Processo "Nuovo Potere": pioggia di assoluzioni sulla 'ndrangheta di Roccaforte del Greco (RC)

reggiocalabria aulabunkerdi Claudio Cordova - Se in primo grado erano fioccate condanne esemplari, in appello arriva una pioggia di assoluzioni nel procedimento "Nuovo Potere", celebrato contro la 'ndrangheta di Roccaforte del Greco, paese dell'area grecanica della provincia di Reggio Calabria. I giudici della Corte d'Appello di Reggio Calabria (Rosalia Gaeta presidente, Angelina Bandiera e Adriana Costabile a latere), infatti, hanno considerato non colpevoli una dozzina di imputati che, in primo grado, erano stati condannati dal Gup di Reggio Calabria, Antonino Laganà. Assolti da ogni addebito Domenico Attinà (7 anni in primo grado), Massimo Idà (6 anni e 8 mesi in primo grado), Annunziato Iaria (6 anni e 8 mesi), Carmelo Rocco Iaria (6 anni e 8 mesi), Domenico Pangallo (7 anni), Bruno Pizzi (3 anni e 4 mesi), Arnaldo Proscenio (6 anni e 8 mesi), Vincenzo Gullì (condannato in primo grado a 12 anni), Filippo Stelitano (7 anni), Natale Tripodi (6 anni e 8 mesi), Francesco Romeo (3 anni e 4 mesi), Girolamo Romeo (3 anni e 4 mesi), Vincenzo Pasquale Ivan Romeo (6 anni e 8 mesi).

Per un'altra dozzina di imputati, la Corte ha confermato la responsabilità penale, ma, allo stesso tempo, rimodulato notevolmente le pene: Domenico Carmelo Iaria passa da 12 anni e 6 mesi a 8 anni e 2 mesi, 4 anni e 8 mesi per Agostino Palamara (6 anni e 8 mesi in primo grado), 6 anni e 8 mesi per Giovanni Pangallo (10 in primo grado), 9 anni a Francesco Pangallo classe 1975 (13 anni), 5 anni a Domenico Proscenio (7 anni e 6 mesi), 6 anni e 8 mesi a Pietro Verno (10 anni), 4 anni e 8 mesi a Vittorio Verno (7 anni e 6 mesi), un anno a Francesco Pangallo classe 1974 (4 anni e 8 mesi), un anno ad Antonio Pannuti (3 anni e 4 mesi), 2 anni a Teodoro Spanò (9 anni in primo grado. L'unico a passare dall'assoluzione a una condanna, seppur a otto mesi (e quindi sospensione dela pena) è Andrea Mesiano.

Confermata la pena emessa in primo grado per Mario Attinà (2 anni e 8 mesi), Massimo Gambello (un anno e 4 mesi), per il collaboratore di giustizia Carlo Mesiano (un anno e 8 mesi),

Il procedimento "Nuovo potere" scaturisce da un'operazione condotta il 13 gennaio 2010 dall'Arma dei Carabinieri contro le cosche Zavettieri e Pangallo-Maesano-Favasuli che hanno la loro zona d'influenza nei territori di Roccaforte del Greco e Roghudi. Negli anni scorsi, il "locale" di 'ndrangheta fu interessato da una sanguinosissima guerra di mafia nota come "faida di Roghudi" che lasciò sul selciato cinquanta morti e che fu interrotta solo dopo l'intervento risolutore del boss Giuseppe Morabito, "u Tiradrittu", arrestato dal Ros dei Carabinieri il 18 febbraio 2004.

L'operazione portò all'arresto di ventisette individui accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione e traffico di armi e stupefacenti. Le indagini presero spunto dal tentato omicidio, avvenuto l'8 aprile del 2004, di Teodoro Spanò, di 52 anni, legato alla cosca Pangallo-Maesano-Favasuli. Spanò, raggiunto in prossimità di contrada Lacco a Melito Porto Salvo, si salvò grazie all'intervento di una pattuglia dei Carabinieri. Il 28 settembre successivo fu ucciso Antonino Pangallo, personaggio di spicco dell'omonima cosca.

In primo grado, l'accusa portata avanti dal pubblico ministero Antonio De Bernardo aveva retto perfettamente e aveva ottenuto decine di dure condanne. Discorso diverso in appello: nonostante il sostituto procuratore generale, Franco Mollace, avesse chiesto la conferma delle pene, i giudici hanno disposto diverse assoluzioni, con le conseguenti scarcerazioni di Massimo Idà, Vincenzo Gullì, Teodoro Spanò, Arnaldo Proscenio e Francesco Pangallo classe 1974. Spiccano le assoluzioni di Massimo Idà, Annunziato Iaria, Natale Tripodi, Vincenzo Pasquale Ivan Romeo (tutti difesi dall'avvocato Francesco Floccari, che in primo grado aveva ottenuto altre assoluzioni per i suoi assistiti).

Ad aiutare gli inquirenti nella ricostruzione delle dinamiche criminali di Roccaforte del Greco, un collaboratore di giustizia, Carlo Mesiano, anch'egli condannato dal Gup Laganà. Mesiano, ha accusato, tra gli altri, anche Vincenzo Gullì di essere stato esecutore materiale del tentato omicidio in danno di Teodoro Spanò: in quella circostanza ignoti a bordo di una motocicletta e coperti da caschi integrali rivolsero una serie di colpi all'indirizzo di Spanò, che era a bordo della sua auto e che si salvò miracolosamente dal terribile agguato. Gullì, difeso dall'avvocato Ettore Aversano, è stato però assolto, a fronte della condanna di primo grado a dodici anni di reclusione.