura di don Milani e il valore del suo pensiero pedagogico e l'intero impianto didattico innovativo che ha contribuito, e ancora concorre, a dare una diversa e rinnovata configurazione alle metodologie con cui far perseguire la formazione dei giovani studenti, mostrando quanto sia ancora valida la didattica cooperativa.
Il Rettore prof. Salvatore Berlingò, a sua volta, rammentando l'opera sociale di don Milani, ha considerato i rapporti difficili che ebbe con le gerarchie ecclesiastiche, esaltando l'integrità morale e le profonde convinzioni religiose della fede che sosteneva il sacerdote.
La tematica del convegno ha avuto, di seguito, una narrazione appassionata e coinvolgente da parte del Prof. Sergio Tanzarella, Docente di Storia della Chiesa nell'Università Gregoriana, nonché profondo studioso dell'opera milaniana e coestensore delle note critiche che corredano l'Opera omnia del sacerdote, edita da Mondadori, e curatore, in modo particolare, delle oltre mille lettere scritte da don Milani durante l'intera sua militanza sacerdotale e civile.
Il Prof. Tanzarella, soffermandosi sulla complessa personalità di don Milani si è occupato, dal punto di vista storico e teologico, dell'uomo e del cittadino prima, evidenziandone i rapporti familiari, sempre intensi e amorevoli, con il padre e la madre, per proseguire con una profonda riflessione sul suo essere sacerdote.
Citando la nota opera "Le esperienze pastorali", il prof. Tanzarella ha evidenziato quanto valore don Milani attribuisse al sapere, alla conoscenza; di come poter e dover dispensare il sapere e di come porsi nei confronti di chi non ha , di chi non sa. Ha dato conto dell'attività pastorale ed educativa sviluppata dapprima a San Donato e, successivamente, a Barbiana, ove don Milani venne destinato dalla gerarchia religiosa e ove don Lorenzo si considerò posto come in un luogo di esasperante marginalizzazione.
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Ma a Barbiana, ha fatto notare Tanzarella, il Priore adatta e trasforma la sua pastorale volgendola interamente alla cura e salvaguardia dei più poveri, degli esclusi dal circuito sociale. In particolare, indirizzando tutte le sue cure e attenzioni alla formazione civica dei ragazzi, altrimenti destinati alla disinformazione. Nemmeno l'enorme eco che la pubblicistica del tempo dette agli ulteriori scritti di don Milani, "Lettera ai Cappellani militari" e "Lettera ai Giudici" è stata tralasciata dal prof. Tanzarella che ha evidenziato la sottile distinzione presente in don Milani tra coscienza e obiezione di coscienza. Il problema posto dal Priore di Barbiana, che fu spesso frainteso e strumentalizzato, non fu tanto la difesa della obiezione di coscienza in sé quanto la difesa della "coscienza" dell'individuo, coscienza capace di incardinarsi nella storia e nella verità.
Le considerazioni conclusive del prof. Tanzarella hanno poi toccato ciò che rappresentò Barbiana per don Milani nei dieci anni di apostolato in quella periferica realtà territoriale. Il Priore di Barbiana voleva conseguire, in buona sostanza, una finalità pedagogicamente rilevante: dare ai suoi ragazzi la parola. La parola fu lo strumento principale del suo insegnamento; ed infatti dare la parola volle significare non solo ampliare il vocabolario dei suoi allievi, ma fornirli di una capacità critica che consentisse loro di usare il linguaggio per confrontarsi con il mondo e per comprendere bene ciò che essi dovevano fare nella vita e come predisporsi all'inserimento nel circuito sociale.
Questo il testamento di don Milani che, uomo, cittadino e sacerdote intriso di impegno totale, ha mostrato di poter essere nel nostro Paese un autentico rivoluzionario: con la parola, con il pensiero, con il comportamento rigorosamente volto al rispetto delle leggi e alla continua ricerca dell'uso della legge da far corrispondere alle esigenze della coscienza umana, della libertà e della giustizia.