Uccise marocchina a Reggio Calabria: definitiva la condanna su Attilio Oliva

cortedicassazione 500Omicidio Belakhdar, definitiva la condanna per Attilio Oliva. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso avanzato dell'imputato condannato il 20 gennaio dello scorso anno a 23 anni di carcere dalla Corte Assise d'Appello di Reggio Calabria. Oliva quindi è stato riconosciuto colpevole di aver ucciso Nezha Belakhdar, la donna di origine marocchina il 16 marzo del 2013 nei pressi del popoloso rione Marconi. Per i giudici dell'Assise d'Appello, e adesso per la Suprema Corte, non ci sono dubbi. Ad aver inferto i colpi mortali alla donna è stato Oliva. L'altra imputataBruna Navella,difesa dall'avvocato Vincenzina Leone in Appello è stata condannata a 3 anni e 9 mesi limitatamente per il reato di rissa. La Navella in un primo momento fu riconosciuta colpevole anche lei per l'omicidio di Nezha Belakhdar. Il gup Barbara Bennato dispose infatti, 20 anni di carcere. In Appello però la sentenza è stata ribaltata e la Corte la assolta da ogni accusa. L'assoluzione è divenuta definitiva poiché è stata la stessa Procura Generale a chiederla e quindi successivamente non ha proceduto a ricorrere in Cassazione. Quella sera di tre anni fa zia e nipote erano insieme nelle stradine del rione Marconi. Le due donne, ossia la Navella e la Belakhdar, avevano iniziato a litigare animosamente; anche Oliva si intromise nel litigio. Il motivo sarebbe da ricondurre ad alcuni mobili abbandonati nella palazzina in cui le due donne abitavano. Mobili dati alle fiamme. Dopo l'ennesimo scontro con la vicina, Attilio Oliva si è scagliato contro Nezha Belakhdar e l' ha uccisa davanti ai vigili del fuoco e ai Carabinieri giunti i primi per l'incendio e i secondi per la rissa. Fondamentale per l'accusa fu quel coltello ritrovato proprio nelle mani del giovane. "Non va dimenticato-è scritto nella sentenza di Appello- che lo stesso Oliva, nel corso dell'itero giudizio di primo grado non ha mai reso dichiarazioni che potessero far pensare che il coltello non fosse suo. Lo stesso comportamento risulta tenuto poi anche nel corso del secondo grado quando l'Oliva, preso atto ormai dall'assoluzione definitiva della zia, avrebbe potuto tranquillamente attribuire alla stessa un ruolo determinante nella vicenda ed in particolare la detenzione del coltello. Questo silenzio, poco comprensibile nell'ottica difensiva, va interpretato conseguentemente come un chiaro ed univo indice della piena coscienza e consapevolezza dell'Oliva di non poter seriamente controbattere il quadro accusatorio esistente a suo carico". Un silenzio questo di Oliva, il quale si è sempre dichiarato innocente, che gli si è ritorto contro e ha portato alla sua condanna definitiva. "Se a colpire la vittima fosse stata Bruna Navella, e non l'Oliva, il teste De Chiara (uno dei Carabinieri presenti sul luogo del delitto ndr) , che si trovata ad una brevissima distanza dai litiganti e ha assistito all'intera dinamica dell'aggressione, avrebbe dovuto necessariamente notare quest'ultima nell'atto di colpire ripetutamente la Belakdhar sia sulla schiena che sul petto. Questi colpi, o meglio pugni, risultano inferti invece solo dall'Oliva, mentre la Navella risulta aver dato esclusivamente un calcio allo stomaco. Va tenuto conto, che il numero dei colpi inferti alla vittima, ossia tre, e le regioni del corpo attinte risultano compatibili esclusivamente con l'azione violenta tenuta dall'Oliva". Sono racchiuse in queste frasi le motivazioni con cui la Corte d'Assise di Reggio Calabria lo ha condannato. Adesso quindi la Cassazione scrive la parole "fine" sull'omicidio della Belakhdar.