di Paolo Ficara - Il rinforzo che non t'aspetti. Il clima in cui è stato accolto Luca Tognozzi a Reggio, nella sala stampa per la presentazione assieme a Palmiro Di Dio e Leonel Rios, non era sicuramente idilliaco in quel settembre del 2006. Sulla Reggina gravava un handicap in quel momento di 15 punti, e da più parti si chiedeva la testa di Lillo Foti per gli acquisti low-cost. Il mediano toscano ha smentito gli scettici in quella stagione, rivelandosi una pedina preziosa nello scacchiere di Walter Mazzarri.
La salvezza ottenuta nonostante il -11 in classifica, gli è valsa la cittadinanza onoraria. Il prosieguo dell'avventura amaranto ha registrato alti e bassi per Tognozzi, ed è culminato con una cessione al Brescia nel febbraio 2009. Rientrato pochi mesi dopo dal prestito, ha nuovamente fatto le valigie per tornare al Pescara. Adesso, ad attività agonistica terminata, il 36enne ex centrocampista ripercorre quelle tappe al Dispaccio, soffermandosi anche sulla Reggina attuale.
La salvezza del 2007 è il punto più alto sia dell'epopea della Reggina, ma anche della tua carriera.
"Il ricordo è sempre vivo, ho toccato l'apice. Fu un campionato strepitoso, cominciammo con una penalizzazione di 15 punti poi ridotta ad 11. La cavalcata fu entusiasmante, concludemmo con 51 punti. Ci si divertiva a giocare, stavo proprio bene".
Che ambiente avevi trovato, al momento del tuo arrivo?
"Il morale non era altissimo. Io mi affacciavo per la prima volta alla Serie A ed avevo entusiasmo. Ho trovato però abbattimento, la sentenza della giustizia sportiva era stata appena confermata. Mazzarri mise tutto a tacere, chiedendo di non guardare la classifica fino a dicembre. Bisognava andare avanti giornata dopo giornata, senza nemmeno guardare i nomi delle avversarie che affrontavamo".
Chi ha i maggiori meriti per quell'annata?
"Forse il mister, ma i meriti sono un po' di tutti. Ci fu l'esplosione di Bianchi, la mancata cessione di Amoruso che anche lui segnò tantissimi gol. Dal primo all'ultimo, dal magazziniere al presidente, per raggiungere un risultato del genere significa che ognuno mette qualcosa. Poi, alla guida c'era un allenatore rivelatosi tra i migliori in circolazione".
Dopo una sconfitta a San Siro, in una delle poche gare mal giocate in quella stagione, Foti disse che avrebbe voluto undici Tognozzi.
"Ricordo benissimo la sconfitta col Milan, ma non sapevo che Foti disse così. Arrivai in punta di piedi, per me era un sogno. Non ricordo questo particolare delle dichiarazioni, ma fa piacere. All'epoca ero entrato nelle grazie del presidente".
Dopo quell'idillio, come si è arrivati a finire in B?
"Partirono dei giocatori importanti, e poi si verificò una serie di cambi di allenatori che non giovò alla squadra. Nel secondo anno mio ci furono tre avvicendamenti, ma riuscimmo a salvarci vincendo tutti gli scontri diretti alla fine. Nella stagione successiva altre cessioni importanti ed altri cambi di allenatore, partimmo subito male. Ricordo diversi infortuni e qualche incomprensione di troppo. Dispiace, pensavo che la Reggina sarebbe stata solo di passaggio in Serie B. La struttura c'era, sono cose che possono succedere nel calcio, ma non mi aspettavo così tanti anni in B. E adesso rischia addirittura di retrocedere. Una società capace di andare a scoprire i giovani talenti, oltre che a posto con i bilanci. Peccato".
Uno di problemi, di quell'annata conclusa con la retrocessione in B, fu la scarsa comunicazione tra l'allenatore ed i pochi calciatori di carisma?
"Si creò uno strano clima, e si respirava un'aria non buona. C'era sfiducia e grossi malumori. Poi è mancato un pizzico di fortuna. Io chiesi di andarmene, vedevo che per me non c'era più spazio, ed andai a giocare a Brescia. Qualche mese di prestito, poi pensavo di tornare a Reggio ma le cose andarono in un altro modo. Rimane sempre un ricordo bellissimo, e mi dispiace vedere adesso la Reggina in questa situazione".
Hai mantenuto i rapporti con Foti?
"L'ho visto a Pescara ed a Coverciano, per una riunione tra capitani ed allenatori. In quell'occasione ci siamo parlati, ma è più che altro la distanza che non ci fa rincontrare. È una persona a cui porto sempre rispetto, mi ha cambiato la vita".
Atzori esonerato e poi richiamato dopo un mese e mezzo. Ti ricorda qualcosa questa mossa?
"Non è una cosa positiva. Credevo che Castori riuscisse a portare personalità. Le sue squadre sono abituate a lottare, la B è un campionato bello ma anche molto agonistico. Speriamo che col ritorno di Atzori possano migliorare le cose, i giocatori lo conoscono già. Bisogna disputare un girone di ritorno con una media punti da playoff. Serve fiducia".
Che tipo di difficoltà troveremo a Brescia?
"Il Brescia ha una squadra forte, la classifica inganna. Sono tosti, ancora hanno qualche assente di troppo. È una squadra di categoria, ma la Reggina deve pensare a sé stessa, senza concentrarsi troppo sull'avversario. Spero che questa intervista sia di buon auspicio, dato che mi hanno chiamato i giornalisti di Pescara prima che giocasse a Reggio".
Come è maturata la decisione di appendere le scarpe al chiodo, e cosa ti aspetti dal tuo nuovo percorso come allenatore?
"La mia fase era calante. Due anni fa mi sono rotto un braccio giocando una partita a Terni, e sono finito sotto i ferri due volte. Andando a giocare tra i dilettanti mi sono accorto di non avere più stimoli, non mi divertivo più. Ho preferito smettere prima che me lo dicesse qualcun altro. La mia passione rimane comunque il calcio, adesso alleno gli Allievi della Pistoiese. Non mi sono mai posto obiettivi, non faccio voli pindarici. Cerco di imparare ogni giorno. Verrò a Reggio per salutare tanti amici, e per far vedere ai miei bambini dove ha giocato il babbo".