di Claudio Cordova - Suo malgrado, Gaetano Quagliariello passerà alla storia repubblicana per aver certificato, con un voto parlamentare, che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Una cosa che avrebbe fatto impallidire anche il ragionier Fantozzi, quando sosteneva di essere stato "azzurro di sci". Se queste sono le premesse, cosa vogliamo che sia la traballante e fastidiosa difesa che il coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra ha messo in atto dopo l'archiviazione disposta dal Gip presso il Tribunale di Paola nei confronti degli avvocati Andrea Gentile, figlio di Antonio, senatore del Nuovo Centrodestra; Antonio Nicola Gaetano ed Alessandro Ventura, coinvolti nell'inchiesta sui presunti illeciti nell'affidamento di incarichi da parte dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
La vicenda si incastra perfettamente con l'ormai celeberrimo blocco delle rotative del quotidiano "L'Ora della Calabria": uno stratagemma – secondo quanto denunciato ai tempi dal direttore Luciano Regolo – che lo stampatore Umberto De Rose avrebbe messo in atto per impedire che quel quotidiano uscisse in edicola con la devastante notizia dell'indagine sul figlio del senatore Tonino.
E' (l'altrettanto celeberrima) storia del "cinghiale".
A distanza di mesi, dunque, l'autorità giudiziaria di Paola (l'archiviazione è stata richiesta dalla stessa Procura retta da Bruno Giordano) ha stabilito che non vi sono la quantità e la qualità indiziaria sufficienti per imbastire un procedimento.
Congratulazioni alla famiglia Gentile.
Tuttavia, l'esito dell'indagine paolana non cancella, né sminuisce quanto accaduto nel corso della "notte del cinghiale". In quel periodo, infatti, quando "L'Ora della Calabria" stava per pubblicare lo scoop, Andrea Gentile era indagato e la pubblicazione della notizia non avrebbe di certo rappresentato una condanna per il giovane professionista. Avrebbe invece creato non pochi problemi al padre Tonino, che il quel periodo era sottosegretario di Governo ai Trasporti. Ha quindi motivazioni che si annidano tutt'altro che nell'amore per la verità la presa di posizione di Quagliariello.
"Oggi sappiamo che non erano vere neanche le accuse stesse. Eppure, su accuse infondate e su notizie inesistenti è stata imbastita una campagna di inaudita violenza che ha indotto il senatore Gentile a rinunciare al suo incarico di governo per salvaguardare le istituzioni, il suo partito e la sua famiglia" dice Quagliariello. "Le accuse non erano vere". Alt. Le accuse erano vere perché in quel periodo esistevano. Poi le indagini hanno dimostrato che in quegli incarichi non vi fosse alcuna fattispecie di reato. Benissimo, ma inquisire o scagionare una persona spetta alla magistratura, così come spetta ai giornalisti informare la cittadinanza delle inchieste giudiziarie, soprattutto se queste coinvolgono, direttamente o indirettamente personalità pubbliche.
"Non sono mai stato un amante del complottismo" dice Quagliariello. Lui, come tutti i figli dell'era berlusconiana, è garantista. E' di quel garantismo che però assomiglia di più a un gargarismo. Ma, si sa, al centrodestra degli anni 2000 piace essere giustizialista e forcaiolo col povero cristo (se poi è anche straniero va anche meglio) e operare i "distinguo" se di mezzo vi sono i colletti bianchi. Gioca in difesa, Quagliariello. Ed è una sperticata difesa quella nei confronti di Gentile. Una difesa che dimentica (o fa finta di dimenticare) che qualcosa, nella redazione de "L'Ora della Calabria" sia effettivamente accaduta. Ha il sapore della pretesa, l'intervento di Quagliariello. Della pretesa di qualche poltrona per Ncd, s'intende. Il partito di Angelino Alfano, infatti, non deve aver dimenticato che Gentile sarà costretto a dimettersi proprio dopo l'esplosione dell'Oragate. E non deve aver neanche dimenticato di avere ancora una casella di Governo da dover riempire, dato che, alcuni mesi fa, un'inchiesta della Procura di Firenze porterà alle dimissioni il ciellino ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi.Ma queste sono questioni che Quagliariello, secondo i ben informati, dovrebbe aver già risolto pro domo sua, portando a casa, con ogni probabilità, la poltrona di nuovo ministro per gli Affari Regionali.
Ma Ncd non deve avere neanche dimenticato che, in Calabria, Ncd rappresenta una preziosa stampella per la maggioranza di centrosinistra del governatore Mario Oliverio e che nel corso del prossimo Consiglio Regionale dovrà essere eletto il nuovo presidente dell'Assise, dopo le dimissioni di Tonino Scalzo, coinvolto nell'inchiesta "Rimborsopoli".
E, però, "battere cassa" proprio ora che Ncd (il nuovo slogan sarà "più poltrone che voti") sembra sempre di più l'acronimo di "Nuovo Centro Detenuti" appare a dir poco inopportuno. Inopportuno da parte di chi come Quagliariello – al netto della disgustosa boutade sul caso Ruby – è comunque uno degli elementi più presentabili di Ncd. Non è poi un gran complimento, dato che, in quasi ogni luogo d'Italia il partito del ministro dell'Interno (sic!) viene ciclicamente travolto da scandali e inchieste: associazione per delinquere, ma anche voto di scambio mafioso e poi peculato e molte altre accuse e ipotesi di reato nei curricula degli esponenti locali del Nuovo Centrodestra.
Inopportuno perché il coordinatore nazionale di Ncd, che si impegna, in un sabato pomeriggio di metà luglio, per dipingere i Gentile come vittime del sistema, non ha avuto lo stesso tempismo, né la stessa sensibilità per stigmatizzare le pesanti accuse che – sempre in terra di Calabria – vengono mosse ad altri due importanti esponenti di Ncd, l'ex assessore regionale Luigi Fedele, ma, soprattutto, il senatore Gianni Bilardi. Entrambi destinatari di ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari (per Bilardi non ancora eseguita) si sarebbero appropriati per fini privati di oltre mezzo milione di euro di fondi dei gruppi del Consiglio Regionale della Calabria. A quel punto, da Quagliariello & co. ci si poteva (ci si doveva!) aspettare un intervento, una presa di posizione (e di distanze), un commissariamento del partito, un tavolo di "saggi", proprio da parte sua che sarà tra i "saggi" nominati da Giorgio Napolitano per lavorare alle riforme costituzionali.
Qualcosa! Magari affidando la cabina di regia ai pochi elementi presentabili del partito in Calabria.
E, invece, dal "saggio" Quagliariello non è arrivato nulla. E anche qui non c'è da sorprendersi. In rete, infatti, è possibile rinvenire anche una sua dichiarazione su Marcello Dell'Utri, condannato definitivamente per mafia: "Posso dire che Marcello Dell'Utri ha dato tanto alla cultura politica di questo Paese: appassionato bibliofilo, è stato presidente della commissione Biblioteca del Senato per tanti anni. Stimato dai colleghi di tutti i gruppi".
Ma sarà certamente una bufala. Preferiamo ricordarlo per la storia della "nipote di Mubarak".