Parla il pentito De Rosa: "Ecco chi sono i De Stefano"

pentitodi Claudio Cordova - "Enrico De Rosa non è il classico ndranghetista intriso di codici d'onore, riti, cariche, sciocca arroganza e cieca violenza. E', invece, un figlio tipico della borghesia reggina. Conseguita la maturità classica al Liceo Campanella, ha iniziato l'attività imprenditoriale di agente immobiliare, facendo presto valere i suoi buoni talenti relazionali ed un ampio circuito di conoscenze. Ma poiché, ormai da tempo, nella società reggina ogni sana, radicale scissione tra classe dirigente e ndrangheta ha lasciato il posto ad una vischiosa ed a volte inestricabile melassa relazionale in cui si fatica a distinguere "...il grano dal loglio...", egli finì, ben presto, sott'occhio di uno dei più lungimiranti ed acuti dirigenti della locale criminalità organizzata, l'erede di don Mico Libri: Nino Caridi". Così le carte d'indagine descrivono il collaboratore di giustizia Enrico De Rosa, il giovane che da mesi sta riversando ai pm della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino e Rosario Ferracane, fatti, circostanze, conoscenze, sul mondo criminale, imprenditoriale, ma anche quello della "Reggio Bene".

Il suo contributo è fondamentale nell'ambito dell'inchiesta "Il Principe", con cui Polizia di Stato e Carabinieri hanno fermato cinque persone riconducibili al clan De Stefano, tra cui, Giovanni De Stefano, "Il Principe", appunto.

Le straordinarie capacità economiche del boss di San Giorgio (sebbene di origine illecita) costituirono, infatti, un potente fattore di attrazione per De Rosa, mentre il talento immobiliare di quest'ultimo e la sua furbizia relazionale aprirono più ampi orizzonti lucrativi a Caridi. Questi, infatti, sfruttava le qualità professionali di De Rosa per meglio indicizzare quanto a lui dovuto dagli imprenditori edili, operanti nel "suo" territorio, parametrando tale somma non già al valore del terreno, ma a quello finale di realizzo immobiliare. De Rosa, insomma, ampliava la sua attività di consulenza professionale anche per le finalità criminali della cosca diretta dal Caridi, consentendo a quest'ultimo una puntuale, precisa individuazione della quota a lui spettante per gli investimenti immobiliari eseguiti sul territorio controllato dalla cosca, nonché di sviluppare ulteriori attività lucrative ed il riciclaggio dei profitti delle pregresse attività delittuose: ecco il nuovo livello della 'ndrangheta, quella più presentabile, quella capace di avere il volto pulito, ma di non perdere le proprie peculiarità, anche nel modo di far soldi.

L'introduzione di rango nel mondo della ndrangheta reggina, aprì a De Rosa la più intima conoscenza di un altro boss di quartiere: Francesco, detto Checco, Zindato, il cui spessore criminale era molto meno elevato di quello del Caridi con cui, tuttavia, condivideva, un più ampio legame di solidarietà federativo-criminale, nell'ambito della cosca Libri. La frequentazione assidua di Zindato, a testimonianza delle qualità relazionali del De Rosa, portò, quindi, quest'ultimo a stringere una speciale ed ancora più intima e profonda amicizia, nutrita da intensa condivisione di plurime esperienze, con Demetrio, detto Mimmo, Sonsogno (anche appellato Mico Tatù). Quest'ultimo, legato anche a rapporti di parentela con importanti personaggi della ndrangheta reggina, aveva preso le redini della cosca Zindato, dopo l'arresto di Checco ed era uno dei più importanti esponenti della ndrangheta dedicata al controllo del territorio per conto della potente cosca De Stefano. Nel medesimo contesto, poi, De Rosa ha stretto amicizia – quasi un riflesso obbligato dall'intensità della relazione con Sonsogno – con un assiduo sodale di quest'ultimo: Vincenzino Zappia, uno dei sogget indagati nell'inchiesta, ma non colpito dal provvedimento di fermo perché già detenuto nell'ambito del procedimento "Il Padrino". Zappia, esattamente descritto dal De Rosa quale fiduciario (alla stregua di un "fratello", per l'intensità della relazione e l'atteggiamento di devozione palesato) di Giuseppe De Stefano, aveva messo il collaboratore, ben presto, in diretto contatto con Giovanni De Stefano, figlio del defunto Giorgio e, perciò, cugino di primo grado di Giuseppe.

Sono proprio Nino Caridi, Checco Zindato, Mico "Tatù" Sonsogno, Enzino Zappia e Giovanni De Stefano gli snodi relazionali che hanno cadenzato dapprima il rapporto di consulenza (alla stregua di un concorrente esterno), quindi di vera e propria partecipazione alla ndrangheta di De Rosa.

E' un racconto di primissima mano, quello di De Rosa.

Sarebbe lui, infatti, uno dei soggetti che, negli anni, avrebbero raccolto la tangente dalla CO.BAR., l'azienda impegnata nei lavori di ristrutturazione del Museo Archeologico della Magna Graecia di Reggio Calabria, che, in almeno quattro occasioni, avrebbe sborsato quasi 200mila euro a De Rosa e altri soggetti intranei alla cosca De Stefano: "Le sue dichiarazioni sono caratterizzate da vividi particolari che descrivono condotte, circostanziano comportamenti in base ai quali le sue dichiarazioni accusatorie – anche quelle apprese de relato – trovano immediato riscontro dinamico in fatti storici verificabili. Il tutto, peraltro, in un contesto dichiarativo caratterizzato da una sana prudenza che ha consigliato al De Rosa di rinunciare a qualunque dichiarazione fondata su imperscrutabili percezione soggettive (sebbene queste spesso caratterizzino tipicamente le relazioni di ndrangheta, fondate su allusioni, metafore, comportamenti comunicativi di elevatissimo spessore informativo, ma di difficilissima riproposizione dichiarativa). Il suo narrato, perciò, scorre fluido privo di contraddizioni, perfettamente coerente con le dinamiche criminali note, trovando sempre puntuale riscontro in pregresse o concomitanti (al tempo dell'inizio della collaborazione con la giustizia) attività investigative" è scritto nella carte d'indagine.

De Rosa, quindi, è capace di fornire agli inquirenti parecchi elementi indizianti a carico degli indagati. Su tutti a carico del "Principe", Giovanni De Stefano:

De Rosa Enrico: Giovanni De Stefano è il boss di Archi. Ora non so, visto che è uscito da...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: questo chi glielo ha detto?

De Rosa Enrico: questo me lo hanno detto, tipo, Demetrio Sonsogno...era il boss reggente perché, Giuseppe era in carcere, Dimitri non ne voleva sapere niente di queste cose, che è l'altro fratello di Giuseppe De Stefano, e l'unico che era appena uscito dalla galera, se non sbaglio, era il 2010, era Giovanni, e questo me lo ha detto Demetrio Sonsogno e Vincenzino Zappia. Che era il reggente.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: no, chi glielo ha detto?

De Rosa Enrico: Vincenzino Zappia...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: ah...ecco, quindi, lei aveva un contatto diretto anche con Vincenzino Zappia.

De Rosa Enrico: assolutamente si. Anche quotidiano, perché era lui...quotidianamente...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: e Vincenzino Zappia, che ruolo aveva in questa...

De Rosa Enrico: era una persona molto importante, quasi un co-boss, nella zona di Archi. Una volta mi disse, sempre in un colloquio nostro personale, che era il...in riferimento a Peppe De Stefano, c'era un articolo, dice, questa è l'unica persona che, veramente, vale, questo è l'unico fratello che io ho.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: Vincenzino Zappia, questo?

De Rosa Enrico: si, me lo disse Vincenzino Zappia. Io ho avuto una lunga frequentazione con Vincenzino Zappia. Per la mia amicizia forte con Demetrio...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: Sonsogno...

Al pm Musolino, De Rosa dice di essere sempre stato un soggetto "a disposizione". Un soggetto capace di far fare soldi, ma anche in grado di fornire supporto logistico alla 'ndrangheta. Uno di quei soggetti, insomma, senza i quali la criminalità calabrese non avrebbe mai potuto fare il salto di qualità che l'ha portata a essere al top della pericolosità. Ma, con riferimento all'indagine, è proprio De Rosa a fornire particolari fondamentali per far comprendere ai magistrati della Dda (l'inchiesta è coordinata anche dai pm Rosario Ferracane e Giuseppe Lombardo) il ruolo della cosca De Stefano sugli eterni lavori di ristrutturazione del Museo di Reggio Calabria:

De Rosa Enrico: così arriviamo subito al dunque. C'è stato in alcune situazioni, l'ho detto e l'avrà letto nel...in occasione dei lavori di ristrutturazione del Museo della Magna Grecia, quindi, non stiamo parlando di ristruttu...di ristrutturazione, tipo, dell'officina del Comune, c'era una ditta; questa ditta esterna era di Matera,io vengo messo a conoscenza da Sonsogno che avevano pilotato alcune assunzioni, che avevano dirottato nell'albergo di loro interesse che era l'Hotel Lido, gli impiegati che da Matera, giustamente, essendo una ditta di fuori, avevano necessità degli alloggi e, quindi, e io una sera in particolare accompagnai il Sonsogno proprio a dialogare col Direttore, col...non ricordo il nome, tipo, di questa persona, era una persona, tipo, sulla sessantina, tipo, abbastanza robusta, gestiva l'albergo là e io accompagnai Sonsogno per parlargli, sempre in riferimento, tipo, al fatto che dormivano e, quindi, pernottavano presso quella struttura. Successivamente...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: e poi...quali furono i termini di questo dialogo con questo Direttore dell'albergo?

De Rosa Enrico: Demetrio gli chiese quante persone dormivano, quante stanze occupavano e la tariffa che gli aveva applicato. Demetrio, non era il proprietario dell'Hotel Lido, per cui, se chiedeva 'sta cosa vuol dire che c'erano degli accordi.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: E, però, lei sa che era stato imposto...

De Rosa Enrico: erano stati dirottati là perché...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: dirottati, che vuol dire?

De Rosa Enrico: dirottati vuol dire che loro hanno gestito più fasi di questi lavori, nel senso che, mi ha detto...mi è stato detto, con certezza che hanno che hanno avuto accesso, tipo, alle assunzioni, quindi, hanno imposto alle assunzioni. Questi erano ruoli che, spesso e volentieri, gestiva Mimmo Sonsogno, Demetrio Sonsogno e, in ogni caso, per quanto concerne il discorso, tipo, del Museo, sempre, Mimmo una volta mi chiese, tipo, una volta di accompagnarlo al ristorante...ristorante Re Ruggero, in Via Re Ruggero che è la discesa, tipo...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: lo so dov'è.

De Rosa Enrico: okay. E li il signor Dino Scardino ricevette una, contestualmente, lo gestiva il signor Dino Scardino e la ricevette da Mimmo Trezza, che era il geometra della ditta, il geometra Trezza, ricevette una prima busta che ci siamo portati in macchina e, poi, lui mi disse: secondo te quanto c'è? Gli ho detto io guarda non lo so dico, vabbè lasciala sotto il sedile della macchina, io, l'indomani, la aprì e c'erano una quindicina di mila euro, 15-20 mila euro, adesso non ricordo.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: quindi Trezza, vi siete dati appuntamento da...

De Rosa Enrico: Re Ruggero.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: da Re Ruggero, al ristorante, diciamo...

De Rosa Enrico: si.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: alla trattoria...

De Rosa Enrico: si.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: vi siete dati appuntamento là, dove c'era il titolare che è questo Scardina...

De Rosa Enrico: Dino Scardino era il gestore...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: il gestore.

De Rosa Enrico: perché il bar era di Abate, di un tale Abate.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: si. Il gestore.

De Rosa Enrico: si.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: e, il geometra Trezza gli consegnò questa busta...

De Rosa Enrico: questa busta, tipo, con...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: e lei andò con Tatù, con Sonsogno a prenderla?

De Rosa Enrico: si, si, c'ero io fisicamente con lui.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: si.

De Rosa Enrico: poi, in un'altra occasione, ai campetti...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: questi 15 mila euro, non si sa che fine hanno fatto?

De Rosa Enrico: io...glieli hanno portati a Giovanni.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: a Giovanni De Stefano?

De Rosa Enrico: allora, la spartizione io, vi dico quello che ho visto e quello che ho fatto, in una seconda occasione abbiamo preso i soldi, tipo, sempre ho accompagnato Mimmo, al Viale Calabria, Centro Sportivo Pellicanò...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: Hinterreggio?

De Rosa Enrico: Hinterreggio, la dentro, il geometra Trezza, Opel Astra grigia, station wagon, terzultimo modello, scatoletta, avete presente una risma di carta A4? Una risma di carta A4, ce l'avete presente?

P. M.- Dott.Stefano Musolino: si, si.

De Rosa Enrico: tolti i fogli, era messa una scatoletta in legno, dentro c'erano, mi sembra, 20 mila, la seconda volta. Una terza volta abbiamo preso un'altra busta...

P. M.- Dott.Stefano Musolino: questa volta con chi era lei?

De Rosa Enrico: sempre con Sonsogno.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: sempre con Sonsogno.

De Rosa Enrico: una terza volta e, credo di non averne fatto mai menzione fino ad ora, è la prima volta, presi...Mimmo mi fissò un altro appuntamento là, dove...dice, devi ritirare una cosa e me la porti subito a casa. Presi questa, quest'altra...subito, vista la conformazione ho capito cos'era, mi feci prestare una macchina dal signor Francesco Ferrante, che è il titolare di una polleria in Via Pio XI, accanto a Sport World, presi un ML nero, che era questa la macchina, portai, tipo, me ne andai all'appuntamento, mi caricai questa cosa, in quell'occasione tornai alla polleria, mi mangia un pollo; Checco Ferrante, ora vi dico perché vi sto raccontando 'sta cosa, Checco Ferrante mi disse: che hai qua? Gli ho detto, no, ho preso una cosa, aprì la buste e vide anche lui che era piena di soldi. Poi, mi ha detto, dice, ma sei pazzo che giri con tutti 'sti soldi, io, scherzandolo lo salutai e, poi ritornai, andai ad Archi, a casa di Sonsogno, aprimmo la busta e cominciammo a contare i soldi, ce n'erano un 50 mila, non mi ricordo ora le cifre, però più di 50 erano sicuro. Poi mi chiamò Zappia, Zappia venne e, poi, si chiusero in una stanza e, poi, Zappia disse va bene io vado dal principe, quando chiamavamo principe intendevamo Giovanni De Stefano, questo lo so per certo.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: e andò portando dei soldi?

De Rosa Enrico: andò portando dei soldi, si.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: però lei, alla fine, alla spartizione esattamente non sa come...non ha chiesto...

De Rosa Enrico: quella sera non l'ho visto. Io vi sto raccontando i fatti, ora arriviamo al giorno dopo quando mi sono visto con Mimmo.

P. M.- Dott.Stefano Musolino: okay.

De Rosa Enrico: quando mi sono visto con Mimmo, Mimmo stava contando dei soldi e ce n'erano...Dottore, non era una spartizione perché Mimmo era autorizzato ad investire i soldi come cavolo voleva, una parte dei soldi, una parte glieli hanno dati subito, mi sembra un 15-20 mila euro glieli hanno dati subito, la rimanenza, c'erano 30 mila euro, 10 mila erano di Vincenzino Zappia, gli altri, Mimmo, li teneva lui come fondo cassa. Una volta a me mi disse se hai qualsiasi cosa hai bisogno hai un fido di 10 mila euro. Soldi che non ho mai preso, e questo è quanto, Dottore, come questo qua ce ne sono...".

Un rapporto sempre più intenso con la 'ndrangheta dei De Stefano. De Rosa, ben presto, diverrà di casa nel loro feudo: "Archi-Cep, per me la prima volta che sono andato ad Archi-Cep, a casa sua (di Demetrio Sonsogno, ndr), mi sembrava un labirinto, poi invece frequentando con lui entravo e uscivo, sapevo le stradine, i sottopassaggi, è veramente una sorta di labirinto per come è strutturata e per i passaggi che poi l'abusivismo ha creato, cioè si entrava e si usciva..."

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): tra i vari lotti diciamo?

DE ROSA ENRICO: sì, si entrava e si usciva realmente senza che uno se ne accorgesse, poteva eludere le strade principali e l'ingresso principale del Cep tranquillamente, io stesso... Io andavo a Gambarie da li... dal Cep c'è una stradina che porta a Gambarie...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): tramite Ortì diciamo...

DE ROSA ENRICO: si si esce ad Ortì e poi... Si passa un convento, mi sembra, una stradina piccola, c'andavamo con l'Sh... si c'è un convento... Ci sono le suore se non sbaglio... C'è una mia amica di poverina che è diventata pazza si è rinchiusa lì... No, a parte gli scherzi, in ogni caso tipo... si è... E quindi ho cominciato a frequentare casa sua, Io ero di casa, io entravo, uscivo, aprivo il frigorifero da solo...

E nell'ambito della cosca De Stefano, un personaggio di primissimo livello sarebbe stato Vincenzino Zappia: "Quello che io posso dire, io spesso dico... che Vincenzino Zappia, in assenza di Giuseppe De Stefano, per dire tipo, come spesso ha detto anche lui, che Giuseppe De Stefano era suo fratello, inteso non suo fratello di sangue, che carnalmente erano fratelli, ma inteso fratelli come... di 'ndrangheta... che era suo fratello. Vincenzino Zappia comandava ad Archi, comandava per quanto riguarda, a mio dire rappresentava i De Stefano, forse la figura poi è stata coadiuvata quando è uscito Giovanni De Stefano, nel 2010 mi sembra, e mi ricordo che seppimo che Gianni era uscito, e poi ci siamo incontrati, eravamo da Saro Calderazzo a mangiare la... eravamo andati io, Checco, e Demetrio Sonsogno, al "Casinò Flamingo" e poi da li seppimo... mi disse Sonsongo... lo disse a me ed a Checco Zindato, che era uscito da qualche giorno Giovanni De stefano, al che Checco disse: "ma e come mai? Ai domiciliari?" dice: "no, ha scontato la pena ed è uscito fuori", se non sbaglio Giovanni De Stefano è in regime di semi-libertà... E mi ricordo che non aveva neanche la patente ed il suo accompagnatore era un tale, adesso il nome... con i nomi stamattina mea culpa... Era un ragazzo di San Giovannello, in precedenza si spostava con una Smart bianca, mi sembra cabrio, ultimo modello o con un Sh bianco, o con una Yaris...una Toyota Yaris color celestino, la targa iniziale iniziava per "CS" e loro si spostavano, gli faceva da autista, mi sembra che questo ragazzo si chiamasse Gianni, pure lui, però non ne sono sicuro ...omissis...e praticamente noi andavamo, noi c'incontravamo la, lì era un punto di riferimento di Giovanni De Stefano, e mi ricordo che in quelle occasioni, con la frequentazione con Mimmo tante cose sono cambiate perché io ovunque andavo, dovunque andavo avevo un trattamento diverso, anche da questi personaggi. Per farvi capire, Giovanni de Stefano, siamo entrati in amicizia anche con Giovanni, Giovanni veniva e mi trovava presso la mia agenzia immobiliare. Il primo incontro l'abbiamo fatto quando io avevo l'agenzia pubblicitaria in via Domenico Muratori numero 48, con Gianni De Stefano, poi da li... e Giovanni si incontrò con una persona che io non ho visto perché hanno chiuso la porta, perché poi, entrando in rapporto con Mimmo, Mimmo mi chiese come cortesia... aveva le chiavi del mio bed & breakfast, le chiavi dell'appartamento in via Palestino, le chiavi del mio attico, avevo un attico duplex ad Archi...".

A Giovanni De Stefano, Vincenzino Zappia avrebbe contestato più volte di essere un po' troppo attento all'aspetto fisico e alla mondanità. Cosa diversa rispetto a Giuseppe De Stefano, appellato da Zappia con la parola "fratello". Zappia, comunque, sarebbe stato un soggetto di primissimo livello nel rione Archi. Addirittura De Rosa lo identifica come il boss e il referente della cosca De Stefano sul territorio almeno fino al 2009 quando Giovanni De Stefano uscirà dal carcere dopo diversi anni di detenzione: "Enzo Zappia aveva la fama di una persona che sparava, tutti quanti si spaventavano di Enzo Zappia perché tutti quanti sapevano che lui, durante il periodo di mafia, della guerra di mafia... aveva sparato... Tant'è vero che una volta Demetrio Sonsogno gli disse, perché si litigarono, perché Enzo era quadrato, per lui la cosa o è bianca o e nera, le sfumature sono delle femmine... o bianco o nero. Mimmo gli disse: "tu sei buono solamente a sparare"".

Un "principino" Giovanni De Stefano. Proprio lui, figlio di Giorgio De Stefano, uno dei tre fratelli che non sopravvivranno alle due guerre di mafia di Reggio Calabria: "Vincenzino Zappia rappresentava, tra virgolette, il braccio destro di Peppe De Stefano, a sua detta pure. Una volta eravamo nel mio ufficio, è uscito un articolo su Peppe De Stefano e Vincenzino ha preso Il Quotidiano, perché era il giornale Il Quotidiano e mi ha detto questo è mio fratello! Mio fratello inteso non come fratello di sangue, inteso come fratello di De Stefano. Quindi, di conseguenza, dove c'era Vincenzo, dove c'era Enzo Zappia, c'erano discussione che riguardavano la famiglia De Stefano, e riguardavano gli affari illeciti della famiglia De Stefano...".

E anche con riferimento alla G.D.C DISTRIBUZIONI avente ad oggetto il commercio all'ingrosso di caffè, zucchero, bevande e alimenti vari, nella reale (ma occulata) disponibilità di Giovanni De Stefano, De Rosa ha qualcosa da dire:

DE ROSA ENRICO: si, perché Luca Caffè erà il caffè che si era fatto Gianni

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): si si... che si era fatto, di cui lui curava la distribuzione?

DE ROSA ENRICO: curava la distribuzione, tanto è vero che una volta siamo andati con Mico, io mi sono anche... entrato dentro il Bar 2001, (inc.) in tutti e due e gli hanno fatto il processo poi, gli devono fare il processo, siamo andati a prenderci una notifica, perché Mico... Gianni aveva la sorveglianza e non poteva farlo, ed Enzo gliene ha dette di tutti i colori, "cane malato! carrialando!" a Giovanni, lo schifiava proprio...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): ma perché in quel caso lui era andato per il caffè sempre?

DE ROSA ENRICO: no, in quel caso stavano parlando... Enzo li ha detto :"scusa, ma mannaia alla marina, i fermate uori dl ar?eo mettetevi dentro al bar..."

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): no, non avevo capito perché lo collegava alla distribuzione del caffè...

DE ROSA ENRICO: perché il Bar 2001 è vicino a dove aveva le macchinette... è la salita, Via del Salvatore... Gianni... Via del Salvatore sulla destra, venti metri, di fronte c'è il Bar 2001, e quindi si sono fatti fermare come due mongoli. Perché dice che Enzo gli rimproverava a Mico: "ah hai il precedente ora che ti sei fatto fermare con Gianni! Quell'altro... a te ora ti fanno il processo, due animali!", li ha fatti merda quel giorno... Ma per farvi capire anche il fatto di Enzo che rapporto aveva con Gianni, cioè Enzo secondo me, a livello di importanza, era il più importante di tutti, secondo solo... secondo me secondo solo ai De Stefano Peppe e Carmine...

COL.MICHELE MIULLI: Enzo?

DE ROSA ENRICO: Enzo Zappia, di quelli la che erano fuori, sto parlando di questo ramo della famiglia, perchè...

...omissis...

DE ROSA ENRICO: si, io sto parlando... dovete scindere però le cose...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): no, io non è che devo scindere, devo capire...

DE ROSA ENRICO: mi spiego... nel senso che...

COL.MICHELE MIULLI: è lei che deve essere chiaro... perché il sentire...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): chi sente le cose... io lo so quello che vuole dire lei, però dobbiamo fare in modo che...

DE ROSA ENRICO: no, nel senso che Enzo Zappia è una persona molto importante tipo... alla luce, per dire, dei suoi trascorsi, è una persona tipo molto importante, in questo senso...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): ma non che comanda su Gianni?

DE ROSA ENRICO: no, che comanda no... però per dire...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): non governa...

DE ROSA ENRICO: no, ma ha la facoltà di mandarlo affanculo, cosa che non ho io. Io se lo mando affanculo mi prendo due schiaffi. E mi è andata bene, non so se mi spiego...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): si si...

DE ROSA ENRICO: in questo senso...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): le sarebbe andata bene nel caso in cui...

DE ROSA ENRICO: mi sarebbe andata bene...si si certo...

COL.MICHELE MIULLI: quindi pur dicendo, insomma, che ci sono differenti (inc.) criminali dei soggetti di cui lei sta parlando, ci sono però alcuni che possono fare certe cose...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): nel senso che Zappia...

DE ROSA ENRICO: ma Zappia è un veterano...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): ecco, ha un carisma criminale che gli consente di...

DE ROSA ENRICO: certo... scusate... quando Mico "Tatù" dice che Enzo sa soltanto sparare... Giovanni per dire, con tutto il rispetto, che io sappia, per dire, quello che so io, sicuramente non ha il curriculum di Enzo...

COL.MICHELE MIULLI: no, perfetto...

DE ROSA ENRICO: in questo senso...

COL.MICHELE MIULLI: Che so... Checco sa sparare ed un altro sa parlare... sa...

DE ROSA ENRICO: Enzo però poi io l'ho studiato ad Enzo... perché l'ho vissuto, Enzo è furbo...

COL.MICHELE MIULLI: per carità...

DE ROSA ENRICO: nel senso che Mico ha delle capacità imprenditoriali più rischiose, perché si mescola con tutti, Enzo è più guardingo però ha un'intelligenza criminale mostruosa, perché lui è riuscito, per dire... riesce ad avere una visione... che poi non si fida di nessuno, quindi tipo non è mai... è schiavo di se stesso, perché lui deve essere sempre messo la, si guarda da tutti... Enzo per dire ha gli agganci buoni, quando è scattata l'operazione "Archi", noi lo sapevamo che l'avrebbero arrestato e lui non c'era... e che comunque sia... per me, per quello che ho vissuto io, la famiglia De stefano non ce n'è per nessuno... pure quando hanno arrestato a Checco, Gianni sapeva, e gliel'ha detto a Mico, che avrebbero arrestato a Checco Zindato...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): ma Enzo, per esempio, con la famiglia Tegano in che rapporti era?

DE ROSA ENRICO: buoni, è sempre un personaggio... quelle cose che si leggono sono vere, nel senso che comunque sia... che si interfacciano è vero...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): che significa?

DE ROSA ENRICO: si interfacciano nel senso che comunque sia che... che è una sorta di co-gestione di quelle che sono tipo le...

COL.MICHELE MIULLI: si sono pacificati i rapporti e quindi...

DE ROSA ENRICO: io non lo so che avevo dieci anni, io vi dico quello che ho vissuto ora non quando si sono pacificati, scusate...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): si si certo...

COL.MICHELE MIULLI: siccome faceva riferimento a quello che si legge, siccome si legge anche questo...

DE ROSA ENRICO: si no no perdonatemi... vi chiedo scusa se mi sono espresso male...

DR.STEFANO MUSOLINO (PM): no no ma è giusto così, lei deve dire quello che sa... quello che ha vissuto...