Vita, natura e morte sono i temi al centro del nuovo libro di Carmine Abate "Il cercatore di Luce", edito da Mondadori. Vita, natura e morte sono anche i temi centrali del Trittico della Natura di Giovanni Segantini, il grande pittore scomparso nel 1899. E Giovanni Segantini, che cerca la luce ed esalta la natura nelle sue opere, è il personaggio che ispira il nuovo lavoro dello scrittore calabrese, vincitore del premio Campiello nel 2012 con "La collina del vento".
Il nuovo romanzo, che l'autore ha iniziato a scrivere tre anni fa, in pochi mesi ha conquistato il pubblico ed è già in ristampa. È un quadro del pittore trentino a innescare la trama del romanzo, che vede protagonista un'anziana donna calabrese (la Moma) a cui il nipote Carlo Adami, colpito dalla raffigurazione di una donna che tiene in braccio un bimbo in un quadro del pittore ritrovato in una baita di montagna, si rivolge per chiedere notizie delle persone immortalate da Segantini. Inizia così il racconto della donna, il cui marito - un ingegnere idraulico che in Calabria lavorò nelle costruzioni di alcune dighe in Sila - conobbe il pittore.
Dopo "La collina del vento" e "Tra due mari", Abate racconta quindi una parte di Calabria a cui non si era ancora dedicato: la grande montagna calabrese "E' come un trittico a posteriori. Sentivo - dice all'AGI - l'esigenza di completare il racconto di questa terra". Dall'ultimo cimento letterario di Abate i temi e i luoghi presenti nei suoi libri emergono con nitidezza: la Svizzera in cui lo scrittore ha vissuto per scrivere il libro, il Trentino, in cui vive, e la Calabria, sua terra natia, con la quale mantiene un rapporto costante e passionale, e la memoria che prende forma nel racconto della nonna del piccolo Carlo.
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"Il libro - racconta Abate - si apre con un'immagine, quella impressa nel quadro che vidi per la prima volta nel 1987 all'interno di un catalogo. Quella visione gettò dentro di me dei semi che si sono depositati dentro fino a quando ho sentito l'esigenza di vedere dal vivo i quadri esposti nel museo di Saint Moritz e di visitare i posti in cui era vissuto Segantini. È stato un colpo di fulmine. Sono rimasto impressionato dal Trittico della Natura composto da quadri enormi in cui i vari soggetti sembrano dipinti ad altezza naturale. Nel primo di questi quadri, che è bellissimo e si chiama "la vita", c'è una giovane donna, in un angolo, sotto un albero, che tiene un bambino stretto tra le braccia. Sono rimasto molto colpito da questa immagine. Prima di tutto perché il bambino tiene gli occhi aperti e guarda lontano, verso il futuro, mentre la giovane donna inquieta, tiene gli occhi chiusi come se non volesse guardare il mondo, come se temesse qualcosa o qualcuno. Nel quadro - sottolinea lo scrittore - ci sono tante figure secondarie, come un pastore che colpisce con un bastone un vitellino ed altre figure, però manca il padre. Questo mi ha colpito moltissimo. Da quel momento ho capito che Segantini, in questi tre quadri, ha voluto raccontare delle storie, forse misteriose anche a lui stesso, quasi invitando i visitatori che si fermano a guardare quei dipinti a immaginare loro stessi delle storie. La mia impressione - aggiunge Abate - è stata che nel Trittico della Natura ci fosse già una struttura romanzesca. Avevo già il romanzo diviso in tre parti: la vita, la natura e la morte. Dovevo partire da lì, dalla donna e dall'assenza del padre, per scrivere il romanzo, sebbene non sapessi ancora quale sarebbe stata la trama. Mi sono immedesimato in un bambino dei giorni nostri che trova nella sua stanza in una baita di montagna un quadro con questa giovane donna ritratta mentre stringe un bimbo tra le sue braccia ed è lui che si mette sulle tracce di questi due personaggi e, da grande, su Segantini".
All'inizio del romanzo Carlo Adami ha 12 anni, alla fine del libro frequenterà l'università: "Quindi - dice Abate - è anche un romanzo di formazione. Né la madre ne' la sorella (quest'ultima crede di vedere nel quadro la Madonna ed il Bambinello) sanno dire al piccolo Carlo chi siano quelle due persone. Solo la nonna, una maestra calabrese trapiantata da 50 anni in Trentino, riesce a soddisfare la sua curiosità.
"La Moma è la vera affabulatrice della storia - spiega lo scrittore - la persona che funge da tramite fra il passato e il presente ma anche tra il Nord e il Sud". È uno dei temi centrali dei lavori di Abate, il rapporto tra la terra natia e chi emigra. La Moma lascia la Calabria, tenta di integrarsi nei posti in cui va a vivere, ma non dimentica mai la regione in cui è nata. A San Giovanni in Fiore incontra il marito, che da bambino ha conosciuto Segantini, e poi vanno a vivere in Svizzera e infine in Trentino. L'uomo racconta le storie alla donna e questa, raccontandole al nipote, le tramanda ai lettori.
"C'è quindi - spiega Abate - nel romanzo un intreccio di storie del passato con storie del presente. Da una parte un romanzo storico sulla figura di Segantini pur non essendo una biografia, dall'altra un romanzo di formazione e una saga familiare perché racconta due famiglie, dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri. Ma queste forme romanzesche sono scardinate".
Non è un romanzo storico, dunque, con date e frasi esatte di Segantini, essendo la figura dell'artista tratteggiata nel racconto di una donna che non lo ha conosciuto, ma la sua vicenda è intrecciata con quella dei protagonisti, il che rende più avvincente la trama. Il romanzo lancia un messaggio di speranza. Abate ci ha lavorato durante il lockdown e la ricerca della luce diventa inevitabilmente una metafora dei giorni del Covid, ma l'autore non
vuole legarlo alla pandemia se non per il messaggio di speranza che le pagine consegnano al lettore. "Segantini andava sempre più in alto per dipingere i suoi quadri, addirittura a 3.000 metri d'altezza, proprio alla ricerca della luce, soprattutto quella che ognuno ha dentro di sé - osserva Abate - e non lo faceva solo per trovare ispirazione per i suoi quadri, ma per sconfiggere il buio della morte. La sua e la nostra".
(AGI)