di Claudio Cordova - "Sono titolare di due imprese la "De Rosa immobiliare srl" e la "Drs srl", per il 75% mia e per il 25% di mia sorella. Da marzo a dicembre 2003 ho lavorato presso un'agenzia immobiliare di Reggio Calabria denominata "Pilastro". Ricordo che nel fabbricato dell'immobiliare "Pilastro", in un appartamento dirimpetto a quello dell'agenzia immobiliare, trascorreva la latitanza Fracapane che fu arrestato nel corso di un blitz". Si presenta così Enrico De Rosa ai pm antimafia di Reggio Calabria, Stefano Musolino e Rosario Ferracane. Il 34enne immobiliarista è divenuto collaboratore di giustizia dal settembre 2014 e sta riversando il proprio patrimonio conoscitivo ai due magistrati. Un patrimonio conoscitivo che sembra essere molto ampio. Le sue dichiarazioni, infatti, sono state depositate dal pm Ferracane all'apertura del procedimento "Rifiuti SpA 2", che vede alla sbarra i membri della cosca Alampi, ma anche una serie di professionisti tra cui gli avvocati Giulia Dieni e Giuseppe Putortì, nonché il commercialista Rosario Spinella e l'uomo forte della Multiservizi, Lauro Mamone.
De Rosa potrebbe essere il collaboratore capace di far fare il salto di qualità alle indagini sulla 'ndrangheta reggina, visti i suoi rapporti imprenditoriali con importanti famiglie di 'ndrangheta: "Nel 2004 ho costituito una società con Giuseppe Libri classe 1971, cugino di Pino Libri classe 1958, quest'ultimo fratello di Rosa Libri. Ho avviato questa società con Giuseppe Libri, perché aveva molti contatti con diverse persone in molti quartieri di Reggio Calabria. Ero esperto del settore immobiliare e Libri aveva molti contatti ed influenze su Reggio Calabria, oltre ai soldi per fare investimenti. Ad un certo punto abbiamo sciolto la società ed io ne ho avviato un'altra con sede a Piazza Carmine. Nel periodo in cui avevo lavorato insieme a Libri mi ero costruito una rete di relazioni per poter lavorare da solo. Dal mese di giugno 2006 fino al mese di luglio 2007 ho stretto rapporti con Nino Caridi che mi aveva chiesto di diventare l'immobiliarista della cosca".
Il collaboratore, dunque, si presenta come immobiliarista del clan Libri, uno dei casati storici della 'ndrangheta. Nino Caridi, infatti, è il genero del boss defunto Mico Libri, il custode delle regole di 'ndrangheta dopo la pax mafiosa del 1991: "Caridi aveva apprezzato le mie capacità professionali, pertanto ero diventato il suo unico riferimento per tutte le vicende immobiliari che gli interessavano. Ero diventato il consulente immobiliare di Caridi, consapevole che era un esponente di spicco della 'ndrangheta di San Giorgio. In cambio di questa mia attività anch'io percepivo del denaro e altre utilità. Il mio ruolo era quello di ipotizzare il guadagno che le imprese avrebbero tratto all'esito dell'edificazione del fabbricato in maniera da consentire al Caridi di fissare quella che era la somma da corrispondergli a titolo di estorsione".
Nonostante la giovane età, dunque, De Rosa avrebbe vissuto per diversi anni a stretto contatto con le cosche. I suoi rapporti, infatti, non si fermerebbero al clan Libri, ma – secondo indiscrezioni – si allargherebbero ad altre famiglie del gotha della 'ndrangheta reggina. Poi, alcuni mesi fa, la scelta di collaborare: "Tra il 2007 e il 2008 ero titolare di un'agenzia immobiliare. In quel periodo sono entrato in contatto con alcuni soggetti fra cui Francesco Zindato. In quel periodo avevo interessi professionali nel quartiere Modena di Reggio Calabria. Un giorno mentre mi trovavo presso un salone da barba sono stato avvicinato da Francesco Zindato che ha voluto iniziare un rapporto di conoscenza che poi è durato nel tempo. Mi sono relazionato in maniera assidua e continuativa con Checco Zindato, Demetrio Sonsogno detto Mico Tatù, ma- anche se con minore intensità e per un periodo più breve- con Vincenzino Zappia".
Un nome non altisonante, quello di De Rosa. Un nome su cui, però, i pm Musolino e Ferracane hanno investito molto, consapevoli che solo da questi elementi di collegamento si potranno trarre i veri legami tra la 'ndrangheta e la cosiddetta "zona grigia". Incensurato, in possesso di un diploma di maturità classica e in passato consigliere circoscrizionale, De Rosa sembra rappresentare il tipico esempio di soggetto dal volto pulito senza cui le cosche di 'ndrangheta sarebbero rimaste delle mere bande criminali.
De Rosa, quindi, inizia a raccontare: "Ho deciso di collaborare con l'autorità giudiziaria per diversi motivi, tra i quali sento di indicare una riflessione sul mio vissuto: esaminando quanto fino ad oggi ho fatto ricavato e ottenuto, mi rendo conto di aver dilapidato ogni tipo di sicurezza e risorsa economica, nonché ho demolito ogni certezza affettiva e familiari, non riuscendo più a mantenere solidi rapporti continuativi anche con le persone che mi hanno dimostrato aiuto nel momento del bisogno. Ritengo pertanto di essere giunto ad un "punto di non ritorno" dove l'unica cosa sensata è cercare di rimediare agli errori passati e cercare di ricostruire basi solide per un futuro lontano da questa realtà. In parallelo dichiaro altresì di essere seriamente preoccupato per la mia incolumità nonché per quella dei miei figli, avendo ricevuto dirette ed esplicite minacce di morte da elementi di spicco della criminalità e non".