di Claudio Cordova - Le cifre – la conferma di tre ergastoli su quattro e un caso rinviato in appello per una nuova valutazione – non rende affatto l'idea. L'annullamento della condanna al carcere a vita per Alessandro Marcianò, ritenuto il mandante dell'omicidio di Franco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria assassinato a Locri il 16 ottobre 2005, mette, almeno per ora, un nuovo punto interrogativo su una delle vicende più oscure degli ultimi anni calabresi.
A sette anni dal delitto, ieri la Corte di Cassazione avrebbe potuto chiudere definitivamente il caso, imprimendo il sigillo definitivo alla vicenda. E' stato invece il sostituto procuratore generale Alfredo Montagna a rivoluzionare tutto, chiedendo l'annullamento della condanna al carcere a vita per l'ex caposala dell'ospedale di Locri. E nonostante tre ergastoli, quelli per Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, siano stati confermati e divenuti definitivi, il caso di Marcianò senior riporta ombre sul delitto. I condannati, infatti, sono "solo" gli esecutori materiali del delitto. Nessuna verità, al momento, su chi abbia ordinato l'uccisione.
Un "delitto eccellente" per usare i soliti cliché giornalistici. Fortugno, uomo forte della Margherita, ucciso da vicepresidente del Consiglio Regionale, è la massima carica politica che sia mai stata assassinata in Calabria. La matrice del delitto è stata sempre ricondotta a dinamiche "politico-mafiose". Secondo l'impostazione accusatoria, avvalorata dai giudici calabresi, Fortugno avrebbe pagato con la vita l'inaspettata elezione in Consiglio Regionale alle elezioni del 2005 con oltre 8500 preferenze. I Marcianò, elementi vicini al clan Cordì, avevano infatti "tirato la volata" a un altro candidato: quel Domenico Crea condannato in seguito per concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito del processo "Onorata Sanità". Crea, però, non riuscì a essere eletto, ottenendo un pessimo risultato proprio a Locri, dove Alessandro Marcianò, caposala dell'ospedale, aveva promesso almeno 700 voti.
"Appare ampiamente logico e plausibile – avevano scritto i giudici della Corte d'Assise d'appello di Reggio Calabria Bruno Finocchiaro e Rosalia Gaeta – condividere l'assunto dei giudici di prime cure allorquando scrivono che l'omicidio dell'onorevole Fortugno è stato ideato e voluto proprio per <<sanare la defaillance che avrebbe non solo nuociuto ai Marcianò sotto il profilo economico immediato, ma anche isolato gli stessi, rendendoli personaggi non più affidabili e, quindi, impossibilitati a riproporre i loro servigi nelle successive consultazioni elettorali>>".
Il rivale di Fortugno, Mimmo Crea, pur venendo spesso sfiorato, soprattutto dai pettegolezzi, dai sospetti sull'omicidio, non verrà mai indagato per il delitto. Eppure, scrivevano i giudici di secondo grado: "Il Crea, infatti, impersonava non solo il soggetto politico antagonista di Fortugno, ma soprattutto il terminale su cui si era registrata la convergenza di sforzi elettorali, messi in campo a più livelli, anche da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in vista dei cospicui vantaggi che l'intero cartello elettorale avrebbe conseguito se il Crea avesse ottenuto l'obiettivo dell'elezione e dell'eventuale assegnazione di un assessorato".
L'annullamento dell'ergastolo per Sandro Marcianò, indicato come il mandante dell'omicidio, rimette però tutto in discussione. Per sostenere che l'omicidio di Fortugno sia stato un delitto "politico-mafioso", secondo la Cassazione serviranno nuove prove, nuovi elementi. E non sarà facile trovarli questi nuovi elementi. A meno che uno dei soggetti condannati in via definitiva all'ergastolo non scelga di collaborare con la giustizia, fornendo agli inquirenti dei passaggi oscuri che, fin qui, sono per forza sfuggiti. Sullo sfondo, infatti, è sempre rimasto il cosiddetto "terzo livello", quello che tirato in ballo, più volte, dalla vedova di Fortugno, Maria Grazia Laganà, parlamentare del Partito Democratico, per cui ieri sono stati chiesti tre anni di reclusione per truffa ai danni dell'Asl di Locri.
Proprio nelle stesse ore in cui i giudici della Suprema Corte imponevano di riscrivere una parte di storia sul delitto di Franco Fortugno.