Reggio: il giudice che non deposita sentenze da quasi due anni e mezzo

toghe newdi Claudio Cordova - Il dispositivo di sentenza più datato risale al 15 luglio 2013. Quello che farà più scalpore al 15 luglio 2014, esattamente un anno dopo. In mezzo altre sentenze importanti su casi delicati, come quelli celebrati nel foro di Reggio Calabria. Per nessuno di essi, però, il giudice Andrea Esposito ha tutt'oggi depositato le motivazioni dei provvedimenti emessi.

E a poco sono valsi i solleciti verbali da parte dei colleghi. Stessa sorte, negli ultimi mesi, per le missive scritte per porre rimedio a una situazione che, giorno dopo giorno, appare sempre più inaccettabile. Per l'ordinamento italiano, infatti, ogni provvedimento dell'Autorità Giudiziaria va motivato. Senza le motivazioni che il Foro attende dal giudice Esposito i procedimenti non possono andare avanti, seguendo il proprio corso naturale, con il grado d'appello e poi con la Cassazione.

E a girare, inesorabilmente, sono invece le lancette della prescrizione, che nei casi di criminalità organizzata è piuttosto lunga, ma che per altri tipi di reato si riduce sensibilmente.

A mettere nero su bianco l'inderogabile necessità di arrivare al deposito delle motivazioni sono stati, in ordine sparso, il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ma anche dalla Sezione Penale del Tribunale di Reggio Calabria e dall'Ufficio Gip/Gup.

Tutti hanno sollecitato il giudice Andrea Esposito e i vertici del Distretto Giudiziario di Reggio Calabria.

A mancare all'appello sono almeno quattro sentenze piuttosto importanti. In una il giudice Esposito rivestiva il ruolo di Giudice per l'udienza preliminare, avendo l'imputato scelto di essere giudicato con rito abbreviato, in due casi, invece, le sentenze sono dibattimentali, con Esposito a presiedere il Collegio, infine un'ultima circostanza, in cui Esposito era stato chiamato a intervenire nella veste di Giudice Monocratico.

Andiamo con ordine.

E' il 15 luglio del 2013 quando, all'esito del giudizio abbreviato, il Gup Esposito condannerà a tre anni e otto mesi di reclusione, con interdizione per cinque anni dai pubblici uffici l'allora sottosegretario regionale Alberto Sarra, punito in primo grado per il reato di bancarotta fraudolenta. Il Gup Esposito condannerà Sarra per il fallimento della Farmacia Centrale di Reggio Calabria, ponendo fine, così a un infinito processo di primo grado, celebrato con la formula del rito abbreviato. Un processo che – proprio per la durata spropositata – ha visto avvicendarsi due pm, Federico Perrone Capano (nel frattempo trasferito) e Luca Miceli: entrambi, in due diversi momenti, avevano invocato la condanna a sei anni e otto mesi per Sarra.

Quattro gli episodi di bancarotta fraudolenta che sarebbero stati messi in atto nell'ambito dell'intricata vicenda riguardante il fallimento della "Farmacia Centrale" ubicata a Reggio Calabria sul Corso Garibaldi. Secondo le indagini, Sarra, insieme ad altre due persone, Francesco Maria Serrao e Antonina Maria Rosa Marrari, avrebbe distratto, dissipato e occultato i beni riguardanti il patrimonio sociale della farmacia. Serrao deciderà per il patteggiamento, arrivando a una condanna in continuazione con un altro procedimento a suo carico, denominato "Casper", mentre per la Marrari il Gup Esposito comminerà due anni di reclusione (pena sospesa).

Il "gruppo Sarra" nei primi anni del 2000 avrebbe rilevato la farmacia dalla famiglia Curia, sborsando una cifra simbolica (un milione di lire), ma accollandosi anche i debiti, quantificati tra i sette e gli otto miliardi di lire. Negli anni, peraltro, il politico avrebbe mantenuto un ruolo operativo nella gestione della farmacia, disponendo anche sui licenziamenti. Nel corso degli anni, però, Sarra, avrebbe messo in atto una bancarotta fraudolenta da quasi un milione e seicentomila euro. 317mila euro sarebbero stati versati in più soluzioni mensili alla famiglia Curia e ai suoi eredi, per effetto di un contratto di rendita vitalizia, 146mila euro, invece, costituirebbero la somma del pagamento dei debiti della Sarfarm S.r.l., la società che Sarra avrebbe costituito per gestire la farmacia, cosa che, altrimenti, non gli sarebbe stata consentita, vista la sua professione di avvocato. Circa 84mila euro, poi, sarebbero il pagamento di debiti estranei alla gestione sociale, relativi ad assegni emessi da Sarra sul conto corrente acceso presso la BNL. Ma la parte più cospicua dei soldi che costituirebbe la bancarotta fraudolenta, circa un milione di euro, deriverebbe da un finanziamento concesso da Credifarma, l'istituto costituito dalle farmacie, in favore della Farmacia Centrale. Soldi che il 14 dicembre 2001 sarebbero stati trasferiti sul conto della Sarfarm, svanendo, poi, nel nulla.

Nel corso del procedimento, che subirà negli anni molteplici rinvii, la difesa di Sarra proverà a estrarre il coniglio dal cilindro, presentando un documento recante un'asserita firma da parte del defunto Antonio Curia: la consulenza disposta dal Gup certificherà però la non corrispondenza della firma di Curia, aprendo evidentemente le porte alla condanna per Sarra.

Un caso assai spinoso che, da circa due anni e mezzo, attende il deposito delle motivazioni. Sarà, in particolare, il procuratore capo Cafiero de Raho a informare, in forma scritta, i vertici giudiziari del Distretto.

Senza esito, al momento.

La sentenza che farà più scalpore, però, sarà quella del 15 luglio 2014, allorquando il Tribunale Collegiale presieduto da Andrea Esposito assolverà la maggior parte degli imputati del procedimento "Raccordo-Sistema" celebrato contro quella che, per la Dda, era la cosca Crucitti di Condera-Pietrastorta. Il Tribunale di Reggio Calabria dichiarerà prescritto il reato per il parroco di Condera, don Nuccio Cannizzaro, accusato dalla Dda di false dichiarazioni al difensore: troppo il tempo trascorso tra il momento in cui il prete avrebbe commesso il reato e i tempi con cui la giustizia reggina sarà in grado di portarlo a processo e giudicarlo. Don Nuccio era accusato di false dichiarazioni al difensore rese nell'ambito del procedimento "Pietrastorta". Protagonista della storia anche il commerciante Tiberio Bentivoglio, che negli anni ha subito diverse intimidazioni e minacce, ma anche un agguato da cui si salverà miracolosamente. I fatti riguardano il periodo in cui Bentivoglio, con altri soci, decide di voler dar vita a un'associazione no-profit per l'organizzazione di eventi a Condera e Pietrastorta, la "Harmos". Don Nuccio, infatti, oltre a essere il cerimoniere dell'allora Arcivescovo, Vittorio Mondello, oltre a essere il cappellano dei Vigili Urbani, è anche il parroco della chiesa di Condera. Bentivoglio avrebbe cercato di coinvolgerlo nel progetto, ricevendo, però, un diniego. Nel complesso crollerà l'impianto accusatorio sotto i colpi del Collegio presieduto da Andrea Esposito. Verrà condannato a 4 anni il presunto boss Santo Crucitti, che sarebbe stato il capo locale della zona: per lui, però, verrà ordinata l'immediata scarcerazione, vista l'assoluzione per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Al termine di repliche e controrepliche, dunque, il Tribunale presieduto da Andrea Esposito "salverà" il parroco, che era stato definito "un centro di potere" dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, che ha rappresentato l'accusa insieme alla collega Sara Ombra. Ma il Collegio demolirà un'indagine che aveva ricostruito le manovre economiche e politiche di Crucitti. Venendo meno il reato principale, quello di associazione mafiosa, a cascata crolleranno anche le altre contestazioni, che erano appunto aggravate dall'aver favorito la 'ndrangheta. Un coacervo di interessi per Santo Crucitti che secondo la Procura avrebbe sfruttato il proprio peso criminale per entrare a piedi uniti nel business cittadino, acquisendo la disponibilità di una serie di aziende attive nei più svariati campi: dalla Fin Reggio, passando per la Planet Food, fino ad arrivare alla palestra Fitland.

E, anche in questo caso, le motivazioni della clamorosa decisione restano oscure perché non depositate dal giudice Esposito, nonostante i termini della proroga richiesta siano scaduti da diversi mesi.

In mezzo un'altra sentenza importante, quella con cui verrà condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione il perito trascrittore Roberto Crocitta, punito per favoreggiamento aggravato dalle modalità mafiose: secondo le indagini svolte dal pm Giovanni Musarò, avrebbe modificato alcune intercettazioni in favore delle potenti cosche della Piana di Gioia Tauro, Pesce, Bellocco e Gallico al fine di aiutare i presunti affiliati a ottenere una scarcerazione nella fase investigativa. E' l'1 aprile 2014. Da quel momento, anche sul caso Crocitta scenderà il silenzio, in attesa del deposito delle motivazioni.

Da ultima, in ordine temporale, la sentenza con cui Andrea Esposito, in qualità di Giudice Monocratico, condannerà ad un anno e sei mesi di carcere i medici Diego Giustra e Bruno Sergi per l'omicidio colposo di Demetrio Nicolò. Secondo l'accusa portata avanti dal pm Rosario Ferracane, i due medici del Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria avrebbero sbagliato la diagnosi quando il funzionario del Corecom Nicolò alle 3 di notte del 7 luglio 2008 era stato accompagnato in ospedale accusando dolori al torace. Dopo un'ora e mezza, il paziente era stato congedato con la diagnosi di toracoalgia. Una diagnosi errata che avrebbe portato poi alla morte del paziente.

Quattro importanti sentenze che, da lungo tempo, attendono il deposito delle motivazioni. Quattro procedimenti che non possono progredire, accumulando termini di prescrizione e negando, quindi, una giustizia certa, agli imputati ancor prima che alla collettività.

Tutti in attesa dell'operato del giudice Andrea Esposito. Che nel frattempo, però, ha chiesto e ottenuto il trasferimento in un'altra sede.