La 'ndrangheta è unitaria: sentenza definitiva sul processo "Crimine"

Corte Cassazione500di Angela Panzera - La «ndrangheta è un'organizzazione unitaria governata da un organismo di vertice, la Provincia». A decretarlo è la corte di Cassazione. Adesso non ci sono scuse. L'indagine Crimine ha retto al vaglio della Suprema Corte confermando quanto deciso dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria, presieduta da Lilia Garta, nel fabbraio 2014. Annullate con rinvio ad un'altra sezione dell'Appello una decina di posizioni, ricalcolata qualche pena e accolti cinque ricorsi chiesti dal Procuratore generale. Annullate infatti le assoluzioni per Mario Gaetano Agostino, Isidoro Cosimo Callà, Antonio Galea, classe 54, Carmelo Gattuso e Bruno Pisano. Questi cinque imputati dovranno quindi essere nuovamente giudicati dai giudici di Piazza Castello. Ma il dato più significativo è la raffica di condanne confermate decise dalla Cassazione. Il principio giuridico sostenuto dai pm reggini, Antonio De Bernardo, Giovanni Musaró e Marialuisa Miranda adesso è diventato presente giuridico e processuale. Non più futuro astratto tutto da provare, ma realtà concreta che sferra un duro colpo alla criminalità organizzata . La Dda reggina guidata all'epoca da Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino e Nicola Gratteri, ha scoperchiato la cupola e visto al di dentro l'organizzazione. È stata trovata la chiave giusta. Una chiave che permette alle Procure di tutta Italia, e anche a quelle estere, di imbastire processi contro il crimine organizzato godendo di una sentenza che è riuscita a dimostrare che la 'ndrangheta è una e sola. Non importa se le 'ndrine siano sparse a Siderno, a Rosarno, a Genova, Milano, Torino, in Svizzera, Canada e Australia. Tutte dipendono da "Mamma-Calabria", tutte devono rendere sempre conto al "Crimine". La testa dell'organizzazione è qui e tutti lo sanno. Adesso anche la legge. Per anni, dal 2010, sia in aula che da qualche palco di convegni e kermesse varie, nonché da qualche organo di stampa ostinatamente compiacente, chi indossava la toga, e non solo tra il foro, sosteneva che le risultanze investigative dell'inchiesta "Crimine" erano solo "quattro vecchie regole arcaiche di una 'ndrangheta di folklore", che la potenza delle cosche era altro, qualcosa di invisibile e ancora non analizzato. Avevano torto allora e oggi più che mai. Questa decisione della Cassazione premia non solo il lavoro dei magistrati, più volte tacciati di essere poco più che trentenni e di non essere di Reggio Calabria e quindi di non comprendere le dinamiche del luogo, ma soprattutto- ed è questo l'aspetto più importante- oggi la giustizia ha una grande sentenza che sicuramente mette in difficoltà le cosche di tutta Italia, come le sentenze " Infinito" e " Minotauro" hanno già dimostrato. Dopo " Olimpia" quindi oggi c'è "Crimine". Reggio Calabria rientra nella storia processuale, quella visibile e tangibile con atti alla mano e riscontri investigativi che hanno portato la legge alla giusta meta.

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"Le indagini che hanno portato al presente processo hanno consentito di avere piena conferma non solo delle plurime ramificazioni della 'ndrangheta calabrese nel Nord Italia (e segnatamente – per quel che è qui emerso - in Liguria, Piemonte e Lombardia), ma anche della sua proiezione internazionale, cioè della sua presenza in diversi Stati europei (come la Germania e la Svizzera) e di altri continenti (Canada ed Australia). Il locale di Singen è emanazione della "società" di Rosarno sottoposta al "Crimine". Dal complesso delle prove acquisite al processo, è possibile affermare che nella città tedesca di Singen (posta al confine con la Svizzera) è attivo un "locale" di ndrangheta in stretto collegamento con la "società" di Rosarno e, pertanto, sottoposta al "Crimine" reggino, locale che si riuniva di regola la domenica presso l'esercizio pubblico Rikaro". Adesso tutto ciò è definitivo. La sentenza parla chiaro. Reggio Calabria, Rosarno e Siderno: da qui parte tutto e tutto il mondo deve dare conto alla Provincia reggina con in testa San Luca e Polsi. Mico Oppedisano non era un venditore di piantine di basilico, ma è il capo della 'ndrangheta unitaria, coadiuvato da boss del calibro di Giuseppe Commisso, alias il "Mastro". Comprensibile oggi infine, il perché della soffiata della "talpa" Giovanni Zumbo al boss Peppe Pelle. "Crimine" non era un'indagine da sottovalutare. È l'indagine della 'ndrangheta 2.0, quella che per anni ha mietuto vittime, corrotto politici, allagato di fiumi di droga e fatto affari a destra e a manca in tutta Italia e ai due lati del mondo. Con il fermo del luglio 2010 la Dda assicuró alla giustizia decine e decine di mafiosi adesso giudicati definitivamente, impedendogli di darsi alla macchia nonostante la fuga di notizie; oggi però qualcuno sì che dovrebbe darsi alla fuga, è la legge che lo impone. Quella dei codici e quella della coscienza.

Il dettaglio che fuoriesce dalla Corte di Cassazione:

Giovanni Agnelli 4 anni e 8 mesi di reclusione

Mario Gaetano Agostino annullamento con rinvio assoluzione

Giovanni Alampi 6 anni

Giuseppe Albanese 6 anni

Antonio Altamura 4 anni e 8 mesi

Emilio Andrianò 6 anni

Giuseppe Aquino assolto

Rocco Aquino 8 anni e 8 mesi

Domenico Belcastro 6 anni

Saverio Boschetto 4 anni e 8 mesi

Carlo Bruzzese 6 anni

Isidoro Cosimo Callà annullamento con rinvio assoluzione

Domenico Chilà 4 anni e 8 mesi

Stefano Chilà assolto

Francesco Commisso 6 anni

Giuseppe Commisso 11 anni

Vincenzo Commisso assolto

Michele Correale 8 anni e 4 mesi

Carmelo Costa 4 anni e 8 mesi

Raffaele D'Agostino esclusione recidiva, rideterminazione pena in appello

Cosimo De Leo 6 anni

Giorgio Demasi 6 anni e 8 mesi

Salvatore Femia assolto

Massimo Fida 6 anni

Rosario Filippone 4 anni e 8 mesi

Domenico Focà 8

Domenico Frascà 2 anni e pena sospesa

Donato Fratto assolto

Salvatore Giuseppe Galati 4 anni e 8 mesi

Antonio Galea (classe 1954) annullamento con rinvio assoluzione

Antonio Galea (classe 1962) 7 anni

Antonio Gattellari assolto per associazione mafiosa, rideterminazione pena in appello

Andrea Gattuso 7 anni

Carmelo Gattuso annullamento con rinvio assoluzione

Domenico Gattuso 4 anni e 8 mesi

Nicola Gattuso 9 anni e 4 mesi

Vincenzo Gattuso 6 anni,

Osvaldo Gioberti 6 anni

Bruno Gioffrè 6 anni e 8 mesi

Remingo Iamonte rideterminazione pena in appello

Giuseppe Iannone un anno e pena sospesa

Giuseppe Romeo Iaria rideterminazione pena in appello

Domenico Ieropoli assolto

Francesco Ietto 7 anni e 4 mesi

Rocco Lamari 10 anni

Sotirio Santo Larizza assolto

Cosimo Giuseppe Leuzzi 8 anni e 8 mesi

Vincenzo Longo 8 anni

Antonio Maesano 4 anni e 8 mesi

Giovanni Maesano 6 anni

Claudio Umberto Maisano assolto

Filiberto Maisano 10 anni e 8 mesi,

Saverio Manglaviti 4 anni e 8 mesi

Michele Marasco 8 anni

Giuseppe Marvelli annullamento sentenza di condanna e invio atti alla Dda di Torino

Francesco Marzano 6 anni,

Paolo Meduri 10,

Francesco Maleca assolto,

Demetrio Meniti 8 anni,

Saverio Mollica 10 anni e 8 mesi in continuazione con una precedente condanna,

Carmelo Muià rideterminazione pena in appello

Domenico Antonio Napoli 6 anni e 8 mesi,

Salvatore Napoli 4 anni e 8 mesi

Bruno Nesci assolto associazione mafiosa e rideterminazione pena in appello

Domenico Oppedisano 10 anni,

Michele Oppedisano 7 anni 5 mesi e 14 giorni

Pasquale Oppedisano assolto

Pietro Oppedisano 8 anni

Raffaele Oppedisano 6 anni

Luigi Palmanova 6 anni,

Antonio Nicola Papaluca 6 anni

Bruno Paviglianiti assolto

Carmelo Paviglianiti assolto

Paolo Paviglianiti assolto

Antonino Pesce assolto

Savino Pesce assolto,

Bruno Pisano annullamento con rinvio assoluzione

Sebastiano Praticò 8 anni e 8 mesi,

Giuseppe Prestopino assolto

D. P. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO] 4 anni e 8 mesi,

Giuseppe Raso 6 anni,

Rodolfo Scali ritrasmissione atti alla Dda di Reggio Calabria

Antonino Schiavo assolto

Sebastiano Stelitano 7 anni

Luca Surace 5 anni e 4 mesi

Damiano Ilario Tassone 4 anni e 8 mesi,

Vincenzo Tavernese 2 anni e pena sospesa,

Biagio Tramonte 4 anni e 8 mesi (conferma),

Giuseppe Trapani 6 anni

Giuseppe Trichilo assolto

Giovanni Tripodi 11 anni e 8 mesi in continuazione con una precedente condanna

Giuseppe Vecchio 6 anni

Vincenzo Zappia 4 anni e 8 mesi

Annunziato Zavettieri 6 anni e 8 mesi

Kewin Zurzolo assolto

Le condanne erano già definitive per Brunello Franzè e Claudio Cianciaruso (4 anni e 8 mesi ciascuno).