di Paolo Ficara - La parola d'ordine è vincere. Lo sa bene Giuliano Zoratti, chiamato nell'estate del 1994 a riuscire dove prima di lui ce l'avevano fatta soltanto Tommaso Maestrelli e Nevio Scala. La terza promozione in Serie B della Reggina, sfiorata nella stagione precedente (playoff persi con la Juve Stabia dopo un lungo testa a testa col Perugia per la promozione diretta), avviene meritatamente ed in anticipo. Primo posto in Serie C1 girone B con 70 punti, appena 16 reti al passivo e bomber Aglietti capocannoniere con 20 centri. Un trionfo.
L'allenatore friulano Giuliano Zoratti, contattato dal Dispaccio per la rubrica Revival Reggina dedicata per l'occasione all'ultima promozione ottenuta dalla C alla B, conferma già dalle prime battute quel che di buono ci si ricordava di lui sul piano umano, sulle rive di uno Stretto che gli è rimasto impresso per il clima.
L'intervista inizia con la sintesi della gara decisiva di quel campionato, ossia la vittoria ottenuta sul campo dell'Avellino giunto secondo: "Lo scontro diretto in Irpinia fu il più importante. Ci consentì di staccare l'Avellino. È stata la partita decisiva per dare sicurezza, autostima e convinzione di potercela fare".
Intatto il ricordo di Zoratti sul primo incontro avvenuto con la dirigenza della Reggina: "Un collaboratore del presidente Foti, l'osservatore Ernesto Varnier, mi raggiunse a Pontedera. Lo conoscevo bene, avevamo un bel rapporto. Parlando di tante cose, mi aveva spiegato che lavorava per la Reggina ed era legato anche al discorso col Conegliano. C'era un accordo tra queste due società per un interscambio di giocatori. Varnier mi impostò il discorso su Reggio per la stagione successiva, risposi che sarebbe stato bello. Dopo qualche mese ricevetti una telefonata e ci incontrammo in una piazza a Roma: c'erano il presidente Foti, il direttore Martino e la segretaria".
Evidenti le intenzioni della Reggina, a formazione societaria così schierata, di dare una finalità ben precisa a quell'incontro: "Siamo andati a pranzo, parlando di tante cose con il presidente ed il direttore – descrive mister Zoratti – Si è toccato l'argomento del modulo di gioco. Poi ho spiegato che non avevo un preparatore atletico al seguito, dato che mi occupavo in prima persona di questo aspetto. Foti e Martino si sono appartati, dopo un'ora mi hanno affidato la Reggina".
Se nella stagione che portò alla precedente promozione dalla C1 alla B (87/88 con Scala) si andò ogni oltre più rosea previsione, il 94/95 nacque con un obiettivo ben preciso: "Nel momento in cui, durante l'incontro romano, mi si dice che il prossimo anno bisogna fare meglio, lo scopo è evidente: infatti la Reggina era arrivata seconda l'anno prima – racconta Zoratti con una punta d'ilarità – Con Ferrari erano stati persi i playoff. Dicendo che si vuole fare meglio, a quel punto bisognava solo vincere. È l'unica maniera per migliorare un secondo posto. Abbiamo attraversato qualche momento duro, come la sconfitta interna con l'Avellino. Poi c'è stata la vittoria di Siena ed un filotto di successi consecutivi. Al ritorno ad Avellino, con un arbitro friulano, abbiamo dimostrato di essere squadra".
Col mister Zoratti si passa poi a sciorinare le qualità di quel gruppo di calciatori: "Aglietti e Toscano facevano la differenza, molto bravo anche Carrara. E poi gente come Vincioni e Poli. Ricordo che tutti questi giocatori erano a scadenza di contratto, si sapeva di una situazione economica difficile. Solo una promozione poteva sanare il tutto, dando tranquillità alla società. Si poteva solo vincere. I ragazzi sono stati straordinari e molto determinati. Certe partite le abbiamo vinte per la carica agonistica di gente come Vincioni e Poli. E poi avevamo un centrale come Cevoli, che ha giocato anche in Serie A. Sono felice di vedere Aglietti che sta facendo bene da allenatore, è un ragazzo intelligente".
Il tecnico fu abile a sgombrare un po' la testa al gruppo, alla vigilia della vittoria ottenuta sul campo dell'Avellino nel finale di stagione, valsa una buona fetta di promozione: "Quella squadra era formata da giocatori maturi, non c'erano grandissime tensioni. Avevamo quattro punti di vantaggio, vincendo siamo andati a +7. Un distacco aumentato anche la settimana successiva. Il discorso era che in ogni caso, dopo quella partita saremmo rimasti avanti anche di un solo punto. Però in caso di risultato positivo, avremmo messo una bella ipoteca. In quell'anno siamo stati la miglior difesa d'Italia. Squadra solidissima, che concedeva molto poco. Non giocavamo per difenderci, ma con la qualità di Pasino, Toscano ed Aglietti il gol lo facevamo sempre, e con l'imperforabilità difensiva si riusciva a vincere le partite. Ad Avellino c'è stata una grande dimostrazione di solidità. Bel gol di Aglietti, ma l'avversario non ci ha mai creato seri problemi se non su qualche mischia".
Un campionato finito in carrozza, con promozione matematica festeggiata grazie ad un pari interno: "Pareggiando in casa col Siracusa, con l'Avellino che stava perdendo, avevamo 10 punti di vantaggio a 3 turni dal termine. Notevole l'entusiasmo per il ritorno in B dopo qualche anno, certe cose non si dimenticano. Ho avuto la fortuna di ottenere promozioni anche in altre piazze, ma andare in B a Reggio Calabria è stato straordinario. Il coro della curva che mi invitava a saltare e io uscivo dalla panchina, oppure le accoglienze in aeroporto quando tornavamo da qualche vittoria esterna: sono cose che rimangono".
Un entusiasmo che è ancora nelle vene di Giuliano Zoratti, pronto a tornare in panchina nella prossima stagione dopo l'interruzione del rapporto col Monfalcone in Serie D: "Quest'anno c'è stato un momento di difficoltà. Ad ottobre ho parlato col presidente del Monfalcone, sono stato esonerato dato che non sono tipo da dimissioni. Sapevamo le difficoltà iniziali, le risorse erano poche e non potevamo allestire una squadra adeguata. Ero lì da tre anni, avevamo vinto due campionati. La società mi aveva chiesto la salvezza, poi qualche piccolo rapporto si è rotto. Non mi era mai capitato di avere problemi con dei collaboratori. Se non c'è grande sintonia tra le persone, in un campionato dilettanti, il discorso diventa difficile. In questi mesi sto facendo molte cose che avevo trascurato in passato. Mi dedico alla famiglia e alla casa. Con mia moglie abbiamo visitato Vienna, mia figlia si sta laureando in ingegneria. Ma il sabato e la domenica vado sempre a vedere le partite, in particolare seguo il Pordenone che sta facendo molto bene in Lega Pro. Vediamo se a luglio qualcuno mi chiederà di ricominciare".
La promozione con la Reggina occupa un posto speciale nella carriera di mister Zoratti: "Si tratta della promozione più alta. Ne ho ottenute altre, dall'Eccellenza in D e dai dilettanti alla C. La città, il campionato, le aspettative e l'importanza di aver ottenuto questo traguardo, la rendono la migliore soddisfazione della mia carriera da capo allenatore. Poi come secondo di Giacomini - (dal 1977 al 1986, ndr) – tra Milan e Udinese sono state grandi cose. Ma essere il primo responsabile di una squadra è diverso dall'essere un collaboratore".
A nominare l'Udinese, la chiacchierata si sposta al 17 giugno del 1978: finale di Coppa Italia semiprofessionisti a Reggio Calabria tra la Reggina allenata da Rosario Sbano (con in campo Elvy Pianca) e l'Udinese allenata proprio da Giacomini assieme al suo secondo Giuliano Zoratti (e con Elio Gustinetti, altro allenatore storico per gli amaranto, in mediana): "Arbitro D'Elia di Salerno. In semifinale, Giacomini aveva litigato con il presidente del Novara ed era stato squalificato. Forse a Reggio non sanno che quando siamo venuti con l'Udinese per la finale di Coppa Italia, in panchina c'ero io. Abbiamo vinto noi 0-2, poi la partita è stata sospesa. Guardi un po' i casi della vita: dopo tanti anni, mi sono seduto sulla panchina accanto per vincere ancora".