di Claudio Cordova - I "non lo so" e i "non ricordo" ci sono sempre e comunque, soprattutto quando il pubblico ministero Giuseppe Lombardo mostra le circa cento foto che restavano da analizzare tra i documenti sequestrati a Pasquale Condello, il "Supremo" della 'ndrangheta (nella foto), dopo la cattura del 18 febbraio 2008. Le incertezze del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, che negli anni scorsi avrebbe curato la latitanza di Condello, passano, però, quando c'è da riferire degli interessi che il "Supremo" avrebbe avuto nella Pubblica Amministrazione. E i nomi che riecheggiano all'interno dell'aula bunker di Reggio Calabria, nell'ambito del maxiprocesso "Meta", sono di quelli pesanti: l'ex consigliere comunale Manlio Flesca, l'ex assessore Pasquale Morisani, l'attuale sottosegretario regionale, Alberto Sarra, ma, soprattutto, l'ex sindaco di Reggio Calabria e attuale Governatore, Giuseppe Scopelliti.
Gli anni sono quelli in cui il Comune di Reggio Calabria deciderà di esternalizzare alcuni servizi, tra cui la raccolta dei rifiuti e la riscossione dei tributi, affidandosi a società miste che, a distanza di anni, finiranno quasi tutte nella bufera. Proprio di una di queste, la Fata Morgana (impegnata nel settore dei rifiuti) Nino Lo Giudice avrebbe sentito parlare Condello nel periodo in cui ne avrebbe coperto le tracce: dai primi anni del nuovo millennio, fino al 2005. "Condello mi parlò della società Fata Morgana – dice il "Nano" collegato in videoconferenza – so che Andrea Vazzana (uno dei soggetti più vicini a Condello, ndi) fu mandato al Cedir per parlare del bando della Fata Morgana e incontrò Pasquale Morisani per dire che in quell'affare c'era una ditta che interessava a Pasquale Condello". Stando al racconto di Lo Giudice che, fino al momento dell'arresto, nell'ottobre 2010, avrebbe tenuto le redini della propria famiglia, il tramite di Condello con certi mondi sarebbe stato sempre Vazzana. In un modo o nell'altro, comunque, Condello si sarebbe interessato alla vita politica cittadina: "Mi disse di votare Flesca e Sarra" dice ancora il pentito, ribadendo quanto affermato alcune udienze fa. L'interesse, dunque, sarebbe stato su Fata Morgana, non su Leonia, che, invece, sarebbe toccata a un'altra famiglia: "Non mi parlò mai di Leonia – dice – perché la Leonia era dei Fontana".
Tra le varie cose rinvenute nell'abitazione dove Condello sarà catturato, i Carabinieri del Ros di Valerio Giardina troveranno anche diverse copie dei giornali locali, soprattutto con riferimento alle connivenze tra 'ndrangheta, politica e magistratura. Insomma, Condello sarebbe stato uno molto attento ai nuovi assetti cittadini: "Condello mi parlava di magistratura e politica sporca" dice Lo Giudice. E proprio commentando i titoli di alcuni giornali, su Stato e antistato, m anche sulla "mafia politica dei voti di scambio", Lo Giudice ricorderà come il "Supremo" fosse d'accordo sull'esistenza di tali commistioni. E proprio a questo punto, nell'ambito dei ragionamenti più ampi, cui sarà sollecitato dal pm Lombardo, il "Nano" farà il nome più grosso, quello del Presidente della Giunta Regionale, Giuseppe Scopelliti: "Pasquale Condello era un simpatizzante di Scopelliti" dice il collaboratore.
Lo Giudice parla (e lo farà anche nel corso della prossima udienza, quando dovrebbe esaurire il proprio ruolo con il controesame degli avvocati) e non sempre è facile seguirlo. Anche perché le imprecisioni e le contraddizioni non mancano. Se nella scorsa udienza, per esempio, tra le "manie" di Condello aveva inserito gli orologi, gli accendini e i libri, oggi, invece afferma: "Non ho mai visto libri a Pasquale Condello". Cose più o meno di piccolo conto, particolari di vita vissuta del "Supremo", uno dei capi più carismatici che la 'ndrangheta abbia mai avuto.
Dalle commistioni tra 'ndrangheta e "colletti bianchi", la discussione si sposta poi sull'ala più militare della criminalità reggina e sulle figure più carismatiche che si sarebbero succedute negli anni. Lo spunto è il riferimento al "Capocrimine", il ruolo che, nell'impostazione accusatoria, sarebbe rivestito da Giuseppe De Stefano, figlio del defunto boss Paolo De Stefano: "Il Capocrimine è l'elemento di vertice della 'ndrangheta. In passato era ricoperto da Ciccio Canale, detto "u gnuri", che al suo fianco aveva Domenico Codispoti e Santo Ficara, poi, dopo il 1991 (la pax mafiosa, ndi), il Capocrimine era Pasquale Condello". De Stefano, stando a quello che afferma un altro collaboratore, Nino Fiume, sarebbe stato investito del ruolo nei primi anni 2000, in carcere: "C'è la 'ndrangheta di apparenza e la 'ndrangheta di sostanza. La 'ndrangheta che comanda è quella dei De Stefano, dei Tegano, dei Condello, a cui interessano i soldi, non i gradi. I gradi li lasciano a Ciccillo Gattuso e Domenico Oppedisano" dice Lo Giudice, distinguendo quindi tra la nuova 'ndrangheta, quella del business, e la vecchia, degli anziani, legati ancora a cariche e rituali.
Dinamiche intricate, quelle delle ndrine. Dinamiche che permetterebbero, per esempio, a Cosimo Alvaro, di giungere da Sinopoli e gestire grandi affari come quelli dei locali "Pashà" e "Calajunco", sfruttando forse il "peso" che il padre, don Mico Alvaro, avrebbe avuto nella pace mafiosa del 1991, dopo sei anni di morti ammazzati per le strade: "So che Cosimo Alvaro era molto amico sia con Giuseppe De Stefano, sia con l'avvocato De Stefano (Giorgio, ndi)". A tessere la ragnatela, però, sarebbe stato spesso e volentieri, Pasquale Condello: "Ci incontrammo con Pasquale Tegano, voleva che io gli stringessi la mano, per dimenticare il passato. Tegano era il mandante dell'omicidio di mio fratello". Scie di sangue che venivano "lavate" con strette di mano. Forse serviva anche a quello l'incontro, che poi non avverrà mai, che Condello avrebbe voluto avere con Peppe De Stefano, che poi sarà arrestato. Sullo sfondo, dunque, resta sempre il ruolo apicale che De Stefano avrebbe rivestito. Un passaggio che potrà tornare utile all'accusa è il racconto che Lo Giudice fa circa un lavoro nei pressi dell'hotel Palace (nella zona del Museo Archeologico della Magna Graecia), in pieno centro cittadino: "L'imprenditore Vincenzo Sarra mi disse di essere stato fermato sul cantiere da due uomini di Peppe De Stefano, tra cui uno che si chiamava Nava".
Sollecitato dall'avvocato Marco Panella, difensore proprio di De Stefano, Lo Giudice smentirà poi l'affermazione del cugino, Consolato Villani, che aveva attribuito l'omicidio di Mario Audino, assassinato alla fine del 2003, proprio a De Stefano: "Mario Audino era vicino ai Tegano, ma era come un fratello per Peppe De Stefano, i Tegano hanno considerato questa vicinanza come un tradimento e lo hanno ucciso. Villani è un grande tragediatore, ancora non lo avete capito?"