di Benedetta Malara - Sembra quasi di vederla, mentre trascina in fondo al mare le sue 3000 tonnellate di carico. Accade venticinque anni fa, il 21 settembre 1987, in una giornata di fine estate. Al largo di Capo Spartivento, in provincia di Reggio Calabria, affonda la motonave Rigel, partita da La Spezia con destinazione Limassol. Affonda in circostanze misteriose e inusuali la Rigel: nessuno, nonostante sia obbligatorio, lancia – durante le dieci ore che passano prima che la nave affondi – un mayday per chiedere soccorso. L'equipaggio viene poi recuperato casualmente da una nave jugoslava, la Krpan, che sbarca l'equipaggio a Tunisi. Una volta sbarcato a Tunisi, il comandante della Rigel dà delle coordinate false, in modo da non far ritrovare la nave, e scompare insieme a tutto l'equipaggio.
La scomparsa dell'equipaggio, unita all'inosservanza delle norme per la sopravvivenza in mare e alle strane dinamiche dell'affondamento stesso, che vorrebbero come causa principale una falla apertasi misteriosamente, sono gli elementi che fanno scattare da subito la possibilità di un affondamento doloso della nave. I Lloyd's, a cui viene chiesto un risarcimento per la nave affondata, sospettano una truffa, e danno il via alle indagini, che portano alla condanna di diversi di imputati per affondamento doloso. Siamo nel 1995, la sentenza viene in seguito confermata in appello dal tribunale di Genova il 10 novembre 1999 e resa definitiva in Cassazione il 10 maggio 2001. È ufficiale, la Rigel è stata fatta affondare.
"Lost the ship", la nave è persa. Ed è persa davvero, sprofondata per centinaia di metri nel Mar Ionio, che nella zona di Capo Spartivento può anche superare un chilometro e mezzo di profondità, tanto che recuperare la nave è, praticamente, quasi impossibile. Ma "lost the ship", in realtà, è anche una previsione. Una previsione fin troppo azzeccata, scritta su un'agenda da Giorgio Comerio, ufficialmente ingegnere di Busto Arsizio, ufficiosamente faccendiere che secondo gli inquirenti sarebbe implicato in traffici d'armi in Somalia e interessato alle tecniche alternative di smaltimento dei rifiuti radioattivi.
Ma perché un trafficante di rifiuti radioattivi dovrebbe avere a che fare con una nave mercantile affondata a Capo Spartivento? Nel 1995, anno in cui viene emessa la prima sentenza per affondamento doloso della Rigel, Nuccio Barillà e Enrico Fontana di Legambiente Calabria denunciano un presunto traffico di rifiuti tossici dal Nord Europa verso alcune zone dell'Aspromonte. L'allora sostituto procuratore di Reggio Calabria, Francesco Neri, apre un'inchiesta, in cui verrà affiancato dal Capitano di Corvetta Natale De Grazia, per individuare i soggetti dediti allo smaltimento illegale di rifiuti radioattivi. Nel corso delle indagini, Comerio esce allo scoperto come trafficante d'armi e rifiuti radioattivi, con coperture di alto livello, in particolare in Africa Orientale, dove si combatte la guerra, e c'è grande commercio di materiale bellico. Nel giugno del 1995 scatta una perquisizione nella villa dell'Ingegnere, a Garlasco. Vengono sequestrati progetti e fotografie e in un'agenda, il 21 settembre 1987, viene ritrovato un appunto: "Lost the ship". Il capitano De Grazia accede al registro navale dei Lloyd's, e scopre che in tutto il mondo l'unica nave ad essere affondata il 21 settembre 1987 è proprio la Rigel.
Se un uomo come Comerio, interessato allo smaltimento di rifiuti radioattivi tramite dei missili lanciati in mare, è legato in qualche modo all'affondamento della Rigel, la direzione da intraprendere sembra essere solo una: indagare sul carico della nave.
Ufficialmente, la Rigel trasportava marmo e polvere di marmo, che si pensava fossero stati utilizzati per affondare più velocemente la nave, ai fini della truffa assicurativa. Ma in realtà, il carico della Rigel non fu mai controllato alla dogana. I funzionari si fecero corrompere e la nave non venne perquisita. Ma sulla Rigel, insieme alla polvere di marmo, viaggiavano almeno sessanta tonnellate di blocchi di cemento. A cosa servivano altri blocchi di cemento? La nave trasportava abbastanza polvere da fare affondare carichi maggiori, il cemento aveva un altro scopo, quello di cementificare i rifiuti radioattivi e di schermarne le radiazioni.
La Rigel, unica nave per cui è stato giuridicamente confermato l'affondamento doloso, sarebbe a tutti gli effetti una nave dei veleni. Carrette, container, barche, navi, barili, riempiti di rifiuti radioattivi e lasciate affondare, per non lasciare tracce.
Ma in questa storia, oltre a Comerio, c'è molto di più. In Calabria, la Rigel non è l'unica nave dei veleni. La storia della Rosso, spiaggiata – per un curioso disegno del destino – ad Amantea, allunga un'ombra su altre due presenze implicate nel traffico di rifiuti: la 'ndrangheta e lo Stato. È Francesco Fonti, pentito di 'ndrangheta, che racconta diffusamente della collaborazione tra i trafficanti, la mafia locale e le istituzioni. La Jolly Rosso, utilizzata dal Governo per riportare dal Libano in Italia alcuni fusti pieni di materiale radioattivo, ha un misterioso incidente mentre si trova a largo di Capo Vaticano. La sua attività è ancora una volta riconducibile a Comerio, che avrebbe dovuto acquistarla – secondo il Sismi – per trasformarla in una fabbrica di missili da guerra, da rivendere all'estero. Ma la Rosso si spiaggia ad Amantea, abbandonata un po' troppo frettolosamente dal suo equipaggio, visti i danni non troppo gravi riportati – che infatti ne impediscono l'affondamento – e viene successivamente smantellata. Che la nave dovesse essere fatta affondare, è praticamente certo. Lo afferma Francesco Neri, che anche questa volta si occupa del caso. Ma il carico radioattivo scompare durante lo smantellamento, sorvegliato dal Sismi, la cui presenza però non impedisce il verificarsi di un fatto insolito: la prima società incaricata di smantellare la nave, la Smit Tak, di punto in bianco interrompe il lavoro. Non prima, però, di aver prelevato qualcosa dalla nave, realizzando uno squarcio apposito "lato mare", lontano dalla vista dei curiosi. L'ipotesi è che i rifiuti trasportati dalla Rosso siano stati interrati nel territorio di Amantea. Le ipotesi, però, sono rimaste tali. Fonti parla di connivenze a vari livelli, sottolineando – da pentito di mafia – che in realtà la 'ndrangheta fosse solo il "braccio" di tutto il sistema. Le 'ndrine venivano contattate dai trafficanti – nel caso della Rosso si parla espressamente del clan Muto di Amantea, in quello della Rigel dei Iamonte di Melito Porto Salvo – e l'operazione veniva gestita con degli accordi ben precisi. Fonti, sebbene – va precisato – sia stato considerato inattendibile, racconta che "fin dagli anni settanta dei rappresentanti dello Stato avrebbero trattato con la malavita le condizioni per fare sparire illegalmente scorie e veleni scomodi. Il traffico di rifiuti se non ha delle connivenze istituzionali non può andare avanti, perché è un traffico fatto da multinazionali, da governi e non da trafficanti".
Ed è lo Stato che, dopo la svolta nelle indagini sulla Rigel, si affianca alle indagini di Neri e De Grazia. Il capo del nucleo operativo provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, Antonino Greco, parla in realtà di "Entità", termine con cui definisce "Forze occulte di non facile identificazione che si mettono in moto per «controllare gli investigatori nel corso della loro attività".
Non è solo di Stato che si parla. Quell'entità, quella forza occulta, quella presenza è un intreccio misterioso di mafia, affari e politica. A Reggio arrivano i servizi segreti, e Neri e De Grazia capiscono di non essere soli. De Grazia, in particolare, diventa inquieto, certo della presenza di una "talpa", di qualcuno – tra gli uomini dei servizi – che voglia ostacolare il suo lavoro. È il 13 dicembre 1995 quando Natale De Grazia muore improvvisamente sul sedile di una Fiat Tipo, mentre si sta recando a La Spezia per prendere visione di alcuni registri navali. Sul corpo vengono effettuate due autopsie, che confermano la morte naturale dell'uomo, una versione che però non convince la famiglia. Ma la morte di De Grazia segna un forte arresto per le indagini della Procura. Un ultimo tentativo era stato fatto, insieme a Francesco Neri, per recuperare il relitto della Rigel: i due uomini avevano chiesto aiuto alla Nasa, l'unica a disporre dei mezzi per poter trovare e recuperare ciò che rimaneva della nave. Ma l'operazione richiedeva il finanziamento del Governo, che negò la concessione dei fondi senza dare spiegazioni.
Un paio di anni dopo, nel 1997, l'inchiesta passa al sostituto procuratore Alberto Cisterna, che riesce ad ottenere un finanziamento. Ma dall'affondamento della nave sono passati esattamente dieci anni, senza contare che – in partenza – le coordinate per ritrovare la nave erano false, rivelate nel porto di Tunisi dal comandante della Rigel prima di svanire nel nulla.
Nel 2000, infine, Cisterna archivia il caso, per l'impossibilità di procedere ad ulteriori ricerche ed analisi e, sostanzialmente, per mancanza di prove.
Nonostante negli ultimi dodici anni la Rigel sia qualche volta tornata tra le righe della cronaca per nuove rivelazioni e presunti avvistamenti, più nulla si è saputo della nave dei veleni affondata a Capo Spartivento. Si dice che oggi, con i mezzi di cui dispone la tecnologia, un recupero della nave sarebbe probabilmente possibile. C'è soltanto da chiedersi se, oggi, esista ancora la volontà di ritrovarla.