Sono 28 al momento le persone scarcerate su ordine dei gip in seguito agli interrogatori avvenuti dopo il fermo, emesso nei giorni scorsi dalla Dda reggina, che ha riguardato 116 soggetti accusati, a vario titolo, di appartenere alla 'ndrangheta della Locride.
Hanno riacquistato la libertà: Maurizio Camera, Michele Carbone, Giuseppe Longo, Bruno Nirta, Tonino Scipione, Andrea Floccari, Paolo Romeo, Salvatore Romeo, Nadia Maji, Roberto Aguì, Giuseppe Carbone, Pasquale Perri, Pietro Callipari, Salvatore Giugno, Natale Ietto, Giuseppe Marvelli, Paolo Marvelli, Giovanni Sergi, Mario Gaetano Tavernesi, Rocco Domenico Zito, Vincenzo Luciano, Antonio Leonardo Romeo, Leonardo della Villa, Tommaso Miceli, Giuseppe Lia, Giovanni Cuzzilla, Salvatore Vadalà, Santo Aligi. Tra questi spicca proprio la decisione assunta dal gip di Locri che ha scarcerato Rocco Domenico Zito, ex assessore, difeso dagli avvoxari Antonio Mazzone e Giovanni Pedullà. Nell’inchiesta della Dda reggina, in particolare, la cosiddetta “locale di Careri” avrebbe avuto quale “uomo politico di riferimento” Zito, assessore nella ex Giunta Pipicella tra il maggio 2007 e il giugno 2011. A Rocco D. Zito viene anche contestato, in concorso con altri fermati, il reato di truffa e falso nella qualità di direttore dei lavori, in relazione ad attestazioni di presenza nei cantieri del Consorzio di bonifica Alto Jonio Reggino.
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Alla luce comunque della decisione dei giudici, regge al momento l'impianto investigativo dell'Antimafia guidata da Federico Cafiero De Raho Qualche crepa, quindi, nell'impianto accusatorio ma complessivamente ha retto alla valutazione dei Gip il quadro generale dell'accusa, sostenuto dal procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho, che ha coordinato il lavoro dei tre Pm antimafia , Antonio De Bernardo, Francesco Tedesco e Simona Ferraiuolo, dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio.
Le accuse mosse variano dall'associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, turbativa d'asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e numerosi altri delitti collegati, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l'organizzazione mafiosa denominata ''ndrangheta.
Nel mirino degli inquirenti 23 "locali" di 'ndrangheta (Locri, Roghudi, Condofuri, San Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, San Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Cirella di Platì, Careri, Natile di Careri, Portigliola, Sant'Ilario, Reggio ) monitorati e rivoltati come un calzino incrociando una dozzina di indagini parallele. Tra gli indagati clan di primo piano nelle gerarchie criminali della provincia Reggina. Con l'inchiesta "Mandamento Jonico" la Dda dello Stretto ha squarciato il velo del malaffare che imperversava su tutto il versante jonico della provincia reggina.