Bilanci alterati e spese camuffate: i periti del pm raccontano il "Modello Reggio"

reggiocalabria palazzosangiorgionottedi Claudio Cordova - Il nome dell'ex sindaco di Reggio Calabria ed oggi governatore, Giuseppe Scopelliti non spunta praticamente mai. Ma il ruolo dell'allora primo cittadino reggino compare spesso, spessissimo, nel resoconto portato in aula dai tre periti della Procura della Repubblica, chiamati a verificare le condotte messe in atto dagli imputati del cosiddetto "Caso Fallara": Scopelliti, appunto, l'ex dirigente del Settore Finanze, Orsola Fallara, morta suicida, e i tre revisori dei conti, Domenico D'Amico, Ruggero Alessandro De Medici e Carmelo Stracuzzi, che non avrebbero posto la giusta attenzione alla gestione allegra delle casse del Comune di Reggio Calabria. Rispondono tutti (e lo avrebbe fatto, se fosse viva, anche Orsola Fallara) di falso ideologico, un'accusa che per Scopelliti viene associata anche all'abuso d'ufficio.

Un esame lungo quello cui sono stati sottoposti i tre periti dal pubblico ministero Sara Ombra. Un esame che ha ripercorso le parti della relazione effettuata dai tre professionisti, al fine di capire se effettivamente Scopelliti, Fallara e i revisori, abbiano avuto un ruolo nel dissipare il denaro pubblico di Palazzo San Giorgio, portando l'Ente a un passo dal dissesto. I tre consulenti hanno iniziato il proprio compito partendo da alcuni mandati di pagamento irregolari, allargando però il campo alle elargizioni di denaro che Orsola Fallara si sarebbe autoliquidata e avrebbe liquidato all'architetto Bruno Labate.

Dal maggio 2008, infatti, Orsola Fallara avrebbe ottenuto, pur essendo dipendente del Comune, degli incarichi per difendere l'Ente al cospetto della Commissione Tributaria. Incarichi retribuiti come se la Fallara fosse stata una consulente esterna. Così, dunque, sarebbero stati elargiti mandati di pagamento per quasi ottocentomila euro, talvolta per provvedimenti inesistenti: "A volte mancava anche la causale del mandato" spiegano i periti della Procura. E' solo uno dei passaggi anomali della carriera della dirigente, morta suicida proprio due anni fa. Passaggi anomali, a cominciare dalla nomina, avvenuta il 20 agosto del 2002, allorquando sarà lo stesso sindaco a contattarla e "ingaggiarla", senza alcun bando di evidenza pubblica, come invece sarebbe previsto dalla normativa. Un incarico che verrà rinnovato per ben undici volte nell'arco di otto anni. Non facile, per i periti rintracciare le carte, contenute in armadi aperti del Comune e quindi accessibili a tutti. Pochi, dunque, i mandati "originali" reperiti, tra cui uno in cui Orsola Fallara si sarebbe liquidata 144mila euro e avrebbe riservato duemilacinquecento euro al ragionier Luigi Brancia.

Un sistema messo in atto dall'onnipotente dirigente del Settore Finanze grazie ad alcuni artifici tecnici, con cifre messe nel campo dei "servizi per conto terzi", anche quando non necessario. Dimensioni estremamente consistenti rispetto alla norma. Un Ente, quello di Palazzo San Giorgio, che però, presto, avrebbe iniziato a soffrire della spregiudicatezza di alcune condotte: il sistematico utilizzo dell'anticipazione di tesoreria, al fine di bypassare il vaglio del Consiglio Comunale, che dovrebbe autorizzare qualsiasi altra spesa ulteriore al bilancio.

E di soldi, in quegli anni, il Comune del "Modello Reggio" ne avrebbe spesi moltissimi. A cominciare dai fiumi di denaro finiti nelle casse di Rtl 102,5, la radio che, a detta di Scopelliti, avrebbe trasformato Reggio nella "città della gioia".

Ma come giustificare esborsi continui impossibili da essere contenuti nel bilancio?

La risposta la forniscono i tre consulenti del pm Ombra: "Creando dei crediti fittizi del Comune" che, però, potevano solo celare la mancata copertura finanziaria. "E' questo il fenomeno più preoccupante" dicono i tre periti, che riferiscono in aula con grande dovizia di particolari. Descrizioni generiche in bilancio, crediti fittizi per ventisei milioni di euro, una certificazione inattendibile del patto di stabilità. Sono solo alcuni dei passaggi ripercorsi dai tecnici: "Tutto ciò ha portato Reggio Calabria nella situazione in cui è ora".

Sostanzialmente, dunque, stando a quello che affermano i consulenti della Procura, in quegli anni a Palazzo San Giorgio sarebbero stati creati dei crediti inesistenti. I consulenti, infatti, parlano di pura "invenzione" delle somme. Così, dunque, si sarebbero giustificati, almeno formalmente, i tanti soldi spesi ed elargiti a varie realtà, tra cui molte parrocchie della città. Richieste di denaro, quelle che arrivavano dalle chiese, che giungevano direttamente all'ufficio del Sindaco, che poi provvedeva a indicare, nella nota girata all'ufficio pagamenti, la somma da elargire.

Non per tutti s'intende. Dai fiumi di denari, utilizzati per la ristrutturazione delle chiese o per altre attività, resteranno fuori, per esempio, i Testimoni di Geova, che non vedranno accolta la propria istanza.

Un sistema dozzinale per occultare il buco, sempre più grande, che si sarebbe creato negli anni. Gli stessi periti definiscono "poco professionale" il modo in cui sarebbero stati gestite contabilmente le finanze. Attraverso, per esempio, i "fondi a destinazione vincolata", riservati a determinate opere che, però, sarebbero stati classificate come somme normali, permettendo quindi di ricorrere, ancora e ancora, all'anticipazione di tesoreria.
Insomma, dalle parole dei periti, che comunque hanno sottolineato come tra almeno "due o tre anni sarà possibile delineare la corretta situazione finanziaria del Comune" arrivano parole che pesano come macigni sul modo di operare politico e amministrativo degli anni del duo Scopelliti-Fallara. Addirittura, secondo quanto affermato dai consulenti, ben 37 milioni di euro, riscossi dalla Reges ai cittadini, sottoforma di tributi, sarebbero stati conteggiati ancora come crediti del Comune per far quadrare i conti.

Scopelliti-Fallara. Il duo che, negli anni, avrebbe portato a una situazione molto difficile delle casse del Comune, tanto che negli ultimi tempi Palazzo San Giorgio ha dovuto accedere a un fondo speciale per avere liquidità. Un fondo che i periti definiscono di "pre-dissesto".

Di fatto, dunque, a bilancio sarebbe stata inserita la cifra necessaria per arrivare al pareggio. Una cifra fittizia che avrebbe portato di conseguenza all'alterazione del bilancio stesso. Un andazzo che sarebbe stato consentito proprio dalla politica di "laissez faire" dei Revisori dei Conti, che invece avrebbero dovuto essere una sorta di cane da guardia (insieme allo stesso dirigente) del corretto andamento delle cose: "I Revisori – hanno detto in aula i consulenti – devono predisporre una griglia di controlli da effettuare, ma buona parte dei residui non sono stati analizzati. Nel complesso non ci sono stati gli adeguati riscontri per una situazione evidentissima".

Ma con i numeri, si sa, non si può di certo giocare.

Per questo il Comune malato avrebbe ben presto iniziato a manifestare i primi "sintomi" della propria patologia: "Quando l'Ente non versa più le ritenute previdenziali, così come è avvenuto, significa che la situazione finanziaria è precaria" hanno detto i consulenti. E così i prestiti di tesoreria sarebbero slittati, nel giro di tre-quattro anni, da 23 a 40 milioni di euro. Eppure, ovviamente, sulla carta, fino al 2008 il Comune avrebbe sempre dichiarato degli avanzi nel bilancio, a dispetto della realtà che invece era molto, molto, differente: "Come si fa a dire che non sono emerse irregolarità?" si chiede uno dei periti, commentando le verifiche fatte, in quegli anni, dai Revisori dei Conti D'Amico, De Medici e Stracuzzi.

Un'assenza, quella dei Revisori, che avrebbe di fatto ingannato anche il Consiglio Comunale che, salvo specifiche competenze, non avrebbe potuto acclarare ciò che nelle stanze di Palazzo San Giorgio stava accadendo: "Ma chi conosce un minimo la materia non poteva non accorgersi" dicono i periti.

Anticipo di tesoreria, mancato pagamento delle ritenute, pignoramenti e rallentamenti nel pagamento delle forniture. Questi i segnali più inquietanti che avrebbero dovuto accendere diverse spie sul modus operandi di quelle Amministrazioni: "Il patto di stabilità non corrisponde al vero, come invece attestato, del resto, quando un Ente non ha soldi in cassa, qualcosa che non va c'è".

Così, dunque, le conclusioni dei periti, che tra due giorni risponderanno alle domande delle difese, sono pesantissime per gli imputati, sia per quanto riguarda l'aspetto giuridico, sia per quello amministrativo: "La situazione era del tutto diversa da come veniva rappresentata, il bilancio era alterato, le spese contraffatte e senza copertura economica".

Ecco il "Modello Reggio".