di Claudio Cordova - Uno è il nipote dell'avvocato Giorgio De Stefano, considerato una delle più raffinate eminenze grigie della 'ndrangheta reggina. Il dottor Alessandro Tripodi è il principale indagato dell'inchiesta "Mala Sanitas", con cui i pm Gaetano Paci, Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci sono convinti di aver scoperchiato un collaudato sistema di copertura degli errori sanitari all'interno dei reparti di Ginecologia e Ostetricia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Gli altri, invece, soggetti mai indagati, ma più volte menzionati nelle carte d'indagine.
Sarà ascoltando il dottor Alessandro Tripodi che la Guardia di Finanza riuscirà a svelare il gravissimo sistema di coperture all'interno degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Tripodi, infatti, verrà inizialmente iscritto per associazione mafiosa, in quanto sospettato di far parte della potente cosca De Stefano di Archi. Proprio lui che è nipote dell'avvocato Giorgio De Stefano, considerato eminenza grigia del clan e recentemente arrestato nell'ambito dell'inchiesta "Sistema Reggio" (curata dai pm Roberto Di Palma e Rosario Ferracane).
Le intercettazioni sul conto del medico ginecologo in servizio presso il reparto "Ginecologia e Ostetricia" dei "Riuniti" non consentiranno di procedere nei suoi confronti per reati di 'ndrangheta, ma faranno emergere gravissime fattispecie penalmente rilevanti verificatesi all'interno dell'Azienda Ospedaliera Bianchi - Melacrino'- Morelli, presso il reparto "Ginecologia e Ostetricia".
La posizione di Tripodi è davvero "centrale" nel procedimento nella misura in cui lo stesso rappresenta un autentico canale di riferimento per l'assunzione di notizie "private e riservate" a lui rivelate in relazione al "reale svolgimento" dei fatti di sanità poi coperti " a paravento" con la manipolazione della cartella clinica.
Da questo punto di vista, a Tripodi i colleghi medici chiamano (anche durante l'operazione in corso), per riferirgli "le cose pazzesche" che l'interlocutore "ha visto" in prima persona, è Tripodi in prima persona che, con l'avallo di altri colleghi dal medesimo diretti, procura l'aborto senza l'assenso della donna gestante, è sempre costui ad essere in strettissimi rapporti con Pasquale Vadalà (Primario responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia fino al 1.10.2014) salvo poi naturalmente "prenderne le distanze" (spegnendo il telefono e/o "timbrando e stimbrando" il cartellino) quando vi è il "rischio" del suo diretto coinvolgimento in un caso di malasanità, ed ancora è sempre Tripodi a sostituire Vadalà nelle funzioni di primario quanto questi cesserà di lavorare nel pubblico per raggiunti limiti di età (secondo gli atti del P.M.), non dimenticando che (anche) con Tripodi (che si interfaccerà sul punto con gli altri colleghi) Vadalà concorderà un appuntamento a seguito del temuto intervento della Guardia di Finanza che sequestrerà sul finire del 2014 tutte le cartelle d'interesse.
Infine Tripodi dimostra di conoscere, cooperare ed interfacciarsi non solo con molti dei colleghi medici ma anche con lo stesso personale sanitario tutto con parte del quale ha "un peculiare rapporto" servendosi dello stesso per ottenere l'impunità e/o la copertura preventiva da responsabilità ovvero per commettere delitti della stessa specie di quelli qui in contestazione.
In almeno un caso, l'avvocato Giorgio De Stefano verrà anche intercettato con il primario Vadalà. Il caso è quello del settembre 2010, allorquando un neonato muore durante il parto ai "Riuniti". Sulla scorta di quanto emergeva dalle intercettazioni, le cause che avevano portato al decesso del neonato sarebbero da ricondurre, in via principale, alla perseveranza di manovre espulsive effettuate dall'ostetrica Giovanna Tamiro, sebbene in assenza di quella condizione necessaria che, in gergo medico, si definisce completa dilatazione.
Sospettava che il feto avesse delle patologie cromosomiche e ha fatto abortire la sorella non solo senza il suo consenso e quello del cognato, ma anche mettendo in piedi un piano criminale degno di un film horror. Dalle intercettazioni emergerebbe come attraverso una serie di artifici e raggiri la fecero abortire per poi riportare all'interno della cartella clinica la dicitura "aborto spontaneo".
--banner--
La famiglia Tripodi, comunque, svolge un ruolo assolutamente preminente nel mondo della sanità reggina. La sorella di Alessandro, Loredana, è direttrice del Servizio farmaceutico territoriale, occupandosi delle forniture e dell'approvvigionamento dell'intera Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria. Quell'Asp dove ha svolto il ruolo di commissario anche Ermete Tripodi.
Nessuna contestazione di 'ndrangheta, né nell'inchiesta "Mala Sanitas", né in altre indagini. Tuttavia, stando alle risultanze investigative del passato, il contesto relazionale di alcuni dei Tripodi sarebbe stato piuttosto oscuro. Tra il materiale investigativo che porta, negli scorsi anni, a un'inchiesta a carico dell'ex sottosegretario regionale Alberto Sarra (inchiesta poi archiviata su richiesta della stessa Dda) vi sono le conversazioni tra il boss Giovanni De Stefano e l'avvocato Paolo Romeo, un altro soggetto, al pari dell'avvocato Giorgio De Stefano, che rappresenterebbe un anello di congiunzione tra 'ndrangheta militare e ambienti istituzionali e paraistituzionali. Romeo è stato recentemente arrestato nell'ambito dell'inchiesta "Fata Morgana", che ha svelato le infiltrazioni della 'ndrangheta nella grande distribuzione, ma anche l'esistenza di una associazione segreta che avrebbe condizionato le sorti della città.
In una conversazione Giovanni De Stefano, fa riferimento alla richiesta di voti ed appoggio elettorale avanzata dal cugino Alessandro Tripodi in favore proprio di Ermete Tripodi, candidato con il centrodestra. Nella conversazione in esame, Giovanni De Stefano continua nell'aspra critica ad Alessandro ed Ermete Tripodi, accusati di spendere il nome della propria famiglia per procacciarsi voti. La conversazione attiene alle elezioni amministrative del Maggio 2002 . In particolare, Giovanni De Stefano critica il comportamento dell'imprenditore Domenico Creazzo, candidato, che, disinteressandosi delle vicissitudini del padre, aveva chiesto di "...trovargli i voti...". Paolo Romeo, dopo aver condiviso i medesimi sentimenti di De Stefano nei confronti di Creazzo, estesi anche ad Alberto Sarra, afferma di avere mandato un messaggio ad Alessandro Tripodi cugino di Giovanni De Stefano, per "...cacciare dalla lista..." Genovese.
Dalla conversazione:
DE STEFANO: come un altro che soffre di questi deliri è mio cugino Alessandro.../
ROMEO: è terribile Alessandro ...---/
DE STEFANO: ora ti dico che è venuto ieri a propormi che io gli faccia, siccome lui pensa che ora non c'è mio zio, tutti gli amici di mio zio sono, più o meno, liberi che votavano nella circoscrizione là nella .. cosa di Ermete ..incomprensibile.. fare il rappresentante di lista, a Reggio Campi, per amore di potergli dare sia il voto ad Ermete sia che io tenga a bada quella fetta di amici, di cui don Micuzzo, che stanno a Reggio Campi, che li ha .. quelle persone che stanno da quelle parti, invece di dirmi .. qua ci sono dieci milioni, vai e portaglieli a tuo padre .. (ride) .. hai capito che cosa ti voglio dire ?...---/
ROMEO: ognuno mette al centro del mondo il proprio interesse ..incomprensibile..---/
DE STEFANO: gli ho detto io .. Alessandro se mi vuoi mettere come rappresentante di lista mettimi, io me ne fotto, ma non ti credere che io vado in giro di notte, io, a fare il rappresentante di lista, che non lo ho fatto mai, nemmeno per tuo padre figurati se lo faccio per Ermete, con tutto il rispetto che posso avere per Ermete .. o sbaglio Paolo? .. mi posso mettere a girare la notte per fare il rappresentante ...---/
ROMEO: ..incomprensibile.. votarlo, voti là in quella sezione, voti a lui.../
DE STEFANO: voto nella sezione dove mi mettono rappresentante.. anzi al Comune, più che altro, perché non ..incomprensibile ...---/
ROMEO: ora vediamo, ora vediamo...---/
Il nome di Ermete Tripodi, però, emerge in un altro contesto di 'ndrangheta. Quello analizzato dalle inchieste "Meta" e "Xenopolis" e riguardante il controllo della casa di cura "Villa Speranza" da parte della famiglia Alvaro di Sinopoli. Secondo l'accusa, avvalorata dalle sentenze, il boss Cosimo Alvaro attribuiva fittiziamente agli altri, che consapevolmente ne accettavano l'intestazione, la titolarità e la gestione della casa di cura "Villa Speranza", con sede in Reggio Calabria, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. In particolare, Alvaro, continuava di fatto, quale socio e gestore occulto della casa di cura, ad incamerare gli utili rivenienti dall'attività commerciale e dall'incremento di valore dell'azienda per effetto dei reinvestimenti di parte dei predetti; condotte poste in essere al fine di agevolare l'attività della cosca Alvaro di Sinopoli, attraverso alcuni soggetti come l'ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo.
Tra i soci (mai indagati) della casa di cura vi erano però anche Ermete Tripodi e Marcello Tripodi, fratelli e cugini dei Alessandro Tripodi, personaggio principale dell'inchiesta "Mala Sanitas". Marcello Tripodi rivestiva il ruolo di presidente del Consiglio d'Amministrazione, mentre Ermete era un consigliere dello stesso CdA.
Il nome di Marcello Tripodi, peraltro, è ricorrente nell'inchiesta sugli orrori ai "Riuniti", sebbene questi non sia indagato dalla Procura. Con lui, Alessandro Tripodi si sarebbe confrontato più volte, in alcuni casi anche ironizzando sui gravi episodi avvenuti in reparto.
Tornando a "Villa Speranza", la conversazione del 20 novembre 2006, intercorsa tra Cosimo Alvaro e Natale Bueti, aveva come oggetto l'acquisto di tale casa di riposo, il cui valore reale, secondo l'affermazione dei Alvaro era di circa 400 mila euro, mentre i fratelli Tripodi, Marcello ed Ermete, avevano chiesto 200 mila euro, ma Alvaro intendeva darne 100/mila, aggiungendo che Bueti sarebbe stato assunto all'interno della struttura. Proprio Rocco Palermo (condannato per i fatti di "Villa Speranza"), avrebbe avuto rapporti oltre che con qualificati esponenti della criminalità, anche con esponenti politici, tra i quali il senatore Pietro Fuda. In particolare, nel corso di una conversazione agli atti dell'inchiesta "Xenopolis", Palermorappresentava al nipote Roberto Merenda che in caso fosse stato eletto consigliere provinciale, Fuda gli avrebbe dato la possibilità di poter gestire alcuni posti di lavoro, uno dei quali sarebbe stato dato al nipote, mentre gli altri li avrebbe divisi tra alcune persone di San Procopio ed i componenti della famiglia Tripodi, Ermete e Marcello appunto.
Articoli correlati:
Le intercettazioni: http://ildispaccio.it/dossier/106451-organizza-l-aborto-della-sorella-a-sua-insaputa-le-intercettazioni-agghiaccianti
La figura del dottor Alessandro Tripodi: http://ildispaccio.it/dossier/106484-orrore-ai-riuniti-il-dottor-tripodi-nipote-di-giorgio-de-stefano
L'interrogatorio del medico: http://ildispaccio.it/reggio-calabria/110003-mala-sanitas-tripodi-parla-e-scarica-il-primario-ero-l-unico-a-oppormi