I pentiti parlano: “Ecco la ‘ndrangheta di San Giorgio Extra, Modena e Ciccarello”

pentito 500di Claudio Cordova - "A San Giorgio erano tutti immischiati. Ci sono tante attività che sono tutte colluse". A parlare è il collaboratore di giustizia Enrico De Rosa, l'uomo che da mesi ormai sta riversando le proprie conoscenze a disposizione della Dda di Reggio Calabria. Le dichiarazioni di De Rosa sono confluite nel procedimento d'appello "Alta tensione", celebrato proprio contro le cosche di San Giorgio Extra, Modena e Ciccarello, quartieri della zona sud della città che sarebbero stati letteralmente strozzati dallo strapotere delle famiglie Caridi, Borghetto e Zindato. In primo grado, sulla 'ndrangheta di quei luoghi sono piovuti circa tre secoli di carcere, che ora l'accusa prova a far confermare dalla Corte d'Appello. La Procura Generale, infatti, ha depositato nel procedimento di secondo grado diversi verbali di De Rosa, nonché alcune dichiarazioni di . G. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO], il principale indagato dell'inchiesta "Gambling", divenuto collaboratore dopo che la Dda di Reggio Calabria ha scoperchiato il giro di milioni di euro che la 'ndrangheta avrebbe mosso nel settore del gioco d'azzardo online.

I collaboratori De Rosa e G. sono stati in questi mesi ascoltati dai pm Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Sara Amerio. Il deposito nel procedimento d'appello "Alta tensione" svela ulteriori passaggi fin qui inediti sulle conoscenze dei due pentiti: "La via Pio XI è dei Caridi-Rosmini" afferma De Rosa. Proprio lui che negli anni ha svolto il ruolo di immobiliarista del boss Nino Caridi, genero del boss Mico Libri. Stando al racconto di De Rosa, i Rosmini sarebbero stati comunque meno potenti: "Il loro gestire le attività a San Giorgio è molto più limitata e ristretta rispetto ai Caridi che hanno una zona più ampia e hanno, anche, per dire, "i paddechi", così li chiamano, lo dico perché anche mia nonna era una Caridi, perché discendiamo da Gallicianò, "i paddechi", là non finiscono mai!".

De Rosa rappresenta il volto pulito della 'ndrangheta. La 'ndrangheta che ha studiato e che è capace di fare affari. Intense le sue relazioni non solo con Nino Caridi, ma anche con un altro boss, Checco Zindato, nonché con Domenico Sonsogno, detto "Mico Tatù", soggetto ritenuto il collettore delle estorsioni del clan De Stefano. Nonostante la sua estrazione borghese, infatti, il giovane collaboratore entra ben presto in contatto con gli ambienti malavitosi di quell'area, soprattutto a causa del consumo di cocaina: "Checco Zindato, io l'ho provata, per la prima volta, a casa sua, Checco Zindato la spacciava, la dava e, in più, la spacciava lui direttamente". Con Zindato il "piacere". Ma gli affari veri, De Rosa li avrebbe fatti con Nino Caridi, cui avrebbe prestato la propria attività di "consulente" nel settore immobiliare: "Con Nino si avvertiva proprio il benessere e si vedeva e si toccava con mano anche la liquidità, tipo, che disponeva quotidianamente, parlo di liquidità abbastanza consistente". Dopo arresto di Nino Caridi, avvenuto nel 2007 nell'ambito dell'inchiesta "Testamento", sarebbe diventato il fratello Bruno Caridi il responsabile di quella zona, con il ruolo di capo locale: "Bruno una volta mi disse io sono il fratello più grande e adesso che non c'è Nino ci sono io".

Avendo trascorso diversi anni in quell'ambiente, sia sotto il profilo territoriale, che sotto quello criminale, De Rosa riesce a tracciare un profilo di gran parte dei presunti affiliati. Tra gli altri, interessante quanto riferito sul conto di uno degli imputati del procedimento "Alta tensione", Osvaldo Massara: "Lui aveva il Reggio centro, la zona del mercato che controllava. Del mercato coperto. Io l'ho conosciuto che era con la famiglia Libri, il mio primo incontro ho avuto la sensazione che fosse con i Rosmini addirittura... poi successivamente l'ho visto intrattenersi con delle persone della famiglia Libri, intrattenersi significa non a parlare e a prendersi il caffè, quindi ho desunto che fosse con la famiglia Libri". Riferimenti, peraltro confluiti nel procedimento "Rifiuti SpA 2", anche nei confronti dell'ingegner Lauro Mamone, ex uomo forte della Multiservizi e imputato per considerato uno dei colletti bianchi al servizio della cosca Alampi: "Sì, l'Ingegnere Mamone. Io l'ho conosciuto sempre con esponenti della cosca Caridi - Libri, in particolare una prima volta lo conobbi, tipo, con Demetrio Sonsogno da Mimmo Malavenda. E Mimmo Malavenda mi parlò dell'Ingegnere Mamone dicendo che se avevo bisogno...". Mimmo Malavenda viene identificato nell'imprenditore titolare dell'omonima azienda edile. Un'azienda sottoposta a sequestro in seguito al coinvolgimento dello stesso in indagini di 'ndrangheta, con la condanna di primo grado a 12 anni di reclusione. Un incontro che De Rosa incastra tra il 2008 e il 2009: "Mi disse...io, nel mio lavoro, andavo a trovare sempre terreno per poter fare delle operazioni immobiliari, mi disse...Mimmo Sonsogno mi portò da Mimmo Malavenda e Mimmo Malavenda mi fece incontrare l'Ingegnere Mamone e l'Ingegnere Mamone, tipo, e...Mimmo Malavenda mi precisò che qualsiasi cifra, pure che non ci arrivava lui, lo avrebbe aiutato l'Ingegnere Mamone, per quanto riguarda il finanziamento dell'acquisto di (incomprensibile), di un'eventuale permuta, di inizio lavori e via dicendo". Mamone, dunque, avrebbe finanziato Malavenda, ritenuto un imprenditore di riferimento delle cosche: "Appresi dal Malavenda che infatti mi aveva proposto di trovargli terreni e cose, dicendomi che per quanto riguarda la parte finanziaria e la parte economica... oltre che economica e finanziaria ma anche progettuale dietro di lui ed accanto a lui c'era l'ingegnere Mamone [...]Mi è stato detto, in più, cito testuali parole, mi è stato detto da Mimmo Màlavenda: "trova il terreno che- problemi di soldi non ce ne sono che l'Ingegnere Mamone: ha soldi assurdi". Mamone, quindi, sarebbe stato un soggetto intraneo alle cosche, che avrebbe tratto profitto dalle varie attività edilizie poste in essere da Malavenda, soprattutto nel territorio di San Giorgio, notoriamente sotto il controllo della cosca Libri: "L'Ingegnere Mamone gestiva i soldi. Era un tassello, era una persona, tra le tante persone, che gestiva denaro e operazioni per conto della famiglia Caridi – Libri". Mamone e era un tassello e nel corso dei vari verbali resi ai pm Musolino e Ferracane, De Rosa avrà modo di ribadire: "Sia Demetrio Sonsogno che Mimmo Malavenda, come ho detto nei precedenti verbali, indicavano Mamone come persona vicina alla cosca, inteso la cosca, come cosca Caridi - Libri e, in ogni caso persona anche dalla grande capacità sia tecnica che economica, dalla grande capacità monetaria, per poter investire...".

Oltre alle dichiarazioni di De Rosa, la Procura Generale ha depositato le dichiarazioni di M. G., divenuto collaboratore di giustizia dopo l'inchiesta "Gambling", di cui è il principale indagato. Il Gip di Reggio Calabria, Caterina Catalano, che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare per i soggetti coinvolti nell'operazione interforze denominata "Gambling", che è andata a colpire un'organizzazione 'ndranghetistica con interessi nei giochi online nel definire gli accertamenti svolti dalla Dda scrive di "un'indagine finora senza precedenti, quantomeno nel distretto giudiziario di Reggio Calabria, del tutto innovativa, quanto a tematiche indagate ed esiti cui si è pervenuti, ed al contempo assolutamente tradizionalista, perché incentrata sulla realtà criminale associativa per eccellenza, la 'ndrangheta, che pervade e caratterizza il tessuto sociale, economico, imprenditoriale e (sub)culturale del territorio locale, nazionale ed ormai – come a breve si darà conto – anche internazionale".

M. G., ritenuto vicino agli ambienti del clan Tegano, si sarebbe mosso proprio in quell'ambito. E, per questo avrebbe avuto bisogno di ampia liquidità che economica, che avrebbe richiesto anche negli ambienti di 'ndrangheta di San Giorgio Extra, Modena e Ciccarello, e, più precisamente, in quelli della famiglia Borghetto: "Gino diciamo che non voleva, come posso dire, certe volte non usciva esplicitamente "te li do io i soldi", no? Se erano importi piccoli, tipo 2000 euro, 3000 euro, se erano importi 10, 20 mila euro "spetta, vediamo, chiama quello, chiama a quell'altro", mi presenta un tale" racconta G.. Gli importi – a detta del collaboratore - variavano: "Dipendeva dall'assegno che dovevo pagare, perché purtroppo io avevo anche giornate che dovevo pagare 40-50 mila euro, quindi mi ritrovavo anche ad andare in più parti per richiedere soldi". Il meccanismo era il seguente: "Perché, vi spiego come funzionava, praticamente loro si prendevano... come ti posso dire, tu prendi un cliente e lo porti in un altro posto e ti prendi la percentuale". Da Borghetto, G. si sarebbe recato più volte: "Andavo quando avevo necessità, quindi potevo avere necessità tutte le settimane, da un minuto all'altro, andavo e gli suonavo a casa: "Gino ho bisogno di 3000 euro... dai per favore" e li trovavo, si trovavano". Borghetto avrebbe dunque garantito sulla solvibilità, ma nel meccanismo si incastra anche Donatello Canzonieri, ritenuto uomo degli ambienti del clan Tegano e legato a Mariolino da un'amicizia di vecchia data: "Su Borghetto c'era Canzonieri, che mi aveva portato da Borghetto, quindi era una bella combriccola".

Una combriccola di 'ndrangheta, che G. avrebbe coinvolto anche nel proprio business su gioco d'azzardo e scommesse. Mariolino, infatti, doveva 30-35mila euro a Fabio Giardiniere, imparentato con i Serraino, e condannato nel procedimento "Epilogo" proprio per associazione mafiosa: "In un incontro che facciamo io gli dico: "Senti ma che ne dici se facciamo un qualcosa di scommesse, se tu hai la possibilità visto che io ho tanti amici che giocano, che scommettono", io in quel momento non stavo più scommettendo, "visto che io ho tanti amici quindi se tu apri un centro scommesse io ti posso dare una mano, porto gente a scommettere, insomma, e mi dai anche una mano a me, io voglio dire, ecc. ecc. tanto non è che ci vogliono tanti soldi, gli ho detto io, per aprire un centro di questi qua, gli ho detto, serviranno tre, quattro computer, qua e là", e lui mi fa: "Guarda c'è un negozietto a San Sperato che costa 300 euro, 200 euro se vuoi, se vogliamo provare... però con le scommesse tu pensi che poi mi dai i soldi a me", dice". Un affare dal quale Giardiniere uscirà per volere della suocera, lasciando G. sulla "piazza" insieme ad altri soggetti.

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