di Claudio Cordova - Una 'ndrangheta arrogante, che pretende, con la forza e con la minaccia, di entrare negli appalti pubblici, nuove leve che scalpitano, a suon di intimidazioni, per farsi strada nel panorama criminale, una comunità totalmente assoggettata, una pubblica amministrazione che non riesce a fare muro. Sono gli elementi dell'inchiesta "CUMBS-Banco Nuovo", curata dalla Dda di Reggio Calabria e portata a compimento da Polizia e Carabinieri con 46 misure cautelari 31 in carcere (6 agli arresti domiciliari e 9 all'obbligo di dimora), nei confronti delle famiglie mafiose di Africo e Brancaleone, nell'area jonica della provincia.
Gli inquirenti contestano i reati di associazione mafiosa - un'organizzazione di 'ndranghetaoperantenel versante jonico della provincia reggina, deditaprincipalmente all'assegnazione dei subappalti, forniture di mezzi e materiali al fine di assicurare un'equa ripartizione dei proventitra famiglie di 'ndrangheta - falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, illecita concorrenza con violenza e minaccia, turbata libertà degli incanti,estorsione(tentata e consumata), rapina impropria,associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), violazione della legge sulle armi (pistole di vario calibro e fucili), ricettazione, aggravati dal ricorso metodo mafioso,ovvero commessi al fine di agevolare la 'ndrangheta, nonché di cessione di quantitativi variabili di sostanze stupefacenti.
Nel procedimento sono confluiti gli esiti di due diversi, ma convergenti, segmenti di attività d'indagine svolte con riferimento alla criminalità organizzata di tipo ndranghetistico, radicata ad Africo Nuovo, Motticella, Bruzzano Zeffirio, Brancaleone e zone limitrofe.
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In particolare, il Gruppo dei Carabinieri di Locri ha curato le indagini scaturite dall'omicidio del ristoratore di Brancaleone (RC) e proprietario del ristorante "Venezia" Luciano Criseo, avvenuto a Brancaleone (RC) il 28 marzo 2009, con le quali è stato possibile accertare complessivamente una massiva infiltrazione della 'ndrangheta nel settore degli appalti pubblici ed il potere di condizionamento mafioso degli organi istituzionali pubblici. Il secondo segmento investigativo è costituito dalle attività condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato P.S. di Condofuri, da cui sono emersi reati in materia di armi e di stupefacenti da parte di un gruppo criminoso "di nuova generazione" venutosi a creare in Brancaleone, ovvero la nascente cellula denominata "CUMPS" dai suoi stessi appartenenti, lembo di territorio che è sempre stato considerato sotto il controllo del locale di Africo.
Fin dall'avvio delle investigazioni è emersa l'appartenenza degli indagati alla 'ndrangheta, nelle diverse formazioni che insistono sui centri di Brancaleone, Africo e Bruzzano Zeffirio, con particolare riferimento ai nuovi assetti organizzativi e ai ruoli rivestiti dai singoli affiliati, rimodulati a seguito della "pace" venutasi ad instaurare tra le diverse cosche dopo la sanguinosa faida di Africo-Motticella, che aveva visto affermarsi i gruppi Palamara-Scriva e Mollica-Morabito.
Tale tendenza alla rimodulazione degli assetti - funzionale al controllo dei pubblici appalti nell'area di influenza - trova specifica conferma nelle indagini che hanno interessato il territorio di Brancaleone, documentando come il processo di riorganizzazione abbia dato origine ad un"Banco nuovo", con una nuova locale e la conseguente ridefinizione dei ruoli dei singoli affiliati. Già nell'operazione denominata "Crimine" si aveva modo di apprendere come: "...Le complessive acquisizioni investigative consentono di affermare che il termine "fare il banco nuovo" è sinonimo di "fare un nuovo locale"e, di conseguenza, costituire al suo interno una "nuova società" con tanto di "cariche"...".
È stata accertata la persistente intrusione della 'ndrangheta nella gestione dei lavori e delle opere pubblici, sia per quanto concerne il movimento terra, il trasporto e la fornitura di materiali inerti, sia con riferimento alla fornitura di mezzi e di manodopera, oltre che al pesante condizionamento degli organi istituzionali pubblici.
Al "Banco nuovo"di Brancaleone sarebbero affiliati i fratelli Alati, Annunziato, Pietro e Giuseppe, con un ruolo di assoluto rilievo nel condizionamento delle scelte di quell'amministrazione comunale. Figura di spicco è risultata indubbiamente quella di Annunziato Alati, quale gestore di fatto della ditta Tripodi Veneranda e titolare di un'impresa individuale di movimento terra, pulizia strade ed aree verdi, acquedotti e fognature, che attraverso continue e ripetute minacce ha sistematicamente sbaragliato la concorrenza di altri imprenditori del settore, monopolizzando il mercato e aggiudicandosi ogni pubblica commessa.
'Ndrangheta selvaggia, che non avrebbe esitato a minacciare imprenditori e amministratori locali per infiltrarsi nei lavori della rete idrica e fognaria, ma anche del cimitero di Brancaleone, nonché della stazione dei Carabinieri di Africo: "In alcuni territori – afferma il procuratore capo, Federico Cafiero De Raho – gli imprenditori puliti non possono lavorare e bisogna subire la violenza. Quello che c'è da chiedersi è come si possa sopportare tutto ciò senza denunciare: il primo nemico da abbattere è l'omertà. Se gli imprenditori denunciassero noi potremmo con un unico provvedimento di fermo arrestare tutta la 'ndrangheta".
Le indagini hanno restituito, impietosamente, l'immagine di un comune, quello di Brancaleone, di fatto ostaggio dei componenti della famiglia Alati e dei loro metodi tipicamente mafiosi: era ben nota anche agli stessi amministratori comunali la forte influenza di Pietro Alati, fratello di Annunziato e impiegato presso l'ufficio tecnico del Comune di Brancaleone, aduso a condizionare, con metodi tipicamente mafiosi, l'affidamento dei lavori in somma urgenza: "Si vuole una Pubblica Amministrazione inefficiente per generare emergenze e quindi poter aggirare le regole" afferma il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. Da parte di Annunziato Alati gli inquirenti avrebbero registrato ben 16 episodi estorsivi, dimostrazione del controllo opprimente effettuato su ogni fonte di denaro pubblico sul territorio. I motivi della mancata denuncia sarebbe da ricercare nel sostegno politico che l'amministrazione comunale in carica, nel 2014, reduce dal secondo mandato consecutivo, ha sempre avuto dagli Alati, ricompensati, soprattutto nel quinquennio precedente, con il sistematico affidamento dei lavori in somma urgenza.
Gli appalti sopra i 140-150mila euro sarebbero stati ad appannaggio della 'ndrangheta che conta e, in particolare, della cosca Morabito di Africo, mentre per i lavori di importo minore sarebbe stata lasciata maggiore possibilità d'azione ai gruppi collaterali. Proprio in ragione di tali accordi, l'esecuzione di diverse opere pubbliche – sia per quanto concerne il movimento terra, il trasporto e fornitura di inerti, sia per la fornitura di mezzi e manodopera nell'area di riferimento – è stata portata avanti senza che la ditta appaltatrice o le ditte interessate a qualunque titolo ai lavori abbiano patito danneggiamenti.
Non sono peraltro mancati i tentativi di resistenza degli amministratori, come l'adozione di meccanismi di rotazione tra gli imprenditori destinatari delle commesse comunali: tali buoni propositi, però, si sono infranti contro il clima di terrore imposto dagli indagati, che, ricorrendo a metodi intimidatori tipicamente mafiosi, hanno costretto gli altri imprenditori del settore a rifiutare i lavori che gli amministratori intendevano affidare loro.
Di tutte le numerose condotte intimidatorie documentate nel corso delle investigazioni, hanno un valore particolarmente significativo gli eventi del 10 luglio 2014, allorquando i fratelli Annunziato e Giuseppe Alata irruppero nel corso di una seduta della Giunta Comunale di Brancaleone per minacciare apertamente il sindaco e gli amministratori presenti, intimando loro di assegnare i lavori di manutenzione idrica nel territorio comunale ad Annunziato, in esclusiva, senza alcuna rotazione tra le ditte da incaricare e non dando corso alla gara ad evidenza pubblica già indetta: "Pisciaturi di merda" il grido all'indirizzo degli amministratori, che dovevano sottostare alle ditte compiacenti.
La 'ndrangheta, dunque, non mette in discussione le regole e mostra il proprio volto tradizionale, fatto di controllo del territorio e violenza: gli indagati monitoravano le auto delle forze dell'ordine, al fine di poter eludere le investigazioni e arrivavano anche a sparare in pieno giorno per mantenere il controllo sulla popolazione, attraverso il terrore.
Non sono mancate, tuttavia, eccezioni alla regola, determinate essenzialmente dall'avidità dei singoli affiliati: in particolare, per l'appalto che prevedeva il consolidamento del cimitero di Brancaleone, ove nonostante l'importo dell'opera fosse decisamente inferiore a quello della soglia stabilita, la cosca africese riusciva ad inserirsi nella gestione indiretta dell'appalto, oppure nei piccoli lavori di manutenzione della caserma dei Carabinieri, per i quali preventivi accordi orientati dagli affiliati determinavano l'aggiudicazione a favore di una impresa compiacente, che lasciava eseguire l'opera a soggetti indicati e che canalizzava la remunerazione dell'appalto all'affiliato che si era adoperato per l'intermediazione. Peraltro, le conversazioni captate dei militari dell'Arma confermano come la sistematica infiltrazione negli appalti prescinda dalla stazione appaltante di riferimento e dal pur pesante controllo intimidatorio degli organi amministrativi istituzionale. Ne sono riprova, in particolare, le evidenze relative ai lavori di pulizia della strada provinciale che collega la frazione di Marinella a Bruzzano Zeffirio: benché l'opera prevedesse una pulizia dei bordi della strada per tutto il tratto della provinciale, gli operai dell'impresa aggiudicataria, una volta entrati nel comune di Bruzzano per proseguire i lavori, venivano avvicinati e veniva loro intimato di non "sconfinare" e a non proseguire nella zona di Bruzzano, poiché di pertinenza di un'altra cosca.
Analoga situazione è stata riscontrata dai Carabinieri di Bianco nel 2013, con riferimento alla conduzione dei lavori di ristrutturazione della Chiesa del "Santissimo Salvatore" della frazione Motticella, circostanza in cui l'imprenditore incaricato dell'opera è stato avvicinato da affiliati alle 'ndrine di Bruzzano che gli hanno imposto le forniture dei materiali ed estorto denaro contante.
Nella parte curata dalla Polizia di Stato, le indagini hanno consentito di individuare gli appartenenti al gruppo criminoso riconducibile a Falcomtà ed a Benavoli come soggetti legati alla figura di Saverio Mollica cl. 1958, soggetto quest'ultimo che,dagli atti della nota inchiesta "Il Crimine", aveva la sua volontà di acquisire la completa egemonia dell'intero comune di Bruzzano Zeffirio. Ebbene,nelle conversazioni intercettate nel veicolo di Filippo Palamara, Falcomatà e Benavoli erano dipinti come soggetti che manifestavano insofferenza per gli africoti, manifestando l'intendimento di affermare la loro supremazia sul territorio di Brancaleone. Contemporaneamente, un altro filone della medesima indagine consentiva di dare una chiave di lettura alla recrudescenza dei fenomeni criminali che avevano caratterizzato il territorio di Brancaleone in quel periodo, collegando gli stessi alla costante presenza in quel Comune di appartenenti alla criminalità organizzata africese, che si sono lì stabiliti, inquinando il tessuto sociale della cittadina jonica, anche attraverso l'acquisizione di attività economiche sane e floride.
Il riferimento è ai fratelli Bartolo, Giuseppe e Giovanni di Rocco che contando sull'appartenenza al casato criminale dei Morabito di Africo, il cui indiscusso capo bastone nel tempo è Giuseppe Morabito "Il Tiradritto", nonché sul suo vissuto criminale, avevano riunito intorno a sé un nutrito e coeso gruppo di giovani, per lo più residenti in c.da Razzà di Brancaleone o vie limitrofe alla stessa, le cui gesta e la cui struttura organizzativa appaiono aver da tempo superato la fase embrionale della costituzione di un'autonoma cosca.
Soggetti pericolosi, anche perché con una importante disponibilità di armi. Nel 2011 gli uomini del Commissariato di Condofuri ritrovano una vera e propria "Santa Barbara", composta da una considerevole quantità di armi clandestine, tra le quali quattro pistole semiautomatiche, di cui tre catalogate armi comuni da sparo ed una da guerra con tanto di silenziatore, un fucile a canne mozze, copioso munizionamento, una consistente quantità di polvere da sparo, nonché un efficace e tecnologico set atto alla ricarica delle munizioni. Il dato secondo cui i personaggi sottoposti ad indagine avessero la disponibilità di ulteriori armi è emerso chiaramente dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Maurizio Maviglia, allorquando egli ha dichiarato sul punto di essere a conoscenza del fatto che ulteriori armi erano rimaste nella disponibilità dei "Cumps" (derivazione del più classico termine di compari), essendo, peraltro, a lui noto che il gruppetto di Brancaleone aveva la disponibilità di armi. Nelle sue dichiarazioni, Maviglia non si è limitato a parlare di un gruppo delinquenziale stabile ed organizzato, ma ha tirato in ballo addirittura lo stesso Giuseppe Benavoli, padre di Paolo, titolare a suo dire nella scala gerarchica del locale di "ndrangheta", facente capo a Saverio Mollica, del ruolo di "santista", analogamente al di lui figlio Paolo, che invece nella stessa consorteria avrebbe la dote di malandrino ed è collegato con Giovanni Morabito, fratello di Bartolo, i quali hanno tanti interessi nel territorio di Brancaleone. Infatti, vi sono varie conversazioni da cui si arguisce che più persone si sono rivolte a Nicola Falcomatà per ottenere protezione e "giustizia" rispetto a reati patiti e asseritamente posti in essere da esponenti della comunità nomade. In detto contesto, Nicola Falcomatà parlando con un nomade di nome Patrizio indirizzava al suo cospetto gravi e pesanti minacce, manifestandogli di essere determinato a compiere anche gesti di estrema violenza nei confronti degli autori del reato, come spararli e gettarli in un pozzo per farne sparire i cadaveri. In alcuni casi impossibile dal momento che una buona parte dei cittadini di Brancaleone ha dimostrato di preferire di rivolgersi ai "Cumps", piuttosto che denunciare i fatti.