di Alessia Candito - "Cu tirrimoti, ca guerra e ca paci, sta festa si fici, sta festa si faci". Mai come oggi la le parole, figlie della mente del poeta Ciccio Errigo, tracciate decenni fa sui muri di piazza del Popolo a Reggio Calabria, potrebbero meglio descrivere il clima di ostinata determinazione con cui la città si consegna alle feste patronali. Certo, fatta eccezione per la scossa che qualche settimana fa ha turbato i sonni dei reggini, non si registrano terremoti, tacciono le armi, di guerre -allo stato – non se ne vede ombra, e se non fosse per il silenziato conflitto all'interno del centrodestra calabrese - che di tanto in tanto esplode per bocca di uno dei suoi colonnelli che invita a un "ricambio della classe dirigente" - anche per Reggio questo sarebbe un tranquillo week-end di fine estate.
Eppure, un evento sismico in arrivo c'è. E a prescindere dall'esito, sarà devastante per la città. Mancano solo pochi giorni alla discussione in Consiglio dei Ministri sulle conclusioni della commissione d'accesso, che per sei mesi ha esaminato atti e conti del Comune per verificare la possibilità di infiltrazione mafiosa nell'Ente. Sei mesi durante i quali sono passati al vaglio dei commissari - supportati da alti ufficiali delle forze dell'ordine - gli anni del cosiddetto "modello Reggio", ideato e costruito dall'attuale governatore Giuseppe Scopelliti prima, e perseguito dal suo successore alla carica di sindaco di Reggio Calabria, Demi Arena, poi.
Un modello difeso a spada tratta dal centrodestra cittadino e non, che in riva allo Stretto – a commissione al lavoro – ha convocato addirittura pezzi da novanta del Pdl, come Angelino Alfano e Maurizio Gasparri, a garanzia del proprio operato. Lo stesso governatore si è di recente sottoposto pubblicamente a un'intervista kermesse sul modello Reggio, che avrebbe voluto forse essere una dimostrazione di forza ma si è rivelata solo un lungo monologo.
Ma alla causa della difesa di Reggio contro i "nemici della città" spesso evocati ma mai identificati con nome e cognome dallo stesso Scopelliti, negli ultimi mesi anche a livello locale, non c'è stato colonnello – reggino o meno fosse - che non abbia voluto portare il proprio contributo. Non più tardi di qualche giorno fa, Daniele Romeo, coordinatore Pdl Grande Città e consigliere della maggioranza al Comune di Reggio Calabria, tuonava a mezzo stampa "Ci sono realtà che nessun detrattore può mistificare. Reggio Calabria è un modello, politico e amministrativo consegnato non solo ai cittadini, ma all'Italia". Un modello che – a detta di Romeo - si starebbe cercando di "demonizzare e distruggere" per colpire "il suo artefice", in una "guerra politica giocata sulla pelle dei reggini".
Eppure, secondo le indiscrezioni filtrate dalle stanze romane e rese pubbliche dalla stampa locale, i dati consegnati dal Prefetto Piscitelli al Viminale lascerebbero ben poco spazio a interpretazioni politiche, valutazioni personali o eventuali strumentalizzazioni. Nelle 230 pagine di relazione elaborata dai commissari, ci sarebbero le schede personali di molti dipendenti comunali, un lungo elenco di aziende, cooperative e associazioni vicine o addirittura espressione delle cosche, che negli anni avrebbero trattato con il Comune, ottenendo in cambio commesse e prebende. Ma ci sono anche i nomi di consiglieri e assessori scelti dal centrodestra reggino per governare la città negli ultimi dieci anni, coinvolti o lambiti dalle indagini, e in alcuni casi per questo finiti in galera. È il caso di Giuseppe Plutino, arrestato lo scorso dicembre nell'ambito di un'operazione contro la cosca Caridi-Borghetto- Zindato e attualmente detenuto con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma al vaglio dei commissari sarebbero passate anche le amicizie dell'attuale assessore all'Urbanistica, Pasquale Morisani, pizzicato con il boss Crucitti, e le parentele – sì acquisite, ma ugualmente scomode – dell'ormai ex assessore all'Urbanistica Luigi Tuccio. Cose note, come nota è divenuta – grazie all'inchiesta Archi Astrea – l'infiltrazione della cosca Tegano all'interno della società mista Multiservizi. Ma – stando alle indiscrezioni – almeno altri quattro consiglieri di peso avrebbero posizioni definite "a rischio" dai commissari e sarebbero molti i funzionari e dirigenti comunali non di fila, i cui rapporti, comportamenti e parentele avrebbero fatto saltare dalla sedia gli uomini inviati dal Ministero dell'Interno per capire cosa stia succedendo a Reggio Calabria.
Tutte indiscrezioni divenute nelle ultime settimane argomento di conversazione in bar e caffè, riportate tra un panino e l'altro alle tradizionali bancarelle della Festa, esaminate e pesate nei palazzi del governo locale. Ma che in pubblico – per adesso – rimangono tabù. La plausibile ipotesi di scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa continua ad essere ignorata – quanto meno nelle dichiarazioni pubbliche – dal centrodestra calabrese, impegnato nelle ultime settimane nel tentativo di ridurre l'intera questione a un "mero" problema di dissesto finanziario. Nelle dichiarazioni dei colonnelli schierati mercoledì scorso a difesa del Modello Reggio, la ndrangheta non esiste, la commissione d'accesso non viene neanche nominata e il problema è che "Reggio deve essere trattata al pari delle altre città".
E allora a Reggio si balla. Si ballano le tarantelle sotto gli alberi di piazza Duomo, si balla all'Arena dello Stretto trasformata per una notte in una surreale discoteca, si balla nei bar del centro con tanto di luci psichedeliche e fuochi d'artificio. È festa Madonna, per la città è tradizione, anche con una spada di Damocle come il vicino verdetto del Consiglio dei Ministri, bisogna festeggiare. Sono tornate le bancarelle, le giostre e i banchetti di panini con la salsiccia, sono tornati gli eventi – finanziati dall'Amministrazione comunale – che avrebbe voluto forse sobri, ma sono risultati infine solo squallidi. È tornata la processione, che come ogni anno, oltre che da migliaia di fedeli richiamati da sincera devozione e da altrettanti curiosi attirati da quella che appare a tutti gli effetti una festa di popolo, è stata salutata anche dalle consuete dichiarazioni ufficiali. Come quella del Vicepresidente del Consiglio regionale, Alessandro Nicolò. "Sotto l'egida protettrice della Madre della Consolazione riusciremo a salvaguardare gli interessi di tutta la collettività calabrese che ci ha affidato il mandato di rappresentarla in questo tempo". Un'affermazione che più che una dichiarazione di intenti, inizia ad avere il sapore di un'invocazione, una speranza o una preghiera.