La comunità di Gallico Marina ha ricordato questa tragica data, ieri sera 15 settembre alle h 19,00, con la celebrazione di una S. Messa nella Chiesa S. Maria di Porto Salvo di Gallico Marina, in suffragio delle vittime dell’affondamento della nave traghetto “Scilla”.
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Nella fase più dura della prima guerra mondiale, la Germania decise di intensificare la guerra sottomarina, per tale scopo, parecchi UBOOT penetrarono nel Mediterraneo e sostarono nello Stretto di Messina con lo scopo di affondare navi destinate al trasporto passeggeri e merci. Il 28 agosto 1917, la nave traghetto “Scilla”, gemella della “Cariddi”, al comando del capitano di lungo corso Giovanni Fazio, con equipaggio al completo era partita da Reggio alle h. 18,15 con destinazione Messina allorchè giunta all’altezza della spiaggia “La Marinella”, davanti all’odierno villaggio “Il Limoneto”, situato tra Gallico e Catona, urtò contro una mina lasciata da un sommergibile tedesco; la nave in pochi minuti affondò provocando diciassette vittime tra equipaggio e passeggeri. Dopo il grande boato, un’immensa folla accorse terrorizzata sulla spiaggia di Catona, l’opera di soccorso per salvare i naufraghi fu impossibile per il gigantesco vortice prodotto dalla nave che affondava e che risucchiava le vittime; tra i soccorritori che si attivarono per portare aiuto ai superstiti, vi fu anche il medico gallicese Antonino Stilo. Il quotidiano “Il Corriere della Calabria”, descrisse in un articolo il terrore delle popolazioni rivierasche e il timore di queste di essere esposte ai bombardamenti nemici data la facilità e l’audacia con la quale il sommergibile che aveva provocato la strage, aveva potuto spingersi nelle acque dello Stretto. La nave giace ancora sul fondo del mare sul quale si era adagiata dopo l’affondamento, muta testimone di una guerra spietata e disumana.
La statua dell’Addolorata
Fu in questo periodo, costellato di tragedie e di lutti, che il parroco di Gallico Marina, sac. Francesco Morabito, decise di realizzare la statua della Madonna Addolorata, ancora venerata nella nostra comunità, l’incarico fu dato allo scultore reggino Letterio Allegra, un artista specializzato nella realizzazione di opere pittoriche e scultoree di soggetto sacro; le spese furono sostenute dalle offerte spontanee della popolazione, la spada d’argento e lo stellario furono offerti dalla sig.ra Michina Stilo-De Caridi. Nell’epoca post conciliare anche questa statua-manichino, rimasta per circa sessant’anni esposta dignitosamente sull’altare a Lei dedicato, fu rimossa; la permanenza per lungo tempo nei depositi della chiesa, soggetta alla polvere e abbandonata all’incuria, provocò danni irreparabili, in particolare ai tessuti. Negli anni ’80 il parroco don Demetrio Sergi, divenuto più critico riguardo alle tendenze liturgiche in voga in quel periodo, e animato da vera pietà mariana, volle ripristinare la statua ma solo per lo svolgimento della processione del Venerdì Santo. La devozione alla “Mater Dolorosa”, molto diffusa nei paesi del Mediterraneo, si sviluppò dal sec. XI e trasse origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine ai piedi della Croce; nel 1667 vi fu l’approvazione ufficiale del culto della Madonna dei sette dolori; il 18 settembre 1814, Pio VII, stabilì la festa dell’Addolorata per tutta la chiesa; agli inizi del ‘900, fu il papa S. Pio X° a fissare la data definitiva al 15 settembre. Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo “Stabat Mater” in latino, attribuito a Jacopone da Todi.