Reggio al bivio. Simonetta Bonomi “La cultura è un investimento, non un costo”

bonomisimonettaildispacciodi Daniela Liconti - Da cinque anni Soprintendente per i beni archeologici della Calabria e al timone del Museo archeologico in concomitanza con la sua lunga e discussa ristrutturazione, Simonetta Bonomi parla di Reggio da professionista impegnata in un settore spinoso, ma anche un po' da abitante di quella che dal 2009 è la sua città.

Quali dovrebbero essere secondo lei le priorità della futura amministrazione comunale?

A Reggio lavoro e vivo e quindi mi sento - per quanto sempre con la valigia in mano – cittadina e da quest'ultimo punto di vista ho avuto parecchi shock, C'è una scarsa attenzione verso l'aspetto generale della città e molte persone mi scrivono decantando le bellezze del territorio, sottolineando che una cura al decoro generale non guasterebbe. Il cittadino non se ne accorge? Non ne è infastidito? E se lo fa, perché non trova risposte? Possibile che bisogna comprare l'acqua da bere? Dalle mie parti tutto questo è impensabile.Non siamo nel deserto, abbiamo l'Aspromonte, l'acqua certo non manca. C'è anche un certo disprezzo per i cittadini nel sospendere l'erogazione idrica, magari per giorni, senza alcun preavviso. Tutto questo contribuisce a non dare un bel quadro della città. Dal punto di vista del decoro urbano, l'argomento della pulizia è ormai parte integrante dei commenti che il turista consegna al Museo estendendoli alla città. Se una città vuole sviluppare la propria vocazione turistica deve dare una bella immagine di sé. La natura l'ha favorita, siamo in un posto che chiamarlo paradiso è riduttivo, potrebbe essere una città molto elegante, ci sono edifici in centro che meriterebbero di essere valorizzati e tirati a lucido perché sono parte dell'immagine della città. Nel mio campo specifico, ci vorrebbe un po'più di attenzione all'offerta culturale. Il Museo è un bene dello Stato e noi, nel bene e nel male, stiamo cercando faticosamente di venir fuori dalla sua ristrutturazione e consegnare alla città un museo che funziona, ma questa è una nostra responsabilità. Fuori da questo perimetro, il patrimonio è ampio e dunque si vada avanti con gli altri, che sono in affanno o chiusi o ancora in costruzione - vedi il Complesso della Visitazione, un posto molto bello che può offrire servizi di straordinaria qualità - in modo da dotare finalmente la città, come tutte le città, di un luogo della sua memoria. Il Museo archeologico arriva alla Rhegium romana, ma non la sviluppiamo, pur essendoci tanti reperti che qui non potremo esporre. Tante volte ho discusso con l'amministrazione comunale circa l'opportunità di andare avanti sullo sviluppo della storia della città dall'epoca romana in poi e impiantare un museo civico, ma si va avanti con fatica. Non vado a sindacare sulle diffuse difficoltà di espletare appalti pubblici che siano scorrevoli, non c'è da stupirsi se oggi si scopre che a Genova i 35 mln di euro stanziati per il torrente Bisagno sono da tre anni bloccati da ben cinque ricorsi: è sempre così. Il Museo del Mediterraneo di Zaha Hadid, al di là delle valutazioni sull'architettura, è parte integrante di un'operazione che effettivamente contribuirebbe alla riqualificazione di una buona parte della città, anche quello potrebbe rappresentare un elemento di attrazione. Lì si potrebbe creare un museo molto innovativo con un'esposizione anche di reperti archeologici sul tema. Voglio dire che il Museo archeologico non può essere l'unico polo su cui la città deve puntare. Se si vogliono trattenere i flussi turisrtici, bisogna offrire più cose. Se anche i piccoli musei decollassero un po' si costituirebbe una rete ben definita nell'offerta. Ma non c'è una politica su questo ed è il Comune che avrebbe il compito di coordinarci tutti. Ad esempio, tra i suoi ambiti di competenza rientrano le aree archeologiche della città, e alcune sono state affidate ad associazioni che fanno quello che possono e anche di più, con i limiti del caso perché si tratta di persone che ci si dedicano nel tempo libero. Ma non si può pensare di rendere un servizio alla persona - tra cui rientrano quelli culturali - delegando un'associazione, ci dev'essere un impegno ad istituzionalizzare la cultura. Le amministrazioni che hanno in carico un patrimonio storico-artistico devono fare un investimento qualitativo anche in termini di risorse umane. Non può essere un impiegato comunale a dirigere un parco archeologico, ci vuole un referente con competenze specifiche chein grado di prendere iniziative adeguarte, collegarsi ad altri circuiti, creare occasioni. Purtroppo i ragazzi se ne vanno ed è un peccato perché se ci fossero le condizioni per lavorare nell'ambito culturale, almeno una parte potrebbe rimanere qui.

Come influisce sulle scelte formative dei giovani la scarsa attenzione verso i beni culturali?

Non credo influisca nella scelta in sé perchè c'è sempre un interesse molto forte, ma se poi guardiamo agli sbocchi profesionali, certo è scoraggiante. D'altro canto il nostro mestiere rientra nell'ambito delle scienze umanistiche che sono un po' le cenerentole della formazione accademica, ma questo non vale solo per la Calabria. Abbiamo due buone università a Messina e Cosenza, il problema è creare delle occasioni per lavorare. Pensiamo a tutti i musei civici che stanno nascendo sul territorio, anche molto piccoli: i Comuni non pensano che ci debba essere qualcuno a dirigerli? Solo il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza ha un'archeologa alla sua direzione, un caso più unico che raro...infatti lavora molto bene.

Con la nuova riforma dello Stato si aprirà uno scenario diverso...

Le regole cambieranno e non sono in grado di prevedere gli sviluppi effettivi perché il ministero sarà riformato. Se oggi il cittadino si rivolge alla Soprintendenza per il Museo, per ragioni di tutela del territorio, per un parco archeologico territoriale, domani dovrà rivolgersi a tre diversi referenti perché ci sarà il direttore del museo, il Soprintendente che si occupa solo di tutela e il direttore del Polo Museale Regionale che avrà competenza su tutti i siti minori, che saranno scorporati dalla Soprintendenza che li ha creati. Ci sarà una forte frammentazione con un'aspettativa di conflitti perché saremo tutti pari grado. Questo creerà disservizi e una spartizione di organico, peraltro insufficiente a coprire tutti gli ambiti. Noi soprintendenti non abbiamo fatto molto per farci amare ma, nel bene e nel male, quel poco che si è salvato è stato grazie alle soprintendenze ai beni archeologici, architettonici, storici-artistici. Oggi che tutti pensano al turismo, se non conserviamo bene il nostro patrimonio, se non ci resta niente da mostrare, chi verrà qui? La conservazione è il valore primario: per chi lavora nel nostro ambito questo è chiarissimo, ma evidentemente per chi fa le riforme, no. Questo mi preoccupa molto. Soprattutto se penso alla città metropolitana, e sono curiosa di capire come funzionerà l'area nè mi è chiaro come saranno i rapporti con questo nuovo organismo.

Reggio al bivio. Cosa si aspetta dalla futura amministrazione?

Intanto di fare un po' d'ordine. Spero che abbiano poche idee ma chiare e anche la tenacia di portarle a compimento, anche per far funzionare l'ente nei rapporti con i cittadini. So bene cosa sia la fatica di amministrare, ma quando si fa cultura l'importante è non essere avventurosi nè velleitari ma avere delle idee e lasciar fuori ogni improvvisazione. Da quando abbiamo aperto il Museo sono stata travolta dalle richieste da parte di artisti ma bisogna saper scegliere e darsi gli strumenti per farlo. Da archeologa, fare una selezione di arte contemporanea non è facile, ho cercato di dare spazio a tutti perché mi pareva importante che la città si riappropriasse del suo museo. Credo che dopo l'apertura che avverrà a febbraio, farò una manifestazione di interesse dando dei criteri precisi, tempi e spazi, in modo da governare la materia e dare più spazio alla qualità. Abbiamo fatto una piccola esperienza con il Conservatorio abbinando un ciclo di concerti ad una mostra su Giuseppe Verdi, un'esperienza molto bella che vorrei ripetere. Ma non si possono fare le nozze con i fichi secchi e gravare solo e sempre sulle risorse umane disponibili per compensare le limitate risorse. La cultura è un investimento, non un costo e se i poli culturali funzionano, portano frutti. Da gennaio abbiamo incassato 300 mila euro e da quando il ministero ha eliminato la gratuità agli over sessanta, gli incassi sono aumentati ovunque. La programmazione è fondamentale, così come avere una direzione chiara da seguire nel settore se si vuole investire seriamente e proporre un'offerta variegata che si rivolga a tutti. Creare una struttura efficente in questo senso è compito dell'amministrazione comunale.