di Paolo Ficara - Come l'Ave Maria. Il primo nome di quella formazione del 1988, tutt'oggi snocciolata a memoria da almeno due generazioni di tifosi della Reggina, rappresenta anche l'ultimo giocatore capace di difendere i pali per un quinquennio consecutivo in riva allo Stretto. Dopo di lui, alcuni ottimi portieri fermatisi però non più di due anni; più l'eterno Belardi, che l'amaranto l'ha indossato a lungo sia da titolare che da dodicesimo. Ma la continuità garantita negli anni da Mauro Rosin, non l'abbiamo più trovata.
L'attuale preparatore dei portieri dell'Atletico Montichiari, in Serie D, è tra gli estremi difensori meno battuti nella storia centenaria della Reggina. Preso dalla neonata società presieduta da Pino Benedetto nel 1986, è stato il guardiano dei pali fino al 1991. Una promozione dalla C1 alla B nel 1988 (spareggio vinto contro la Virescit), una Serie A sfiorata l'anno successivo (sconfitta ai rigori nello spareggio con la Cremonese). In questa intervista concessa al Dispaccio, Rosin parla delle stagioni vissute a Reggio come se fosse ieri.
Come ti venne manifestato l'interesse da parte della Reggina, nel 1986?
"Ero della Sampdoria, mi avevano dato in prestito per due anni prima al Perugia in B e poi al Prato in C1. Mi venne riferito che c'era la possibilità di andare a Reggio Calabria per fare un campionato di C1, col mister Albertino Bigon. Accettai l'offerta, dopodiché ho iniziato la mia trafila in amaranto. La serietà di una persona come Bigon fu decisiva per avere l'input giusto, ed iniziare la mia carriera a Reggio. Avevo 21 anni".
E trovasti una società nuova di zecca.
"C'erano Benedetto e Foti. Appena sono arrivato, ho capito che si trattava di una società di famiglia. Tutti disponibili ed alla mano, in tutto e per tutto. È un po' la caratteristica dei reggini, forse è per questo che mi sono trovato molto bene".
Cosa è scattato nel biennio di Scala?
"Il non plus ultra di quel che può succedere nel calcio. Una miscela perfetta tra giocatori, allenatore, società e spogliatoio. Eravamo amici dentro e fuori dal campo, un gruppo in cui ognuno lottava per il compagno. E poi ci si divertiva. La cosa fondamentale di Nevio Scala, che ricorderò per sempre, è la semplicità con cui riusciva a farci stare tranquilli e ad allenarci. È il miglior tecnico che abbia mai avuto".
Considerando che sei stato allenato anche da Zeman, per Scala è un bel complimento.
"Non c'è proprio paragone, lo dico in maniera molto sincera. Due allenatori all'opposto. Scala ha ricevuto la metà della metà di quel che avrebbe meritato. La carriera di Zeman, Scala l'avrebbe potuta fare tre volte".
Cosa hai provato quando sei entrato in uno stadio che già conoscevi, il Curi di Perugia, nel giorno dello spareggio con la Virescit?
"L'emozione è stata proprio quella. Mia moglie è di Perugia, lì ho parenti ed avevo giocato un anno in quella città a cui sono legato. Per me è stata un'emozione stratosferica, a pensarci adesso mi vengono i brividi. Ricordo la marea di gente presente in quello stadio, tutti reggini. Vedere gli spalti tutti colorati di amaranto, in una giornata di festa, ha rappresentato il momento più bello della mia carriera. Una partita perfetta. Affrontavamo una signora squadra, con giocatori di grande livello come Marco Simone".
Nell'annata successiva, alla Reggina arrivò il nostro attuale allenatore Diego Zanin.
"All'epoca, Diego era sicuramente un signor attaccante. Sapeva stare in campo, è stato un ottimo compagno. Noi ex giocatori, quando diventiamo allenatori un po' cambiamo. Sappiamo che tipo di atteggiamenti può assumere un calciatore nei confronti di un mister. Credo che Diego, in termini di personalità, sia in grado di poter gestire un campo ed una tifoseria come quella di Reggio".
Al di là di un rigore, in quegli anni in B è mancato qualcosa per fare il grande salto?
"Ci siamo ritrovati, nel giro di due anni, dalla C1 a disputare uno spareggio per la promozione in Serie A. Abbiamo visto un qualcosa di molto più grande, forse non eravamo consapevoli e ci mancava l'astuzia dei calciatori della Cremonese. Hanno vinto sotto questo punto di vista. Noi eravamo un'Armata Brancaleone, capace di fare imprese restando unita e grazie al nostro timoniere Nevio Scala".
Sono cambiate le prerogative di un portiere, dagli anni '80 ad oggi?
"Secondo me sì. Al giorno d'oggi non si va più alla ricerca del portiere tecnico e che sa stare tra i pali. Si cercano portieri che abbiano il fisico, le abilità tra i pali e nelle uscite si guardano dopo. Credo sia sbagliato, è stata tralasciata la scuola. Sto vedendo gente mediocre a livelli alti, sia in A che in B".
La Reggina ha conquistato la Serie A nel 1999, e da avversario hai assistito alla nostra vittoria a Brescia. Cosa hai provato?
"Il ricordo di quei cinque anni è indimenticabile. Ovvio che in quella partita, speri che la tua squadra vinca. Alla fine, la Reggina ha meritato il risultato, quindi la sconfitta mi è dispiaciuta di meno. Il fatto che quei punti servirono per andare in Serie A, mi rende felice. Fu l'occasione per rivedere e salutare il mio amico Mimmo Tavella, il magazziniere. Lui amava i portieri, si dedicava in maniera particolare alla divisa ed agli allenamenti. Era molto passionale. Poi anche i vari Franco Iacopino e Lillo Foti, tutta gente per me molto importante".
Con chi sei rimasto in contatto di quei compagni degli anni '80?
"Ultimamente mi sento spesso con Ivan Guerra, che sta lavorando nella zona di Salò. Qualche volta ho sentito Armenise. Gli altri so cosa fanno o cosa non fanno, per sentito dire".
Stai seguendo la Reggina attuale ed il campionato di B?
"Il torneo è molto complesso. La Reggina sta facendo fatica, specie con le dirette concorrenti. Quando non fai risultato in queste partite, diventa difficile".
I tanti avvicendamenti in panchina cosa vogliono dire?
"È il segnale che si è sbagliato qualcosa all'inizio dell'anno. Sei partito per fare un certo tipo di campionato e ti ritrovi a farne un altro. Le scelte non sono state quelle giuste, anche se poi è facile dar la colpa all'allenatore. La responsabilità bisogna avere il coraggio di dividerla fra le varie componenti: società, direttore sportivo, allenatore e giocatori. Chi va in campo deve metterci qualcosa di suo".
Che opinione hai di Benassi e Pigliacelli?
"Benassi ha dimostrato in passato le proprie qualità, ma ogni stagione ha la sua storia. Ci sono i bomber che un anno segnano 20 gol, e l'anno dopo faticano ad arrivare a 7. Lo stesso vale per il portiere. È un ruolo determinante, e se non trova l'ambiente giusto è un problema. Se gli attaccanti cominciano a fregarsene, i centrocampisti non fanno il loro lavoro ed i difensori hanno qualche problema, ovvio che poi ne risenta il portiere. Deve però avere quel pizzico di personalità per emergere e metterci delle toppe, è pagato per questo".
Quale aneddoto ci puoi raccontare, relativo al biennio di Nevio Scala?
"Parlando di Scala mi brillano gli occhi. Era uno di noi. Faceva le partitelle, ricordo che durante una di queste, non so se Attrice o Bagnato gli rifilò una gomitata involontariamente. Gli saltò la protesi dentale, ed io gliela raccolsi in mezzo al campo. Lui tranquillamente, con un sorriso, disse che non c'era da preoccuparsi e non era stato fatto apposta. Sono piccole cose, che servono per capire la tranquillità che ci ha dato quest'uomo".
Ai calciatori che oggi provano a tenere la Reggina in Serie B, cosa ti senti di dire?
"Per essere un calciatore della Reggina, devi giocare col cuore. Sono stato sempre stimato, perché sia in allenamento che la domenica davo il 101%. Il tifoso reggino, più del risultato vuol vedere questo. Se i giocatori danno il massimo, possono camminare a testa alta. L'ho vissuto sulla mia pelle: annate bellissime, ma anche una retrocessione. Ho toccato il cielo con un dito, ma sono pure finito col sedere per terra".
Al termine, lasciamo libero Rosin di aggiungere quel che gli fa più piacere: "Ricordo che il mio secondo era Enzo Di Palma, attuale preparatore dei portieri in Nazionale. Sono onorato dei cinque anni di Reggio, non rinnego un solo giorno trascorso lì. Specie la disponibilità degli amici. Ho tanti contatti con gente di Reggio, nonostante siano passati più di 20 anni. Io e mia moglie ci siamo ripromessi di tornare la prossima estate. Saluto tutti col cuore e con tanta gioia. E se ci fosse bisogno di me..."