di Claudio Cordova - L'idea del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, è semplice: portare alla sbarra in un unico maxiprocedimento la componente occulta della 'ndrangheta. Negli ultimi mesi, infatti, la Dda di Reggio Calabria ha alzato il tiro sui collegamenti istituzionali e paraistituzionali della criminalità organizzata: le inchieste "Sistema Reggio", "Fata Morgana", "Reghion" e "Mammasantissima" hanno colpito alla testa la 'ndrangheta. In carcere sono finiti due tra i presunti capi della cupola segreta, gli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, nonché politici come Alberto Sarra e il senatore Antonio Caridi, l'onnipotente dirigente comunale Marcello Cammera e, ancora, l'avvocato Antonio Marra, considerato elemento di collegamento tra la componente massonica e la 'ndrangheta militare e Dimitri De Stefano, figlio modaiolo di don Paolino. Indagati a piede libero, tra gli altri, l'ex sindaco di Reggio Calabria e presidente della Giunta Regionale, Giuseppe Scopelliti, il magistrato in pensione Luigi Tuccio, ma anche l'ex assessore comunale Amedeo Canale.
Inchieste che hanno svelato la cappa che avvolge la città, la fitta rete di relazioni tra mondi diversi, ma che dal dialogo e dalla reciproca collaborazione hanno tratto la forza per governare ogni settore della vita cittadina.
L'inchiesta "Sistema Reggio" ha fin qui provato la potenza dell'avvocato Giorgio De Stefano, capace – in forza del proprio carisma criminale – di dirimere le difficili controversie sull'apertura dell'ex bar Malavenda, ubicato nel quartiere Santa Caterina, da tempo equamente diviso tra lo schieramento destefaniano e quello condelliano. L'indagine "Fata Morgana", invece, ha riaffermato il ruolo "baricentrico" (come è scritto nelle carte) dell'avvocato Paolo Romeo, forte della propria rete relazionale, mai negata dalla borghesia cittadina. Strettamente collegata, l'indagine "Reghion" ha portato in manette per corruzione uno dei più fidati uomini di Romeo, il dirigente comunale Marcello Cammera, che per anni avrebbe spadroneggiato, nel settore dei lavori pubblici. Infine (ma solo per ora) l'inchiesta "Mammasantissima", che ha ricostruito storicamente quindici anni di politica reggina, individuando in Alberto Sarra e Antonio Caridi due degli strumenti di cui si sarebbe servita la cupola segreta della 'ndrangheta, comandata da Paolo Romeo.
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Inchieste per certi versi simili, almeno per il focus investigativo: colpire la cupola segreta sovraordinata persino agli stessi storici capimafia del direttorio della 'ndrangheta unitaria composto dalle cosche De Stefano, Tegano, Condello e Libri, la cui esistenza è stata cristallizzata dai processi "Crimine" e "Meta". Inchieste tra di esse assolutamente collegate, che si pongono in continuità l'una con l'altra. Retate di arresti che, in alcuni casi, sono state disposte dagli stessi Gip.
Per questo, il naturale sviluppo delle indagini degli ultimi mesi e di quelle che verranno da qui a breve, sembra essere quello della riunificazione in un unico procedimento. Il progetto – fin qui ancora embrionale – sarebbe già stato comunicato dal procuratore Cafiero De Raho ai pm interessati dai procedimenti: tra gli altri Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino e Roberto Di Palma. Proprio nell'ottica di una visione unitaria della 'ndrangheta, ormai sancita da sentenze passate in giudicato, l'obiettivo della Dda di Reggio Calabria è quello di creare un nuovo processo "Olimpia", fin qui considerato la "mamma" di tutte le inchieste sulla 'ndrangheta: quello, negli anni '90, ricostruì fatti di sangue e dinamiche della seconda guerra di 'ndrangheta, portando alla condanna, peraltro, anche di Paolo Romeo e Giorgio De Stefano.
Quel processo segnò la storia della criminalità organizzata calabrese. Ora la Dda di Cafiero De Raho quella storia vuole aggiornarla e riscriverla. E, con essa, vuole riscrivere anche la storia di Reggio Calabria.