di Claudio Cordova - Ancora una volta emerge il "tenace proposito di Maria Concetta di opporsi alla volontà dei familiari - sorretto dalla consapevolezza che essi non avrebbero mai soprasseduto a fronte dell'insubordinazione commessa, che avrebbero certamente punito privandola della sua stessa vita". I giudici del Tribunale di Palmi hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui hanno condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione l'avvocato Gregorio Cacciola, punito per le proprie condotte antecedenti alla morte della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta per ingestione di acido muriatico nell'agosto 2011. E i giudici parlano "dell'estrema gravità delle condotte compiute, del loro protrarsi nell'arco di un durevole lasso di tempo e delle atroci conseguenze che ne erano scaturite, tradottesi nella morte crudele di una giovane madre, che aveva rinnegato la propria appartenenza ad una famiglia mafiosa ed offerto alla magistratura un decisivo contributo contro la criminalità".
Il penalista del foro di Palmi è stato condannato in primo grado al termine di un lungo dibattimento in cui il Tribunale presieduto da Antonino Battaglia (Ascioti e Maione a latere) ha avvalorato l'impianto accusatorio portato avanti dal pm Giovanni Musarò: Cacciola rispondeva di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose per le pressioni che porteranno la giovane testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola a rientrare a Rosarno e ritrattare le importanti dichiarazioni rilasciate alla Dda di Reggio Calabria nel 2011, quando deciderà di troncare con il contesto mafioso di appartenenza per rifarsi una vita: "La partecipazione dell'avvocato Cacciola alla costrizione esercitata dai familiari di Cetta, affinché ella ritrattasse le dichiarazioni rese agli organi inquirenti, era consistita: nel recarsi ad incontrarla, immediatamente dopo il suo ritorno da Genova, presso l'abitazione sita in Rosarno, via Don Gregorio Varrà, e nell'evidenziarle l'opportunità di rettificare il contenuto delle informazioni fornite ai pubblici ministeri; nel presenziare ad un consesso svoltosi, l'undici agosto del 2011, nell'edificio appartenente ai coniugi Corrao - Morano, ivi organizzato allo scopo di eludere eventuali intercettazioni ambientali, e durante il quale l'imputato si era appartato con Maria Concetta per alcuni minuti, ascoltandone le confidenze, in merito al tenore di quanto aveva rivelato in sede di collaborazione; nel riceverla al proprio studio il 12 agosto 2011 e nell'incidere la registrazione della ritrattazione, operazione che egli aveva materialmente effettuato, dopo averne elaborato il testo, con l'utilizzo di un apparecchio a lui appartenente" scrivono i giudici.
Pressioni che costringeranno la giovane a rientrare in Calabria, fino alla tragica fine, in agosto, allorquando verrà ritrovata morta (quasi certamente uccisa) dopo l'ingestione di acido muriatico. Una condanna che segue la decisione già emessa nei confronti dei familiari di Cetta Cacciola, nonché l'altro avvocato coinvolto, Vittorio Pisani, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia.
Nelle circa 150 pagine di motivazione, i giudici rimarcano come la condotta dell'avvocato Cacciola si sia macchiata dell'aggravante mafiosa: "Sussiste, in relazione a tutte le violazioni contestate all'odierno imputato, la circostanza aggravante prevista dall'art. 7 decreto legislativo n. 152/1991, poiché esse erano state, indubbiamente, realizzate allo scopo di agevolare l'attività della cosca di 'ndrangheta capeggiata dalla famiglia Bellocco. La finalità di agevolazione del sodalizio criminale emerge con assoluta chiarezza dal tentativo di neutralizzare, mediante la ritrattazione, la potenzialità probatoria delle accuse rivolte da Maria Concetta ai suoi appartenenti".
Cetta doveva essere messa a tacere e fatta passare per pazza per non compromettere i rapporti con il clan Bellocco, su cui la giovane aveva fatto importanti dichiarazioni. Da qui, dunque, anche la strategia denigratoria dopo la morte, utilizzando una parte dell'informazione locale: "L'avv. Cacciola aveva ricevuto numerose telefonate da parte di alcuni giornalisti di quotidiani locali, come La Gazzetta del Sud e Calabria ora, ai quali aveva preannunciato la presentazione dell'esposto in Procura, chiedendo loro se fossero interessati a pubblicarlo. La finalità perseguita era quella di divulgare, attraverso la stampa, informazioni diffamatorie ai danni dei magistrati requirenti, in ordine al trattamento da questi riservato ai collaboratori di giustizia".
Maria Concetta Cacciola, dunque, sarebbe stata ammazzata il 20 agosto perché stava per rientrare nel programma di protezione: "Che Cetta avesse riferito il vero ai magistrati, che non nutrisse la benché minima intenzione di ritrattare e che a ciò fosse stata obbligata dai propri congiunti – affiancati dagli avvocati Cacciola e Pisani, il cui ausilio ne aveva rafforzato la capacità di comprimere la sua libertà di autodeterminazione - si inferisce dai dialoghi tra lei ed i genitori" scrivono i giudici. Saranno intercettazioni telefoniche e ambientali a ricostruire le drammatiche fasi della primavera-estate 2011. Una storia che inizierà nel giugno 2011, quando Cetta Cacciola deciderà di allontanarsi da Rosarno e di riversare il proprio patrimonio conoscitivo sulla 'ndrangheta di Rosarno. Una storia che, però, non si fermerà con la morte della giovane, avvenuta il 20 agosto successivo, ma che continuerà anche dopo tramite le manovre della famiglia, dell'avvocato Gregorio Cacciola e della stampa per infangare la dignità della testimone di giustizia. Ma non solo. Fondamentale anche il contributo fornito dall'avvocato Vittorio Pisani, che deciderà di collaborare con gli inquirenti, temendo per la propria vita, dopo essere stato condannato in primo grado. Dichiarazioni "indubbiamente credibili" quelle dell'avvocato-collaboratore. Al pari delle dichiarazioni degli altri collaboratori di giustizia ascoltati in dibattimento.
Cacciola, quindi avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella finta ritrattazione estorta con violenza alla donna: una audiocassetta indirizzata proprio agli inquirenti reggini, in cui Cetta affermava da un lato di voler uscire dal programma di protezione e dall'altro sosteneva di aver detto menzogne alla Dda. Una messinscena ad opera della famiglia, ma anche degli avvocati: "È opinione del Collegio che l'avere l'imputato falsamente negato di avere effettuato la registrazione del nastro contenente la ritrattazione, al pari dell'avere egli suggerito di inserire il proprio nominativo e quello del Pisani nel novero dei soggetti a cui sarebbe stato inoltrato l'esposto, sia condotta che tradisce che egli fosse cosciente dell'illiceità della persuasione esercitata dai Cacciola nei confronti della giovane, e che intendesse, di conseguenza, dissimulare ed occultare la propria partecipazione alle descritte pressioni. La stessa forma dell'incisione di un'audiocassetta, prescelta, tra le possibili opzioni, per dare veste alla ritrattazione di Cetta, denota palesemente che essa non fosse frutto di una determinazione spontanea di costei, poiché tesa - come asseriva Tania (figlia della Cacciola ndr) - a scongiurare il rischio che un confronto diretto con i magistrati ne smascherasse il reale movente ed attraesse a galla le tracce della coartazione perpetrata al fine di ottenerla".
Due avvocati al servizio della famiglia, dunque. Cacciola perché legato da vincoli di parentela, Pisani perché legale storico della cosca Bellocco, clan ampiamente colpito dalle dichiarazioni di Maria Concetta e quindi sul piede di guerra. I due legali avrebbero avuto un ruolo determinante nelle pressioni che la famiglia Cacciola farà sulla figlia Maria Concetta, al fine di indurla a interrompere la collaborazione a ritrattare quanto già affermato ai pubblici ministeri.
Presso lo studio dell'avvocato Gregorio Cacciola verrà anche registrata su supporto audio la ritrattazione della giovane donna, a pochi giorni dalla morte. E' il 12 agosto 2011, quando la testimone registrerà un audio in cui dirà di aver detto tutto sulla scorta della rabbia nei confronti dei familiari. Maria Concetta Cacciola morirà il 20 dello stesso mese.
A pesare sulla posizione degli avvocati Cacciola e Pisani sono le dichiarazioni illogiche e contraddittorie rese in dibattimento a Palmi, oltre che le numerose intercettazioni ambientali a carico dei Cacciola.
Ma non solo.
I dati più affossanti saranno costituiti dalle intercettazioni svolte nello studio dell'avvocato Cacciola: "Da queste, in specie dai colloqui captati presso lo studio Cacciola (mentre molto più oculato e prudente è l'avv.to Pisani evidentemente timoroso di essere intercettato), emerge una pericolosissima contiguità del professionista con soggetti appartenenti ad ambienti criminali locali cui, abdicando alla sua importante e nobile funzione, dispensa consigli di certo non di carattere tecnico, si presta a portare 'mbasciate a detenuti, concorda dichiarazioni che avrebbero dovuto rendere alcuni testi della difesa, utilizza un lessico mafioso (es. gli appartenenti alle forze dell'ordine vengono qualificati con disprezzo come "sbirri"), riceve e riferisce confidenze su fatti gravissimi avvenuti nel mandamento tirrenico (es. omicidi) e su dinamiche interne alla 'ndrangheta operante nella medesima zona, ipotizzando finanche l'elininazione fisica del collega e concorrente negli odierni reati Vittorio Pisani" è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L'avvocato Pisani, dunque, avrebbe dimostrato di sospettare un controllo da parte degli investigatori. Per questo, per esempio, eviterà di parlare all'interno del proprio studio, preferendo i colloqui all'aria aperta. Meno cauto il collega Cacciola. Questa la definizione che forniscono gli inquirenti: "Un professionista che ha definitivamente saltato il fosso e che funge stabilmente da "consigliori" dell'attività di diversi soggetti appartenenti o contigui alla associazione denominata 'ndrangheta operante nel c.d. mandamento tirrenico, dispensando consigli e direttive che nulla hanno a che fare con un mandato difensivo lecito, neanche di un professionista che opera in un contesto difficile come quello rosarnese: ad esempio, consigliando ad un soggetto di darsi alla latitanza, invitando il padre di un detenuto a non parlare durante i colloqui perché potevano esservi in corso operazioni di intercettazione ambientale, dichiarandosi disponibile a portare 'mbasciate al medesimo detenuto, concordando dichiarazioni che avrebbero dovuto rendere alcuni testi della difesa, utilizzando un lessico da mafioso e non da avvocato (es. gli appartenenti alle forze dell'ordine vengono qualificati con disprezzo come "sbirri"), ricevendo e riferendo confidenze su fatti gravissimi avvenuti nel mandamento tirrenico (es. omicidi) e su dinamiche interne alla 'ndrangheta operante nella medesima zona".
Con riferimento ai fatti oggetto del procedimento, Gregorio Cacciola criticherà aspramente il comportamento di Vittorio Pisani, accusandolo di aver fatto fin dall'inizio il "doppio gioco", in quanto aveva avuto un atteggiamento fintamente collaborativo con gli inquirenti per accollare tutta la responsabilità su di lui: "Ma tu pensi Teresa, tu pensi che questo qua quando è successo il fatto....ma tu pensi che mi sfuggiva in tutte le maniere cornuto, invece ... invece di stare vicino a me.... e sai perchè? ... perchè quando è successo il fatto il cornuto, parlando con lui se n'è andato nella Caserma dei Carabinieri e gli disse "tutti i castelli che sono stati creati, li ha creati l'avvocato Cacciola"
Proseguendo, Gregorio Cacciola sottolineava che il Pisani si era comportato in modo poco intelligente, perché proprio il suo comportamento aveva ingenerato il sospetto negli inquirenti e non si era reso conto del fatto che in tal modo aveva accusato anche se stesso: "E' tre...tremendo e se ha fatto "u sbirru" con me che eravamo colleghi, non solo e che aveva interessi a non farlo "u sbirru" perchè facendo "u sbirru" per me... automaticamente te lo fai per te stesso... è arrivato a questo.... è un cornuto perchè ha creato lui ora le condizioni che dice lui... e faceva il doppio gioco, siccome quelli non sono storti, non sono fessi dicono "tu hai fatto doppio gioco... "tu hai fatto il doppio gioco perchè avevi paura di stare vicino alla vicenda e ti allontanavi ci davi indirettamente la conferma che la vicenda puzzava guarda quanto è cornuto, che la vicenda puzzava, "in più rispetto a quello che dice l'avvocato Cacciola tu dici al contrario" perchè io lo difendevo a lui Teresa".
Gregorio Cacciola evidenziava, ancora, che la pretesa di Pisani di scaricare le responsabilità solo su altri era non solo scorretta, ma anche oggettivamente non credibile: "Li abbiamo denunciati a tutti e lui mi ha inculato a me, ora dico: cretino se tu sei codifensore con me, che sei un altro avvocato, uno che dovrebbe essere un avvocato eh, eh è possibile che era un fantoccio nelle mani mie? eh..eh... una persona che è seria dice "aspetta o li concordiamo insieme o ti saluto, tu ti vedi i fatti tuoi". Dal tenore complessivo del dialogo si desume chiaramente che, secondo l'Avv. Gregorio Cacciola, le anomale modalità con le quali l'avv. Vittorio Pisani ha rinunciato alla difesa di Gregorio Bellocco e di Teresa Cacciola rientrano nel tentativo di fare il "doppio gioco" per allontanare i sospetti da se stesso in relazione ai fatti dell'agosto del 2011. In un altro colloquio, Cacciola sottolineava che nella vicenda relativa alla ritrattazione di Maria Concetta Cacciola entrambi i legali avevano giocato un ruolo fondamentale, uno quale "rappresentante della famiglia Cacciola", l'altro, Pisani, quale "rappresentante di Gregorio Bellocco": "... gli hanno fatto il culo tanto ...(ride)... a me! a me almeno mi hanno detto guarda, rappresentante della famiglia Cacciola", mi sta anche bene, ma tu rappresentante di Gregorio Bellocco "ta zicchi nto culu e non ti nesci mancu... se ti votunu sutta supra" ...(te la ficchi in culo e non ti esce nemmeno se ti girano sotto sopra)...".
E poi tutta una serie di conversazioni, che dimostrerebbero la grande affinità del legale con i soggetti della 'ndrangheta della Piana.
E allora a Gaetano Rao, padre di Rosario, arrestato come appartenente ai Pesce, consiglierà di non parlare di argomenti sensibili nei colloqui in carcere: "Un'altra cosa importante Nuccio, vedi che appena ...(inc.).... là, voi siete controllati!... ....parlate di Juventus! Chiaro... si sente!...". A Giuseppe Bellocco, rampollo classe 1987 del boss ergastolano Gregorio Bellocco, consiglierà invece di darsi alla macchia: "Allora fai una cosa prima di andartene...mi firmi due nomi e cambi aria un poco!....firmami queste cose li....".
CACCIOLA Gregorio: aspetta! aspetta un minuto! no con questo...
BELLOCCO Giuseppe: no...
CACCIOLA Gregorio: sai perché? perché questo ora lo stanno diramando a tutte le parti...(n.d.r. verosimilmente il passaporto)...
BELLOCCO Giuseppe: ora che fanno?
CACCIOLA Gregorio: questo qua che ti hanno fotocopiato qua...
BELLOCCO Giuseppe: eh...
CACCIOLA Gregorio: questo già lo hanno diramato a tutte le parti...
BELLOCCO Giuseppe: si?...(inc)...
CACCIOLA Gregorio: aeroporti pure...quello! a meno che non ne hai un altro tu!
BELLOCCO Giuseppe: ne ho un altro!
CACCIOLA Gregorio: con nome diverso?
BELLOCCO Giuseppe: si si!
CACCIOLA Gregorio: ok! ...(inc)...
BELLOCCO Giuseppe: si ma io devo andarmene...
CACCIOLA Gregorio: cambia aria...
BELLOCCO Giuseppe: ...due tre mesi me ne vado!
CACCIOLA Gregorio: e poi devi avere contatti, non chiami a me... con qualcuno con una scheda particolare e ti chiami Pasquale ti chiami Rocco!
E poi ci sono le frasi che scambierà con Antonio Sibio e Domenico Corrao, entrambi uomini dei Pesce di Rosarno. L'avv. Cacciola, dopo aver spiegato che aveva preferito non inserire fra i testi della difesa ufficiali di P.G. (che definiva "sbirri":"abbiamo tutti, tutti i militari che mandano loro, come lista del Pubblico Ministero, a noi non ci conviene che chiamiamo gli sbirri, noi difensori, difesa, perché gli sbirri....".
Interessantissima, infine, risulta la conversazione fra l'Avv. Gregorio Cacciola e tale Rosario (soggetto gravitante della 'ndrangheta del mandamento tirrenico, in corso di identificazione), captata nel pomeriggio del 20.12.13 all'interno dello studio legale. Si tratta di un dialogo fra due soggetti che, parlando "alla pari", discutevano di episodi (fra i quali diversi omicidi) riservati e più o meno risalenti nel tempo, relativi alla 'ndrangheta operante nel mandamento tirrenico.
Non solo le circostanze riferite, ma anche i ragionamenti fatti nell'occasione dai due interlocutori denotavano una profonda conoscenza dei personaggi e delle dinamiche interne alla 'ndrangheta operante nella fascia tirrenica della provincia reggina. Particolarmente informato si rivelava l'avv. Gregorio Cacciola, il quale spiegava a Rosario che un vecchio boss ormai defunto gli raccontava fatti che non riferiva neanche ai suoi figli ("se c'era il vecchio gli faceva le orecchie, ma no a loro a mezza Calabria, sapete che ...inc... che io lo frenavo al vecchio, lui con me stava ...mi ha raccontato fatti, gli dissi io: no cazzo non ne raccontate più mannaia, non volevo sapere io, perchè non ...inc...? per un fatto, intanto non sapevano se c'era prima ... gli dicevo : gli dicevo io: che cazzo volete, non so niente io, primo che io non sapevo e secondo se succedeva qualcosa lui diceva "io con questo ho parlato"... non volevo sapere niente, lui "no questo cazzo te lo devo raccontare non lo sanno nemmeno i figli miei" mi diceva "cose che se lo sanno i i figli miei lo fanno ora" e mi disse un nome di uno che secondo lui se l'è cannata quando lo hanno arrestato, nome e cognome... mi disse "sai perchè non gli ho tagliato la testa" mi disse... "perchè e sposato con una nipote mia, con una cugina mia e mi dispiace che rimane orfanella" e quando mai lui ha detto "mi dispiace", eppure gli dispiaceva per quello, disse "non gli ho tagliato la testa per questo fatto e non glielo detto ai figli miei che gliela tagliavano e se ne fottevano pure della moglie" e mi disse chi era proprio, io non gli ho creduto mai però, vi giuro... insomma lui ormai è morto e lo possiamo dire, sapete chi era? ... (abbassa il tono della voce bisbigliando e dice "Michele ...inc... vrs. Erricu") che è un nipote suo").
Da qui, dunque, le dure parole utilizzate nell'ordinanza firmata dal Gip "E' appena il caso di sottolineare che, come é fin troppo evidente leggendo il dialogo di seguito riportato, Gregorio Cacciola raccontava fatti che aveva appreso nella veste non di avvocato, ma di soggetto perfettamente inserito, non certo per ragioni professionali, negli ambienti della criminalità organizzata rosarnese. Le circostanze e gli episodi di cui si discuteva, infatti, oltre a non essere noti, erano particolarmente riservati e potevano essere portati a conoscenza solo di persone di assoluta fiducia (quale, evidentemente, l'Avv. Cacciola era nell'ambiente della 'ndrangheta della Piana".
E sono impietose le parole che il Collegio utilizza sull'avvocato Cacciola: "Si tratteggia, dunque, una personalità connotata da un'incisiva proclività al delitto, tanto allarmante quanto contrastante con lo spirito e gli obiettivi connaturati ad un lecito esercizio della funzione di avvocato e del mandato difensivo, i cui confini appaiono, nell'ipotesi in commento, ampiamente e pericolosamente trascesi".