di Angela Panzera - Assolto perchè il fatto non sussiste. Lo ha deciso la Corte d'Appello di Reggio Calabria che, in accoglimento della tesi difensiva avanzata dall'avvocato Andrea Alvaro, ha assolto dall'accusa di essere il capo promotore di un'associazione per delinquere, il poliziotto Antonio Franco. Franco era accusato inoltre, di una serie di tentativi di raggiri nei confronti di Paolo Fallara, fratello di Orsola Fallara, la dirigente del Settore Finanze del Comune di Reggio Calabria, deceduta per ingestione di acido muriatico dopo essere stata coinvolta nello scandalo riguardante presunte autoliquidazioni di denaro effettuate durante il proprio mandato che hanno portato in primo grado alla condanna dell'ex sindac reggino, Giuseppe Scopelliti, punito con sei anni di carcere dal Tribunale presieduto da Olga Tarzia. Per il reato di tentata truffa e per una serie di falsi i giudici di Piazza Castello hanno dichiarato la prescrizione. In primo grado il poliziotto era stato condannato dal gup reggino, Massimo Minniti, a 3 anni e 4 mesi di carcere.
Oltre alla vicenda Fallara le indagini si spinsero anche ad ipotizzare alcuni tentativi di truffa posti in essere ai danni dei familiari dell'onorevole Fortugno e di Gianluca Congiusta, l'impnredtore sidernese ucciso secondo la Dda dal boss Tommaso Costa, attualmente sotto processo in Appello. Secondo l'accusa, il poliziotto, in servizio presso la Questura di Reggio Calabria, avrebbe messo in piedi, sfruttando anche la propria posizione e le proprie conoscenze, un'organizzazione finalizzata alla truffa, utilizzando notizie false per prospettare problemi, o possibili vie d'uscita da essi, a persone implicate in alcune delle vicende giudiziarie più "calde" degli ultimi anni. Franco già in primo grado ottenne l'assoluzione per i casi riguardanti Riccardo Partinico, ma, soprattutto, Mario Congiusta, padre di Gianluca, che sarebbe stato contattato dal gruppo, con una lettera anonima che parlava di fantomatico materiale probatorio che avrebbe dimostrato la colpevolezza di Salerno, scagionando, di fatto, il boss Tommaso Costa, ritenuto responsabile del delitto del giovane. All'esito del primo grado il legale Alvaro riuscì a riqualificare da tentata estorsione a tentata truffa i due casi, Fallara e Fortugno.
A Paolo Fallara, fratello di Orsola Fallara, i tre avrebbero spedito più lettere anonime in cui veniva paventata l'imminente emissione di un provvedimento cautelare nei confronti della donna, con tanto di firma (falsa, ovviamente) di un magistrato. Una circostanza del tutto infondata che, però, nell'ottica dei tre indagati, avrebbe potuto gettare nel panico la famiglia, inducendo al pagamento di 30mila euro. Paolo Fallara, però, non acconsentì alla richiesta, denunciando le lettere ai Carabinieri, che, immediatamente, si misero sulle tracce degli artefici. E così, i militari dell'Arma riuscirono a pizzicare Franco, vice sovrintendente della Polizia presso il Nucleo Operativo di Prevenzione, e il complice, Belgio, sul luogo designato per il pagamento di una prima tangente di 13mila euro.
Un sistema, dunque, che, nell'ipotesi accusatoria, avrebbe avuto il poliziotto Franco come capo e promotore del sodalizio e Agelo Belgio un valido aiutante, pronto a fornire il necessario supporto logistico e informativo per i tentativi di truffa. Prezioso anche il contributo di Rosa Bruzzese, moglie del poliziotto: la donna, infatti impiegata presso il negozio di telefonia "Top Line Service", di proprietà del cognato di Paolo Fallara, avrebbe attivato diverse sim card intestate a soggetti diversi dai reali utilizzatori. I due imputati, Belgio e Bruzzese, però hanno scelto di essere giudicati in ordinario. Adesso quindi finisce in un buco nell'acqua l'inchiesta della Procura che vedeva in Franco il capo promotore del sodalizio.
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