Il pentito Furfaro: “In nuova 'ndrangheta più droga si vende più si gode di rispetto”

cocadi Claudio Cordova - Arcangelo, per tutti Lino. Una vita a gravitare attorno al clan Molè di Gioia Tauro, senza, tuttavia, avere un'affiliazione formale alla 'ndrangheta. Dopo anni di delitti, dai danneggiamenti, alle estorsioni, passando per il traffico di armi e di droga, Arcangelo Furfaro ha deciso di collaborare con gli inquirenti, dopo essere stato coinvolto nella maxi operazione "Mediterraneo", con cui la Dda di Reggio Calabria ha disarticolato il clan Molè, scoprendo i vari traffici – soprattutto di droga e nel settore delle slot machine – in Calabria e fuori dai confini regionali.

"Collaboro per amore della mia compagna" spiega Lino Furfaro nel primo verbale reso, ormai molti mesi fa, ai pm Roberto Di Palma e Matteo Centini.

Racconta molte cose, Furfaro. La maggior parte di esse è tuttora coperta dal segreto istruttorio, essendo transitata nel fascicolo "Mediterraneo" solo una parte del patrimonio conoscitivo del nuovo collaboratore. Lui che sarà contiguo all'organizzazione anche senza una formale affiliazione: "Ho commesso svariati crimini sin da quando ero ragazzo: ricordo di avere sparato alla succursale della banca CREDEM di Gioia Tauro insieme ad Armando Raso per futili motivi. All'epoca Armando era cognato di Mommo Molè e lo stesso Armando mi disse che l'azione doveva essere compiuta per ordine di Mommo anche se io non gli ho mai creduto su questo" dice.

IL TRAFFICO DI ARMI...

Un'attività criminale variegata e datata nel tempo, quella di Furfaro che si accusa di numerosi reati: "Ho trafficato numerosissime armi che acquistavo per il tramite di Gaetano Cicciari e che questi dava direttamente soprattutto a Roccuccio Molè, per il tramite di suo figlio Cicciari Carmelo, fidatissimo di Rocco".

Le armi non erano il suo campo, tuttavia Furfaro avrebbe compiuto diversi affari in giro per l'Italia e non solo: "Non saprei quantificare il numero dei pezzi trattati. In denaro avrò trattato da 20mila a 30mila euro

Un'attività che, quindi, il collaboratore riconduce – in un modo o nell'altro – al clan Molè di Gioia Tauro, un tempo alla pari con i Piromalli, ma da qualche anno caduto in disgrazia, anche per l'uccisione del boss Rocco Molè, avvenuta l'1 febbraio 2008: "Ne ho comprate per anni per qualche migliaio di euro. Ciò è accaduto dal 2008 al 2011. Si trattava di pistole fucili e una volta di un kalashnikov. Roccuccio sapeva che le armi le procuravo io. Gliele procuravo perché le accantonasse in vista di una possibile guerra dopo il 2008".

...E QUELLO DI DROGA

Dove, invece, Lino Furfaro era certamente un esperto è il traffico di droga: "Il mio settore di specializzazione sono gli stupefacenti, soprattutto, se non in via esclusiva, la marijuana e l'hascish [...] su Gioia Tauro vendevo marijuana a Girolamo Magnoli ricevendone talvolta in contraccambio danaro e "fumo" che rivendevo su Roma".

Una specializzazione che lo porterà a viaggiare molto in giro per l'Italia, avendo messo su un'articolata organizzazione, in cui ognuno aveva il proprio compito e le proprie "piazze" preferite: "Quanto al traffico di sostanze stupefacenti, posso riferire di aver operato sia su Roma che prima ancora in Liguria. A Roma mi occupavo sia di erba che di hashish. Il mio fornitore di marijuana era Belluaj, albanese, che si riforniva a sua volta in Albania. La sostanza la destinavo in parte a Gioia Tauro vendendola a Magnoli Girolamo. Altra parte la destinavo sulla piazza di Roma e la consegnavo a Patrizio (del bar Baraonda), Yuppi (soggetto marocchino) ed altri ragazzi. Per l'hashish ci siamo approvvigionati in Spagna. I nostri acquisti avvenivano perlopiù in conto vendita, perché godevamo di un grande credito con questi soggetti. Dovevamo pagare solo il corriere circa 5mila-6mila euro. In Liguria trafficavo solo hashish e la fonte di approvvigionamento era sempre quella spagnola".

E si parla di numeri assai più significativi rispetto a quelli forniti nel descrivere il business sulle armi: "Noi trafficavamo circa 500kg di erba all'anno e circa 200kg di hashish. Quello che rimaneva dei nostri guadagni erano circa 80mila euro all'anno. Naturalmente sto parlando al netto di tutte le spese che facevamo per affitti, trasporti, scommesse ed altre spese che facevamo"

Hascish e marijuana, soprattutto, nella disponibilità di Furfaro, ma non solo: "Ho commerciato a volte anche la cocaina, anche se non l'ho fatto sistematicamente. E' capitato sia sulla piazza di Roma che a Gioia Tauro. La quantità si aggirava comunque da mezzo chilo a 2 o 3 kg"

Al cospetto dei pm Di Palma e Centini, il collaboratore è preciso nel tratteggiare i percorsi e i meccanismi dei traffici messi in piedi: "Magnoli Girolamo lo conosco da una vita, ha sempre lavorato con il fumo, che gli veniva fornito dai cugini Magnoli in Francia, che si rifornivano dal Marocco o dalla Spagna a seconda del prezzo. Il giro era Marocco, Spagna e Francia per essere trasportato via gomma in Italia e successivamente stoccato. Il trasporto dal Marocco alla Spagna avviene tramite le lance, lì avviene il primo stoccaggio dove solitamente veniva acquistato. Magnoli Girolamo utilizzava per il trasporto di fumo il sistema "a brucio", in quanto il rischio di perdere macchina e carico era supportato dallo spedizioniere, in caso di controllo da parte delle forze di polizia".

Da soggetto di fiducia del clan Molè, Lino Furfaro sarebbe riuscito a entrare in contatto con diversi soggetti criminali, anche di famiglie di altri territori provinciali, come i Mancuso di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia: "Mancuso Giuseppe aveva una quota nei nostri traffici tramite Signoretta Domenico, non mi sono mai rifornito di fumo e hashish dai Mancuso".

"I MOLE' ALLO SBANDO"

Il patrimonio conoscitivo di Furfaro, quindi, sembra essere molto più ampio rispetto ai traffici di armi e droga. Il collaboratore, infatti, riesce a fotografare lo "stato di salute" del clan Molè, decisamente fiaccato da arresti, ma, soprattutto, dall'assassinio di Rocco Molè, che, a detta del collaboratore "era il numero uno della famiglia" al momento dell'omicidio: "Dopo la morte di Rocco la famiglia Molè è allo sbando. Attualmente la famiglia conta su un gruppo di "comando" costituito da Antonio Molè classe 1989, Antonio Molè classe 1990, Stanganelli Domenico, [omissis] e Pino Galluccio".

Una cosca nelle mani di alcuni ragazzini. Uno scenario ben diverso rispetto al glorioso passato del clan: "Negli anni '80 i Piromalli prevalevano anche sui Molè, ma dopo l'arresto di Peppe Piromalli i Molè hanno preso piede"

Fatti e circostanze che Furfaro può raccontare perché, nonostante l'assenza di una formale affiliazione alla 'ndrangheta, non reciderà mai il cordone ombelicale con i Molè: "Negli acquisti di sostanza stupefacente ero sostanzialmente autonomo, anche se poi giravo parte dei guadagni a Roccuccio. Non lo facevo perché mi sentissi obbligato, ma perché volevo che sapesse che gli ero vicino".

Furfaro parla anche di strategie messe in atto dal clan, probabilmente con riferimento alle manifestazioni che, negli anni, verranno organizzate contro il termovalorizzatore della Piana di Gioia Tauro: "Durante lo sciopero per la centrale a carbone era venuto Domenico Molè a chiedermi di fare confusione nel paese lanciando molotov alle banche e alle macchine".

Furfaro nega di essere a conoscenza di cariche e rituali di affiliazione. Quella che ha conosciuto lui sarebbe una 'ndrangheta più pratica, decisamente più interessata al denaro: "E' la droga che oggi dà potere ed assicura saldi rapporti di conoscenza. Nella nuova 'ndrangheta più droga si vende più si gode di rispetto".

L'ASCESA DEI BRANDIMARTE

Il collaboratore parla anche della famiglia Brandimarte, un nucleo fondamentale nell'inchiesta "Mediterraneo": "Inizialmente i Brandimarte , pur muovendosi nel settore del piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare di cocaina, non erano assolutamente nulla a Gioia Tauro. La svolta la si deve a Giuseppe Brandimarte, alias Nuccio, che lavorava all'interno del porto di Gioia Tauro, per la MCT. Si rese conto che non era difficile aprire i containers e rubarne il contenuto. Era una pratica molto diffusa. Si industriò, allora, nel rendere tale attività maggiormente remunerativa, ossia trafficando cocaina. Per far ciò mise su delle vere e proprie squadre di operai che facevano capo a lui e lavoravano a questi reati [omissis]".

Furfaro riferisce inoltre di tutte le dinamiche che porteranno alla faida tra i Brandimarte e i Priolo. Una guerra che insanguinerà, negli scorsi anni, le strade di Gioia Tauro. La costante, comunque, è l'ascesa che il nucleo familiare dei Brandimarte sarebbe riuscito a effettuare, anche stringendo rapporti con i Molè, in virtù degli "agganci" dei Brandimarte all'interno del porto di Gioia Tauro: "All'inizio Molè e Brandimarte non avevano rapporti, questo fino all'omicidio di Vincenzo Priolo. Poi hanno cominciato ad asportare la cocaina al porto, effettuavano questi servizi dietro una percentuale di circa il 20/30%".

Affari (e quindi ricchezza) che avrebbero consentito ai Brandimarte di strutturarsi in maniera autonoma: "Attualmente i Brandimarte sono cosca a parte, per quello che hanno dimostrato con gli omicidi". La testimonianza degli accordi e delle alleanze basate sul denaro, dato che ai Brandimarte si avvicineranno i Molè, ma anche altri storici casati della 'ndrangheta: "Umberto Bellocco l'ho conosciuto al carcere di Reggio Calabria, non ho mai avuto rapporti diretti. Posso però dire che un ottimo rapporto esiste tra il Bellocco e la famiglia Brandimarte, fondato certamente sui comuni traffici di stupefacenti".