Estorsione a Nino De Masi: a giudizio i Crea di Rizziconi

creagiuseppearresto 500Il Gup di Reggio Calabria, Marino Nicolò, ha rinviato a giudizio il boss Teodoro Crea, detto il "Toro" e i due figli, Giuseppe Crea (arrestato negli scorsi mesi) e Domenico, ancora latitante, per l'estorsione all'imprenditore Antonino De Masi. Il Gup ha quindi avvalorato l'impostazione accusatoria del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Luca Miceli, spedendo i tre al cospetto del Tribunale di Palmi, per un processo che inizierà il prossimo 16 settembre.

Con l'esecuzione del blitz della Squadra Mobile di Reggio Calabria, che ha posto fine alla lunga latitanza dei boss Giuseppe Ferraro e Giuseppe Crea, al secondo, figlio del temuto boss Teodoro Crea, il "Toro", gli agenti hanno notificato anche una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere all'uomo. Un'ordinanza, quella emessa dal Gip di Reggio Calabria, Adriana Trapani, su richiesta del pm antimafia Luca Miceli, che riguarda proprio Teodoro Crea (già detenuto), nonché i figli, Giuseppe, appunto, e Domenico, ancora uccel di bosco.

I tre avrebbero costretto l'imprenditore Antonino De Masi, da anni schierato contro la 'ndrangheta, a consegnargli macchine per l'agricoltura, attrezzi e materiale di vario tipo senza corrispondere alcunché a titolo di corrispettivo o, in rare occasioni, solo piccoli acconti sul prezzo, in tal modo procurandosi un ingiusto profitto, con pari danno per le persone offese quantificabile in 180.278,10 euro.

Un'inchiesta che trae la propria origine proprio dalla coraggiosa denuncia di De Masi.

Già a giugno 2014, De Masi renderà le prime dichiarazioni, riferendo come gli indagati, per più di quindici anni, avessero prelevato merce dalle sue aziende per un valore di oltre 200.000,OO euro, senza mai pagare alcunchè o, in rare occasioni, corrispondendo solo piccoli acconti sul prezzo dovuto, forti della implicita minaccia di ritorsioni, qualora fosse stato loro richiesto il pagamento, derivante dall'appartenenza alla cosca mafiosa omonima.

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Quelle messe a verbale sono parole che peseranno come macigni sotto il profilo processuale. Quelle invece captate, genuinamente, nei locali della Squadra Mobile di Reggio Calabria, potrebbero avere un peso ancor superiore sotto il profilo sociale. In entrambi i casi a parlare è Giuseppe De Masi, imprenditore della Piana di Gioia Tauro, padre del più noto Nino De Masi, che con le proprie condotte ha sfidato il malaffare e lo strapotere delle banche.

E' proprio Nino De Masi a incoraggiare il padre a rendere importanti dichiarazioni sul conto del "Toro", Teodoro Crea, boss di Rizziconi: "Fidati di questa signora, papà". Dichiarazioni che sono state depositate nel corso dell'udienza davanti al Tribunale della Libertà celebrata proprio nei confronti di Crea.

La "signora" citata da De Masi junior è il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, che insieme al procuratore Federico Cafiero de Raho coordina l'indagine "Deus", proprio sul conto dei Crea: "Rizziconi è infetta da una malattia mafiosa. Io sono una persona perbene, non ho mai mangiato a casa di un mafioso, né un mafioso ha mai mangiato a casa mia" afferma Giuseppe De Masi, imprenditore da quasi 60 anni, avendo creato le proprie aziende nel lontano 1955: "Il capo della cosca dei Crea di Rizziconi è Crea Teodoro, detto il Murco. Lui è il comandante della mafia. Questo a Rizziconi lo sanno tutti. Ho sentito dire dal vecchio boss Crea Teodoro circa 20 anni fa le testuali parole: fino a quando io sono in vita la droga a Rizziconi non dovrà entrare".

Il pm Cerreti chiede e De Masi parla, raccontando di una Rizziconi totalmente soffocata dai Crea, come testimonierà proprio l'indagine "Deus" che, grazie alle dichiarazioni dell'ex sindaco Antonino Bartuccio svelerà le ingerenze dei Crea nella vita politica del luogo: "Non ho mai ricevuto richieste di estorsione. Né ho mai pagato somme di denaro a titolo di estorsione" afferma De Masi che spiega: "Non gli conveniva, in quanto gli ho sempre concesso credito per l'acquisto delle macchine agricole che hanno un valore ben maggiore". Credito che, ovviamente, non sarebbe mai stato pagato: "A volte mi davano dei piccoli acconti. Poi io elaboravo le fatture che non sono state mai pagate. Ho sempre vissuto nella speranza che le macchine e le attrezzature mi venissero pagate, invece, ciò non è mai avvenuto". Somme non di poco conto che si sarebbero spinte anche fino a 250mila euro. E De Masi avrebbe anche avuto l'ardire di chiedere le somme al "Toro" Crea: "Quando venne scarcerato l'ultima volta, circa cinque anni fa, mi sono rivolto al Crea Teodoro, "u murcu", per chiedergli di pagarmi la merce che aveva avuto dalla mia azienda. Ricordo che sono andato a casa del Crea. Lui mi ha strattonato e mi ha detto che non aveva i soldi per potermi pagare. Crea Teodoro mi ha anche afferrato per la camicia ed ha aggiunto che solo grazie al suo intervento io non avevo subito un sequestro di persona".

Giuseppe De Masi, dunque, parla. Viene convinto dal figlio Nino e racconta della pressione criminale dei Crea. E dalle sue parole traspare tutta la paura del caso: "Non mi sono rivolto alle Autorità perché avevo paura di ritorsioni. Ero convinto che, in questo modo, così agendo, non avrei avuto danneggiamenti o altri atti intimidatori come bombe o altro".

Ma la paura che Giuseppe De Masi confida al pm Cerreti e agli uomini della Squadra Mobile è comunque edulcorata rispetto a quanto l'uomo confida al figlio, prima di iniziare il proprio interrogatorio. I De Masi vengono ascoltati in Questura a metà luglio. Nella sala d'attesa viene installata una "cimice" che capta le conversazioni: una scelta a tutela dei due testimoni, per dimostrare come un'eventuale reticenza fosse dovuta alla paura dei Crea e non alla volontà di favorire la 'ndrangheta con dichiarazioni false.

E così gli investigatori registrano l'opera di convincimento di Nino De Masi nei confronti del padre: "Spiegagli che tu sei terrorizzato da sta gente". Giuseppe De Masi ragiona ad alta voce e la sua è una riflessione amara: "Se ci fosse più attenzione da parte dello Stato a frequentare questo territorio [...] probabilmente le cose andavano meglio...". Persone oneste, i De Masi, che a fronte di una situazione ambientale a dir poco catastrofica, hanno sempre cercato di vivere rettamente: "Non abbiamo mai voluto fare accordi... compromessi..." dice Nino al padre.

Combattono il terrore i De Masi. Riescono a dire nomi e cognomi. Collaborano, i De Masi.

Collaborano in un territorio in cui la 'ndrangheta soffoca tutto: "Noi dobbiamo dire la sacrosanta verità, sempre" affermano. Vincono la paura con la forza della fiducia nello Stato: "Gli va dato merito a questi signori, questa dottoressa, al "Murcu" a differenza degli anni passati non è la prima volta che lo arresta. [...] A Rosarno loro hanno arrestato a tutti, a Gioia, buona parte dei capi sono tutti in carcere, a Taurianova non so, a Rizziconi". I due si fanno forza a vicenda, sulla scorta del fatto che "le cose sono cambiate" rispetto al passato: "Questi signori è da tre anni che lavorano [...] anche a Reggio hanno fatto pulizia, qualcosa si è fatto rispetto a dieci anni fa". La paura resta, però. Ed è paura dei Crea, famiglia che di gran livello in seno alla 'ndrangheta: "Ammazzano i cristiani" dice Giuseppe De Masi. Hanno paura del "Toro" Teodoro e del figlio Giuseppe, attualmente latitante e noto per la propria ferocia: "Io gli ho detto pure che è un personaggio di cui bisogna avere paura... perché questo ammazza... io sono rimasto... sono preoccupato... dico il paese è piccolo, la gente ci vuole bene... nel paese sono preoccupati... peroccupati perché... se mi succede qualcosa... comunque è come un pazzo...". Ma Nino continua a incalzarlo: "Sai che ti dice la dottoressa, se voi oggi nascondete, perché poi [...] tu hai nipoti, io tengo figli, una tiene figli, ma secondo te, quando tu non ci sei più, quando io non ci sono più, il figlio del boss non va da quei ragazzi e gli dice se hanno l'azienda e gli fa passare quello che stai passando tu e che sto passando io?".

Nelle dichiarazioni è racchiusa l'intera vicenda oggetto del procedimento: i De Masi, noti imprenditori del settore della produzione di macchine agricole, sono continuamente costretti a consegnare della merce ai Crea senza che questi ultimi corrispondano il prezzo, se non, in rare occasioni ed in minima parte, per paura di subire ritorsioni .. . "per quieto vivere ".... "abbiamo quindi deciso di soprassedere" da parte di soggetti che a Rizziconi tutti sanno fare parte di una famiglia mafiosa.

Nei casi in cui De Masi Giuseppe richiese il pagamento della merce si vide opporre un ingiustificato rifiuto al quale non seguì alcuna denuncia sempre per paura di ritorsioni. "Abbiamo tentato di recuperare i soldi da Crea Teodoro. Una volta mio padre andò a casa di Teodoro Crea a chiedere il pagamento della merce e fu percosso a'a quest 'ultimo. Il fatto è accaduto circa vent'anni fa. L'episodio non fu denunciato. Erano gli anni dei sequestri di persona. Nell'ottica di Crea Teodoro, era stata una grave mancanza di rispetto da parte di mio padre andare a chiedergli i soldi per la merce che era stata presa e non pagata alla consegna. Si trattava di una vera e propria pretesa" ndr: " Nonostante ciò, abbiamo continuato a fornire merce a Crea Teodoro. Speravamo di farci pagare anche una minima parte di quella già consegnata. Per molti anni siamo stati terrorizzati dalla capacità di ritorsione dei Crea".

Alla fine Giuseppe De Masi accoglie l'invito del figlio: "Fidati di questa signora, papà, fidati...". Racconta agli inquirenti anni di angherie da parte dei Crea: "Mi sento tranquillo..." dirà al figlio, subito dopo aver finito il proprio lungo interrogatorio.

La drammatica discussione tra i due imprenditori vessati per anni dai Crea potrebbe definirsi un vero e proprio manifesto della condizione di assoggettamento ed omertà che per anni ha caratterizzato questa terra a causa del terrore che le gesta criminali incutono nella popolazione "Ammazzano i cristiani".

Dichiarazioni già raccolte dal pm Alessandra Cerreti e depositate nel procedimento "Deus". Il pm Miceli, invece, effettuerà i riscontri documentali che incastreranno i membri della famiglia Crea: "Alla luce del quadro ricostruttivo sopra delineato non può dubitarsi che nel caso dei specie ricorra la fattispecie contestata anche sotto il profilo del grave danno per le persone offese, atteso che le minacce, sia nella forma più o meno esplicita in cui si sono estrinsecate, sia la violenza fisica esercitata in occasione dell'episodio già riferito, erano strumentali rispetto alla coazione dell'altrui volontà, essendo stato perseguito, con la reiterata condotta intimidatrice e violenta, il fine di paralizzare ogni forma di tutela del diritto dei De Masi per indurli a desistere dall'esercizio del diritto alla restituzione, ad azionare il credito e a denunciare le intimidazioni subite, con conseguente grave danno patrimoniale" è la valutazione del Gip Trapani.