Reggina, Foti torni dall'Australia con la pelle dell'orso. Ed in provincia si inizia a fare sul serio

fotiinsultadi Paolo Ficara - Qui o si fa l'Italia, o si muore. Volendo mettere la Reggina al posto della patria, per poi attribuire la frase a Lillo Foti immaginandolo nelle vesti di un Garibaldi col sigaro, potremmo riassumere senza grossi sforzi giornalistici i contenuti dei dialoghi che intercorrono attualmente in Australia. L'eventuale buon esito del lungo viaggio, l'ingresso di uno o più soci all'interno del cda, la sopravvivenza del club a prescindere dall'esito della stagione agonistica: tutti argomenti sui quali rimarrà una nube d'incertezza, fino al ritorno sul suolo calabrese dell'attuale azionista di maggioranza. Se non oltre.

Convincere un solo soggetto ad investire in una società calcistica militante in una categoria priva di particolari introiti, con un pesante fardello debitorio sulle spalle e col tangibile rischio di trasformarsi, tra circa 80 giorni, da s.p.a. a s.r.l. con l'eventuale perdita del parco calciatori in caso di retrocessione in D e mancato ripescaggio, non è cosa semplice. Se poi gli interlocutori sono addirittura 10 (a tale numero arriverebbe la cordata australiana, capeggiata comunque da uno o due soggetti al massimo), una fumata bianca rappresenterebbe un successo economico superiore alla famosa cessione di Rolando Bianchi al Manchester City per 15 milioni.

Di sicuro, se Foti si è sobbarcato un tragitto aereo così lungo nonostante i noti malesseri alla schiena, la certezza di tornare a casa almeno con un contributo minimo ce l'ha. Un po' per la sua voglia di non lasciare il mondo del calcio (anche senza il giocattolo Reggina, avrebbe comunque le porte aperte per amministrare un club al nord Italia), un po' per quel barlume di lucidità che difficilmente consentirà ai suoi interlocutori di accollarsi l'intero pacchetto azionario di una società in enorme crisi economica, dovrebbe rimanere o come presidente o comunque con un ruolo di comando.

Non è abitudine della Reggina targata Foti, vendere la pelle dell'orso prima di averlo ammazzato. Attorno ai contatti con questi imprenditori italo-australiani, ad oggi senza un nome, il chiacchiericcio è gonfiato al punto da dimenticarsi delle prestazioni scandalose di una squadra che tutto sta facendo, tranne che il proprio dovere. La speranza di tutti è che si concretizzi almeno un'iniezione di liquidità, fermo restando che tamponerebbe l'emorragia finanziaria non di certo in eterno. Se ciò non dovesse accadere, bisogna prepararsi ad altri scenari.

Esistono, eccome se esistono, gli imprenditori del territorio pronti ad assumere le redini della principale nonché storica squadra calcistica di Reggio Calabria. Certo, nessuno è talmente "innamorato" da prendersi in carico l'attuale Reggina Calcio 1986. Qualora la pista australiana non si concretizzasse o in questa settimana, o da qui a giugno, c'è già chi sta organizzando in silenzio e con notevole serietà delle mini-cordate pronte a raccogliere il testimone (leggi titolo sportivo). La maggiore concretezza potrebbe giungere dalla provincia.

Da parte nostra, sarebbe troppo crudele esprimerci su quale male sia minore: proseguire il percorso di questa Reggina Calcio 1986, destinata prima o poi ad implodere, o ripartire subito da zero?